Premessa
La questione meridionale, per la interdipendenza delle sue macro-aree Centro-Nord/Mezzogiorno, non è questione territoriale ma nazionale. Ed è una grande questione sociale oltre che economica, che non può risolversi se non attraverso la tanto invocata e mai realizzata perequazione infrastrutturale, strumento essenziale della strategia di riequilibrio Nord-Sud.
La causa principale del declino del Mezzogiorno è costituito dalla riduzione degli investimenti pubblici. La spesa della Pubblica Amministrazione è calata da 10, 7 miliardi nel 2010 a 6,1 miliardi nel 2018. Al Sud si concentra il maggiore numero di cantieri pubblici fermi per mancanza di risorse. Dai 647 progetti che nel 2017 risultavano avviati e non completati, il 70% è localizzato nel Mezzogiorno, per un valore di 2 miliardi di euro.
Dal 1990 ad oggi (in circa 30 anni) la rete autostradale al Sud è rimasta sostanzialmente invariata. Del tutto inadeguata è la rete ferroviaria: soltanto 45 km per ogni 1.000 kmq di superficie del Sud, contro i 59 km al Centro e i 65 km al Nord. L’Alta Velocità resta un servizio riservato pressoché esclusivamente al Centro Nord. Il Mezzogiorno ospita solo 181 km della rete dell’Alta Velocità, pari all’11,4% dei 1.583 km complessivi. I restanti 1.402 km, pari all’88,6%, appartengono al Centro Nord.
Negli ultimi 15 anni il Mezzogiorno ha perduto 1 milione di abitanti, tra cui 200.000 laureati. Più laureati emigrano più si sottrae valore aggiunto per il futuro. Ogni giorno si perde un pezzo di futuro delle regioni meridionali. Il Sud, tra denatalità ed emigrazione, è destinato a perdere ulteriori, cospicui segmenti di popolazione. Si prevede un deflusso di circa 5 milioni di residenti nei prossimi 40 anni.
Parlando a Caltanissetta il 16 Novembre 2004 Carlo Azeglio Ciampi, dopo avere affermato che “Il problema del Mezzogiorno diviene la più grande questione nazionale”, rimarcava il dovere dello Stato “di provvedere a dotare le regioni meno favorite, in tempi che non si dilatano all’infinito, delle infrastrutture materiali e immateriali di cui sono carenti: dal completamento delle grandi vie di comunicazione, stradali e ferroviarie, alla predisposizione di un adeguato e omogeneo sistema scolastico e di formazione fino ai livelli più elevati”. Anche Sandro Pertini più volte aveva ammonito che la questione meridionale non è soltanto territoriale, ma è questione nazionale.
Sennonché la Quota 34 voluta da Ciampi, nel senso di riservare il 34% della spesa in fondo capitale delle pubbliche amministrazioni al Sud nel rispetto del criterio proporzionale, in quanto nelle 8 regioni meridionali si concentra il 34% della popolazione complessiva, è rimasta inattuata. In coincidenza con l’inizio della lunga recessione (2008), proprio quando il Sud, la cui fragile economia più abbisognava di investimenti, paradossalmente, la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione è crollata al 27,8%, di oltre il 6% in meno. Se fosse stata rispettata la quota 34 il Mezzogiorno non avrebbe perduto gli oltre 62 miliardi di euro che gli sono mancati e non avrebbe registrato l’ingente numero di 500 mila disoccupati in più che, secondo i calcoli della Svimez, sarebbe risultato dimezzato. Come pure la contrazione del PIL sarebbe stata all’incirca ridotta alla metà. Il Sud ha mostrato infatti una forte reattività allo stimolo degli investimenti pubblici. Ecco perché gli investimenti del Fondo di sviluppo e coesione devono essere realmente aggiuntivi e non sostituitivi di quelli ordinari.
