L’ultima settimana prima della gara è stata costellata da infiniti dubbi sulla possibilità di poter completare la Maratona. A cominciare dalle previsioni del tempo che fino all’ultimo momento davano Torino sotto una pioggia battente per tutta la domenica. Ma i problemi più grossi venivano da una contrattura muscolare all’adduttore e al quadricipite della coscia destra. Come se non bastasse, anche i risultati delle analisi fatte nei laboratori di Nuova Alba a Matinella a complemento della visita cardiologica presso lo studio del dott. Fabio Crescibene, mi davano un calo di ferro.
Con Sergio Civita, il presidente della Atletica Sporting Calore”, la società con cui corro dacirca deu anni, decidiamo di immettere ferro nel sangue con due flebo per compensare la carenza. Anche il viaggio verso Torino si è rivelato un po’ travagliato: abbiamo forato due volte la stessa gomma nel giro dei primi 70 Km di viaggio!
Il cambio dell’intero treno di gomme ci fa viaggiare più tranquilli verso la meta immaginata poco più di due mesi addietro a Pisciotta.
Torino ci accoglie, rispettando le previsioni, con pioggia abbondante. I miei problemi muscolari mi preoccupano, ma tengo per me l’appensione.
Sabato 3 mi reco con Gina all’appuntamento con Rosario e Antonietta Pingaro per ritirare il pettorale e fare in compagnia la foto di rito.
Per un errore dell’organizzazione sulla mia busta c’è il bollino giallo sul quale è indicato che il certificato medico scaduto. Andiamo a pranzare con mia sorella Carmela ed mio cognato, Elio, in un ristorante appena aperto da Paolo e Daniela, la “Fermata 2”. Il pasto è ricco, ricercato e abbondante. Io e Rosario ci accontentiamo di poco, ma gli altri ci danno dentro.
Nel pomeriggio, risolto l’inghippo burocratico (il certificato scadeva a gennaio 2019) mi approprio del mio pacco gara è facciamo rientro a casa … rimane il problema fisico alla coscia destra.
Un piatto di pasta in bianco a cena in compagnia di Pasquale e Franca arrivati da Genova per sostenermi, e poi a Moncalieri ad assistere ad una partita di Basket femminile. Rientro a casa e poi vado a letto per dormire il sonno della notte “prima dell’esame” finale.
Dormo tranquillo e mi sveglio rilassato al suono della sveglia puntata alla 6 in punto. Subito una colazione e poi mi dedico alla preparazione della borsa con tutto il necessario per affrontare la mia prima Maratona. Raggiungo in compagnia di Ginetta piazza San Carlo utilizzandolo la metropolitana di Torino con ampio anticipo. Con Rosario avviamo i preparativi presso l’area predisposta dall’organizzazione, beviamo un caffè e poi tornando in piazza mi trovo di fronte un giovanottone, Giancarlo Gorrasi, di Roccadaspide anche lui in pista per la gara. Abbracci e saluti inframmezzati di ricordi del tempo che fu … i suoi genitori e noi eravamo molto amici.
Inizio il riscaldamento con una certa apprensione a causa dei problemi alla mia coscia destra. Sento tirare ma continuo insieme a Rosario a corricchiare scorrazzando nella bella piazza da dove prenderà il via la gara. Il tempo è grigio ma non piove!
Applico ancora un po’ di pomata e mi avvicino all’area massaggi, resto in fila quasi fino al mio turno e poi decido di seguire i consigli base per chi deve affrontare la sua prima maratona: “non inserire elementi diversi da quello già fatto all’ultimo momento”.
Ricomincio a trotterellare quando Rosario mi fa segno che può bastare.
Quando siamo già pronti per la partenza tocco per l’ultima volta la parte dolorante, predispongo le mie applicazioni per registrare tempi, ritmi di gara e battito cardiaco e, con una certa ansia, attendo il via dello starter.
I 3000 podisti scrutano ancora il cielo per capire se la nuvolaglia che stazione su Torino si tratterrà dal bagnare la gara.
Lo sparo provoca un sussulto nella massa umana che preme verso la linea di partenza ma ci vuole tempo per mettere in moto tutti gli atleti.
Corriamo il 1’ Km in un tempo troppo alto per il ritmo di gara che ho immaginato per la mia gara, ma seguo Rosario senza indugi. Scambiamo le nostre impressioni sul percorso cittadino e quando, dopo il 2’ Km, ci affacciamo sul “balcone dei 30” mi rendo conto che il mio adduttore non mi da noia. È una buona notizia che mi rimette nella gara con me stesso senza remore di un possibile ritiro per motivi fisici che mi ha assillato negli ultimi giorni.
Intanto ci avviciniamo al 5’ Km che ci porta fino all’ennesimo attraversamento del fiume Po le cui acque torpide non impediscono ad un canoista di risalirlo sospingendosi contro corrente una pagaiata dopo l’altra.
Anch’io, passo dopo passo, seguo il mio compagno di viaggio che continua ad invitarmi a respirare profondamente per tenere basso il battito cardiaco. Il ritmo è ancora troppo sostenuto per me è me ne rendo conto quando superiamo i palloncini attaccati alle spalle dei componenti del gruppo che si propone di correre la gara al ritmo di 6’30’’.
