Ho intervistato tre ragazzi capaccesi che hanno da poco aperto uno studio di registrazione hip hop, lo Smoka Rec, mi hanno invitato nel loro laboratorio di arte in una giornata molto particolare. Come scritto nella loro intervista, questi meravigliosi ragazzi sono presi totalmente dalla produzione di 3 brani scritti da un ragazzo della Guinea. Mi hanno dato la possibilità di parlarci e ad oggi, resta una delle esperienze più gratificanti che il giornalismo mi abbia dato.
Il suo nome è Samba, ha 20 anni e alloggia in uno dei centri di accoglienza di Capaccio Paestum. Entrando nello studio lo vedo totalmente preso dal lavoro di registrazione, erano in procinto di registrare alcune scene per il video del suo brano. Mi sono defilata ed ho osservato in silenzio. Registrata qualche scena, Cosimo Panico mi presenta Samba e chiede se gli va di rispondere a qualche domanda per Unico Settimanale. Samba non è un ragazzo timido ma al tempo stesso mi ha dato l’impressione di essere un ragazzo che parla poco. È partito 3 anni fa dalla Guinea- Bissau perché lì è vivo il terrore politico oltre che l’estrema povertà, è fuggito per fuggire alla morte, non solo per cercare un’occupazione. Il suo viaggio per raggiungere l’Italia è intriso di paura e disperazione, ci mette un anno e mezzo per attraversare quella porzione di Africa che lo divide dal suo futuro. Va prima in Senegal dove trova lavoro come muratore, si dirige lì per iniziare a racimolare dei soldi per affrontareil viaggio in mare per l’Italia. In Senegal viene arrestato perché –mi fa capire- anche un africano in Africa è clandestino. Trascorre sei mesi in carcere. In Senegal conosce un ragazzo che pure aveva in cuor suo la speranza di approdare sulle coste italiane per trovare lavoro e salvarsi dall’inferno africano. La Giunea-Bissau e il Senagal sono paesi con i narcos al comando, sono collocati geograficamente tra il Brasile e la Penisola Iberica e si prestano benissimo ad essere terre di ponte che collegano i traffici di droga dal Sud-America all’Europa, la povertà in cui versano poi queste terre quasi incoraggiano le tratte illecite. Samba, uscito dal carcere, decide di spostarsi dal Senegal e di avviarsi verso il pontile che lo porterà in Italia, la Libia, attraversando tra le molte difficoltà anche il deserto. È in questa fase che il racconto di Samba si fa fumoso, l’ultima tappa Africana è la più dura. La Libia è il paese di transito per chi decide di emigrare dall’Africa, spesso chi raggiunge la Libia per andare in Europa è soggetto a mesi di detenzione. Chi attraversa l’Africa per andare in Libia quasi sempre non ha i documenti dunque, da irregolare, va rinchiuso nei centri di detenzione. In questi centri accade di tutto, maltrattamenti violenze sessuali e anche omicidi, il sovraffollamento e le scarsissime condizioni igieniche sono nulla rispetto al rischio che si corre. Si esce da questi centri pagando o lavorando in condizioni di sfruttamento. Samba ce la fa, il suo amico muore in Libia.
Alla domanda “Chi e quanto hai pagato per salire sul gommone?” Samba mi fa percepire che lì accade tutto attraverso quel flusso di eventi che, se va bene, ti risparmia dalla morte, risponde solo “In Libia”. Tre mesi di viaggio su un gommone fatiscente insieme ad altre 130 persone lo portano in Italia. “Sono arrivati tutti vivi?” “Tutti vivi”. Il viaggio in mare è stato devastante, agita le mani e mi fa capire che è un ricordo che nessun essere umano dovrebbe avere. Arriva a Crotone e viene sistemato in un centro di accoglienza di Capaccio Paestum. Chiedo ai due ragazzi che lo hanno presentato ai ragazzi della Smoka Rec, con i quali ha instaurato un rapporto di amicizia, in che condizioni vivono gli immigrati che accogliamo. “Vivono bene lì”, il centro è pulito, mangiano e finalmente vivono senza terrore.
Mi rivolgo a Samba chiedo anche a lui com’è il centro, dice che è “ok” ma oramai sono in troppi a vivere lì. Certo non è una prigione o una barca in mezzo al Mediterraneo. A Samba e agli altri ragazzi che vengono accolti nel centro vengono elargiti € 2,50 al giorno, a fronte di € 35,00 giornalieri che lo Stato fornisce ai proprietari dei centri per ogni ragazzo. Trentacinque euro al giorno sono € 1.050,00 al mese, dovrebbero bastare a coprire le spese di acqua, corrente, cibo e indumenti e facendo un banale calcolo ne rimarrebbero un po’ di più rispetto ai € 75,00 mensili che Samba riceve. Con questi soldi Samba aiuta anche la madre in Guinea. Sente la madre spesso, ma non la vede da 3 anni. Suo padre è stato ucciso durante un attacco politico “È stato il Governo”, mi dice. Quando Piero e Giovanna incontrano Samba per la prima volta sulla spiaggia, tra le tante cose parlano anche di musica. Samba è un appassionato di rap e hip hop e ha pronti testi e base per tre brani. Lo presentano a Cosimo, Aldo e Gerardo della Smoka Rec e iniziano subito a lavorare alla registrazione. Uno dei tre brani registrati s’intitola “Mama Linda”, è scritto in portoghese e Samba, aka Asma Boy, lo dedica alla madre, attraverso questa canzone vuole farle capire che sta bene. Il buio dei suoi occhi scompare quando gli chiedo della madre. Prima di salutarlo gli chiedo cosa vuole fare in futuro, spera di trovare un lavoro, niente più. Faccio accenno anche all’integrazione, keyword delle nostre coscienze. Lui ribatte sulla necessità di trovare un lavoro. Ho avuto l’impressione come se le discriminazioni verbali, le ghettizzazioni, l’odio passivo che indubbiamente subisce inconsapevolmente, non abbiano sconvolto questo ragazzo. I nostri slogan patriottici sono nulla contro la sua odissea africana, ho avuto la sensazione che le nostre argomentazioni sulla questione immigrati sia scarsa, vuota ed esanime. Questimotivi e questi voti politici che muovono attraverso le storie di chi cerca rifugio in Italia, riguardano tutti ma non loro. Saluto Samba e torno a casa con la consapevolezza che le nostre empatie occidentali sono solo delle prese in giro.
Ringrazio Cosimo, Aldo, Gerardo, Piero e Giovanna, per aver dato ad Unico Settimanale la possibilità di parlare con Samba. Ringrazio Samba per aver fatto di tutto per farmi capire la sua storia e per avermela raccontata, a lui un grandissimo in bocca al lupo per la sua musica e per la sua vita.