Lo sviluppo del Sud è un fattore essenziale di sviluppo dell’intero Paese. Il rapporto di interdipendenza che lega il settentrione al meridione fa sì che si producono sensibili vantaggi per il Nord: si calcola che, per ogni 10 euro che dal Centro-Nord affluiscono al Sud come residui fiscali, 4 euro fanno il percorso inverso sotto forma di domanda di beni e di servizi prodotti nelle regioni centro-settentrionali. Tenendo conto di questo dato oggettivo si comprende agevolmente che gli investimenti pubblici al Sud non vanno fatti per filantropia o per motivi assistenziali, ma per garantire lo sviluppo economico complessivo del Paese. Di recente la Banca d’Italia, per bocca del direttore generale Fabio Panetta, ha precisato che: ‘Un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno pari all’1% per cento del suo Pil per un decennio, ossia 4 miliardi annui, avrebbe effetti espansivi significativi per l’intera economia italiana. Al Sud il moltiplicatore degli investimenti pubblici potrebbe raggiungere un valore di circa 2 nel medio-lungo termine.’. Ne guadagnerebbe anche il Centro Nord, insiste Panetta: ‘Per via della maggiore domanda nel Mezzogiorno e dell’integrazione commerciale e produttiva tra le due aree. Le simulazioni indicano che il Pil del Centro Nord potrebbe aumentare fino allo 0,3% per cento.’.
Il nesso di interdipendenza tra Nord e Sud deve essere tratto a presupposto fondamentale di una strategia di rilancio dell’economia complessiva del Paese.
Il monito di due autorevoli Capi dello Stato, Sandro Pertini e Carlo Azeglio Ciampi, secondo cui la questione meridionale è la più importante questione nazionale, non può essere più trascurato.
In tale prospettiva particolare attenzione va riservata al problema dello spopolamento delle aree interne del Mezzogiorno, abbandonate da parte dei giovani che rappresentano le eccellenze di cui questi territori si spogliano sempre di più, anno dopo anno. Questo capitale umano deve essere protetto e motivato salvando le aree interne da una altrimenti irreversibile destrutturazione demografica e socioeconomica. Esistono precisi obblighi di legge che orientano l’azione di governo a tutela delle aree interne. Richiamiamo due fondamentali disposizioni. La prima è costituita dall’art.119, comma 6 della Costituzione: “Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.”. La seconda di queste disposizioni è costituita dall’art. 174,1° e 2° comma del Trattato dell’Unione Europea, il quale prescrive che:
“Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare, l’Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite.”
Entrambe le disposizioni vincolano, rispettivamente, le autorità nazionali e le autorità europee a rimuovere i divari tra regioni povere e regioni ricche, sostenendo lo sviluppo di quelle meno favorite. Non è accettabile che in Italia coesistono la provincia a più basso tasso di povertà, qual è Bolzano, con tre delle regioni (tra cui la Campania) a più alto indice di povertà, come accertato dal Comitato Europeo delle Regioni. Tra l’Italia del Nord e l’Italia del Sud i contrasti si acuiscono al punto da diventare quelli più vistosi a livello continentale.
Non è accettabile l’ingente migrazione sanitaria al Nord per l’inadeguatezza del sistema sanitario Meridionale.
Non è accettabile che le comunità del Mezzogiorno, in particolare quelle che risiedono nelle aree interne, per la insufficienza dei collegamenti e la mancanza dei servizi, vivano nella mortificante condizione di cittadinanza limitata.
Non è più accettabile che i giovani del Sud emigrano in massa abbandonando la loro terra in cerca di lavoro.
La Fonazione Grande Lucania, in collaborazione con la Banca del Cilento e l’Università degli Studi di Salerno, ha promosso uno studio nei settori Agro-Alimentare e Turistico quali principali aggregati economici di molte aree meridionali. Le ricadute occupazionali, la valorizzazione delle eccellenze locali sono state al centro del lavoro sinergico dei diversi soggetti pubblici e privati ed hanno dimostrato l’esistenza di una potenzialità progettuale autonoma e sostenibile per l’intero territorio osservato. Per la efficace realizzazione dei progetti appare tuttavia indispensabile il coinvolgimento delle istituzioni nazionali e/o regionali con la messa a disposizione di tutti gli strumenti utili allo sviluppo dei territori del Sud atti a riequilibrare il divario esistente con il Nord.