Quando ci affacciamo sul “balcone dei 20 km” comincio a trattenere il mio compagno di viaggio rallentando il mio ritmo che comunque si assesterà sotto i 7’ a Km fino al 28’.
Ormai puntiamo decisi alla distanza della mezza maratona e ci arrivano subito dopo aver circumnavigato la splendida e imponente tenuta di caccia reale di Stupinigi. Superata la metà della gara comincia la terra di mezzo da attraversare sia fisicamente che psicologicamente. In questo “deserto” si annidano tutti i “serpenti” tentatori per i “primini” che decidono di cimentarsi con la prova regina delle gare di atletica.
Ripasso a mente i luoghi amici dove mi son trovato ad affrontare la stessa situazione in allenamento e mi ricarico nella convinzione che non sarà questa traversata la prova più difficile che dovrò superare in questa mattinata d’autunno. L’“oasi” di Nichelino e Beinasco con gente assiepata lungo la strada e un po’ di musica dai ritmi di casa nostra rendono meno tormentato il mio andare oltre.
La crisi però arriva puntuale al 28’ Km. La sua parte la fa anche il lungo tratto di avvicinamento alla città della Mole che ci costringe a correre su strade presidiate dalla protezione civile che regola il traffico in un dedalo di sottopassi e sopraelevate.
Rosario ormai trotterella intorno a me incitandomi a non mollare. Mi metto ad un ritmo che mi consente di giocare in difesa senza cedere alla voglia di mettermi al passo come i miei tricipiti reclamano.
Incedo con regolarità pagando quel tanto in più speso ad inizio gara. È diventata una gara di resistenza al tempo più che alla distanza che, in ogni caso, di assottiglia. Tento più volte di accelerare ma mi riposiziono sul l’andatura di sostegno all’obiettivo prefissato: arrivare al traguardo.
Rosario che vede sfumare la sua intenzione di arrivare al traguardo con un tempo inferiore alle 5 ore, impietosito, mi consiglia di mettermi al passo perché andrei più velocemente.
Rispondo che voglio arrivare senza interrompere la corsa perché “non sono venuto fino a Torino per camminare”. Lui mi prende sotto braccio e mi “slancia” in avanti.
Sono ormai nella “terra di nessuno” per me in quanto oltre in36 Km di corsa non sono mai andato. Ho molto pensato a questo momento durante la settimana che ha preceduto la gara. Mi accodo all’amico sodale e mi faccio guidare dai suoi incitamenti che sottraggono sempre qualche centinaio di metri al traguardo. Mi sorprendo di essere pienamente in me perché non mi sfuggono i cartelli che continuano a snocciolare i numeri dei Km percorsi.
Supero diversi compagni di viaggio che stremati arrancano nello scalare l’ultimo miglio della gara. Al 40° Km sento che ce la farò a concludere la mia prima maratona. Il “ce la posso fare” si è trasformato in “ce l’ho fatta” nella mia mente. Me lo ripeto anche sottovoce con Rosario che invece lo grida ai 4 venti.
Il rettilineo finale che mi indica il compagno di viaggio mi ricarica un po’ le pile e tento di allungare anche il passo. “Ce l’ho fatta” continuo a ripetermi… fisso il traguardo posizionato a piazza Castello che si vede già dalla piazza San Carlo. Lo sguardo è puntato sull’obiettivo, Rosario mi prende per mano quasi a volersi congratulare per primo e come un compagno di classe mi assiste fino all’ultimo metro. Di fronte Ginetta ha scavalcato le transenne per immortalare questo momento. Più indietro Antonietta, Maria Carmela, Franca, Elio e Pasquale a fare da sfondo a corona d’amicizia. Abbraccio Rosario che non smette di complimentarsi. Abbraccio Ginetta che non mi ha mai fatto mancare la sua premurosa assistenza in questi mesi di lotta contro il tempo. Bacio gli altri che sono accorsi fiduciosi a vedermi arrivare fino in fondo ad un’avventura portata a termine con la testa e con il cuore.
Il dopo gara lo vivo in piena coscienza sia quando mi mettono al collo la medaglia sia dopo nel tornare a piazza San Carlo per recuperare la borsa, fare una rapida doccia e rientrare in quello che sono, arricchito, però, da un’esperienza irripetibile. Abbraccio e ringrazio, ancora una volta, il mio compagno di viaggio.
Chiamo Sergio Civita, posto il “ce l’ho fatta” su FB e mi avvio verso casa per festeggiare con un pranzo degno dell’impresa.
In auto mi scivola sul viso una lacrima fuoriuscita dal pianto che mi tracima dentro che mi invade al pensiero di aver portato a termine la mia prima maratona.
Molti amici e conoscenti mi salutano e si congratulano su FB e ognuno di loro mi sorprende per l’affetto che dimostra nei miei confronti.
Li raccolgo tutti come fiori del campo sbocciati nella “terra di nessuno” dove, finora, io non ero mai stato.