di Anig
Uffici Giudiziari: ai Comuni verranno rimborsate le spese pregresse?
È stato disposto dal ministero della Giustizia
l’avvio a Palazzo Chigi di “un tavolo tecnico per il soddisfacimento delle richieste dei Comuni sede di uffici giudiziari”. Queste le parole del sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, riportate dall’agenzia di stampa Public Policy, Il ministero della Giustizia ha “assicurato massimo impegno nella definizione delle pendenze” con i Comuni per il rimborso per le spese degli uffici giudiziari “e per il mese in corso è prevista l’erogazione dell’acconto per le spese sostenute nel 2014” dai Comuni a titoli di anticipo. “Il ministro – ha aggiunto Migliore – ha deciso un percorso graduale di ristoro per le spese sostenute dal 2012 al 2014”. I comuni, infatti, avanzano tutti i rimborsi maturati dal 2012 al 2015. Un problema non da poco per gli enti comunali, già dissanguati da anni e anni di “lacrime e sangue”. Per il 2012 sarebbe in via di adozione un provvedimento che riconosce sì un rimborso, ma in percentuali minime rispetto alle spese sostenute.
Riforma Pensioni: uscita a 64 anni estesa al Pubblico Impiego?
Riconoscere ai dipendenti pubblici che hanno maturato la quota 96 entro il 31 dicembre 2012 la possibilità di uscita a 64 anni. Alla stregua di quanto è stato garantito ai lavoratori del settore privato dalla legge fornero (all’articolo 24, comma 15-bis del Dl 201/2011). Ed eliminare la restrizione secondo la quale, per poter avvalersi della Deroga, si debba essere titolari di un rapporto di lavoro al 28 dicembre 2011. Questo vincolo, inserito occultamente dall’Inps, ha determinato l’esclusione dal beneficio proprio delle fasce più deboli, che avevano perso il lavoro prima della Riforma Fornero, e che, per diversi motivi, sono rimaste fuori dalle salvaguardie. Resta da vedere cosa dirà la Commissione Lavoro della Camera e soprattutto il Governo. Il recente pronunciamento della Consulta rischia infatti di mettere a repentaglio qualsiasi ulteriore intervento sul capitolo previdenza che lo stesso Governo aveva annunciato nelle scorse settimane.
Cattivo uso dei permessi legge n.104/92: possibile il licenziamento?
La legge n. 104/92 all’articolo 33 comma 3 riconosce ai lavoratori dipendenti pubblici e privati il diritto di usufruire di 3 giorni di permesso al mese, per assistere il familiare disabile in situazione di gravità. Proprio per il valore sociale e civile che tale norma porta con sé, un uso distorto della stessa da parte di chi ne usufruisce, ovvero i familiari o affidatari del soggetto disabile, può condurre a conseguenze irreversibili quale ad esempio il licenziamento. Il recente orientamento della giurisprudenza in materia sembra essere inflessibile nei riguardi di chi usa i detti permessi per soddisfare esigenze che nulla hanno a che vedere con l’assistenza del disabile (andare in vacanza, fare shopping, semplicemente per riposarsi … ), non solo perché non si adempie il proprio dovere nei confronti del soggetto di cui ci si dovrebbe prendere cura, ma anche perché si tratta di un comportamento che porta con sé un “disvalore sociale da condannare”. Alla luce di alcune sentenze, pertanto, l’uso dei permessi fruiti, ai sensi dell’art. 33 comma 3 della legge n. 104/92 e successive modificazioni, per finalità diverse da quelle assistenziali, si configura come un illecito disciplinare e come tale può condurre al licenziamento per giusta causa. I principi enucleati dalla Corte, che secondo l’ARAN si applicano anche ai dipendenti pubblici, sono sostanzialmente tre:
- il licenziamento può essere causato da comportanti che violano non solo le regole strettamente attinenti al rapporto di lavoro ma anche quelle del corretto comportamento e del comune vivere civile;
- le sanzioni previste nei contratti collettivi non sono vincolanti per il Giudice;
- la giusta causa è un contenitore ampio e, in mancanza di indicazioni specifiche nella legge o di ipotesi giurisprudenziali tipizzate, spetta al Giudice decidere se la fattispecie può essere considerata tale.
Sulla base dell’orientamento giurisprudenziale, dunque, l’amministrazione può decidere un licenziamento per giusta causa non previsto dalla legge (nel nostro caso dal decreto legislativo n. 165/2001, come modificato dal decreto legislativo n. 150/2009), sulla base non solo delle regole attinenti strettamente al rapporto di lavoro ma anche alle norme dell’etica comune.