La coesione e la solidarietà sono obbiettivi comuni e irrinunciabili tanto per la Costituzione Italiana che per il Trattato Europeo. L’azione riformatrice del Governo dovrà rispettare l’art. 119 della Costituzione e attuare le legittime pretese delle comunità insediate nelle aree disagiate. L’azione degli organismi comunitari dovrà contrastare con maggiore decisione rispetto al passato il divario tra Nord Europa e Sud Europa, per rimuovere la contrapposizione tra aree che corrono a velocità fortemente differenziata. Bisogna lasciarsi alle spalle politiche riformatrici inefficaci e fallimentari, quali quelle sperimentate negli ultimi anni. Occorre intraprendere un’azione legislativa e di governo incisiva e concreta, fondata sulla centralizzazione della questione meridionale, riservando la massima attenzione alla tutela delle aree interne, contrastando lo spopolamento con una serie di misure dirette alla salvaguardia del capitale umano, rendendo attrattivi i territori dell’interno per le aspettative dei giovani. E’ un impegno collettivo al quale Parlamento e Governo, in Italia e in un Europa, non posso sottrarsi.
Le 10 proposte del Manifesto.
1) Recupero dei circa 62 miliardi di euro derivanti dalla riduzione di quota 34, con la loro devoluzione al finanziamento di infrastrutture (materiali e immateriali) efficienti, uscendo fuori dallo sterile ambito delle enunciazioni programmatiche senza copertura, definendo precisi capitoli di spesa;
2) Per neutralizzare gli effetti pregiudizievoli del ritardo nell’attuazione della riserva del 34% e recuperare la valenza strategica occorre istituire un Fondo nel quale confluiscono le risorse corrispondenti alla mancata attuazione della ripartizione. Tali risorse dovranno essere utilizzate, nel rispetto del vincolo di destinazione, per gli investimenti infrastrutturali nel Sud accordando la precedenza alle aree interne. Il Fondo potrà essere gestito, ad esempio, da una costituenda Banca per gli investimenti nel Mezzogiorno che, per essere davvero efficace, dovrebbe avere i connotati di un “MEDIOCREDITO” per il Sud Italia che, ponendosi al fianco delle imprese, dovrebbe essere finalizzato alla realizzazione delle infrastrutture necessarie al consolidamento e sviluppo delle loro attività, quindi, capannoni, macchinari, reti informatiche, eccetera, con un’ottica di medio-lungo periodo. Uno strumento finanziario, in sintesi, inserito nel più vasto progetto diretto al superamento del gap infrastrutturale tra Nord e Sud. Il tutto in complementarità alle Banche di Credito Cooperativo il cui ruolo localistico dovrebbe essere recuperato e rinvigorito rispetto a quanto previsto dalla recente riforma del credito cooperativo. Le BCC, per effetto della confluenza in gruppo bancari, hanno visto infatti affievolirsi la loro funzione localistica. La involuzione delle BCC può riflettersi negativamente sulle economie locali del Mezzogiorno. Anche la Banca d’Italia ritiene prezioso il ruolo delle BCC di volano delle economie locali;
3) Superare i ritardi nell’utilizzo dei fondi pubblici (europei, statali, regionali) anche attraverso il mutamento dei criteri di attribuzione, la semplificazione dei procedimenti, la fissazione di termini certi dei procedimenti erogativi privilegiando progetti strategici di sviluppo locale;
4) Modificare la legge n. 158/2017 sui piccoli comuni, integrandone congruamente la copertura finanziaria, essendo inadeguata la somma di 15 milioni di euro per anno da destinare a migliaia di comuni (quelli con meno di 5.000 abitanti sono circa 5.000) e restringendo, secondo un criterio realistico, il numero e la portata degli interventi che nel testo della legge sono copiosamente quanto irrealisticamente contemplati prevedendo interventi a pioggia, privi di effetti apprezzabili. Devono essere pure fissati criteri di precedenza distinguendo i piccoli comuni per scaglioni, a seconda del maggiore disagio insediativo e della maggiore vulnerabilità, evidenziati dal più alto livello di spopolamento;
5) Procedere da parte delle Regioni che non abbiano ancora provveduto alla ricognizione censuaria dei propri immobili, demaniali e patrimoniali, a definire al più presto i relativi procedimenti, ponendo in essere, in caso di inadempienza, i meccanismi sostituitivi previsti dalla Costituzione al fine di consentire l’assegnazione dei terreni incolti ai giovani che intendano intraprendere attività agricole e zootecniche;
6) Promuovere il passaggio della competenza per la manutenzione delle strade delle aree interne dalle province all’Anas, con precedenza per quelle che costituiscono assi viari essenziali per i collegamenti delle aree stesse con stazioni ferroviarie e autostrade e aeroporti.
7) Prevedere l’adozione da parte di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) di un sistema tariffario agevolato per il pedaggio dei treni ad Alta Velocità che collegano in modo diretto il Nord con il Sud, per i tratti dell’infrastrutture non predisposti per l’Alta Velocità, quale ad esempio Salerno-Reggio Calabria e Salerno-Taranto, facendo sì che i treni che effettuano, ad esempio, un collegamento diretto dal Nord al Sud, paghino una tariffa di pedaggio differenziata, ridotta ed agevolata per le tratte interne a Sud di Salerno. Una tale iniziativa rappresenta un incentivo alla istituzione di collegamenti più efficienti tra Nord e Sud, che si colloca all’interno del progetto denominato Polo per lo sviluppo del turismo in Italia, nato su iniziativa del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane Spa e presentato il 27 giugno 2019, che precede una serie di azioni finalizzate alla promozione turistica e alla mobilità verso le località, oltre che di mare, di montagna, favorendo lo sviluppo del turismo.
8) Utilizzare la leva della decontribuzione previdenziale per le assunzioni prevedendo, a favore delle imprese delle aree interne, lo sgravio contributivo per la durata di 3 anni (estensibile a 5 anni per le assunzioni di personale femminile), considerata la particolare gravità della disoccupazione delle donne nel Mezzogiorno, che di recente il Ministro Provenzano ha evidenziato osservando che la questione meridionale è costituita oggi, in larga prevalenza, dal problema della disoccupazione femminile. Utilizzare la leva fiscale prevedendo l’esonero dalle imposte delle cessioni a terzi degli immobili abbandonati nei borghi e nei centri storici dei piccoli comuni colpiti da spopolamento, estendendo la neutralità fiscale anche agli interventi edilizi diretti al loro recupero. Utilizzare, altresì, la leva fiscale esonerando i residenti nei piccoli comuni di collina e di montagna dal pagamento del canone di abbonamento alla televisione, considerato che in molte aree interne, collinari e di montagna, il segnale televisivo non arriva del tutto o arriva fortemente disturbato. Per i residenti nelle aree interne andrebbe disposto anche l’esonero dal pagamento della imposta di proprietà sugli autoveicoli, quale misura sostanzialmente indennitaria per i disagi derivanti dagli accidentati e malcurati percorsi viari.
9) Accordare la precedenza alle aree interne nell’attuazione delle norme di incentivazione previste dalla legge quadro sulle aree protette (I. 6 dicembre 1991, n. 394), sicché vengano preferiti i piccoli comuni di collina e di montagna ai quali dovrà essere attribuita priorità nella concessione di finanziamenti comunitari e interni per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 7 della legge stessa.
10) Promuovere l’istituzione della Cabina di Regia per il Coordinamento e la Promozione dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare e dell’Artigianato delle aree interne del Mezzogiorno col compito di: valorizzare e promuovere sul mercato interno ed estero i prodotti del Sud ed il relativo marchio, sollecitando i ministri competenti a sottoscrivere appositi accordi commerciali; promuovere le filiere produttive nelle regioni meridionali, predisporre piani di formazione a beneficio di giovani interessati agli sbocchi professionali del settore; favorire la rete sia fra gli enti territoriali, sia fra le imprese, nonché sostenere i piccoli comuni delle aree interne, per la progettazione e realizzazione degli interventi.
La promozione delle aree interne dovrà avvenire anche attraverso una svolta della comunicazione. Una recente ricerca curata dall’Università di Lecce ha accertato che negli ultimi 30 anni i Tg di Stato hanno riservato al Sud il 9% del tempo, di cui ben il 96% dedicato a notizie di crimini, delinquenza, camorra e mafia. L’immagine che si offre del Mezzogiorno è distorta e appannata. Non è accettabile che al Sud ed ai suoi 20 milioni di abitanti venga riservato meno del 10% del tempo, per di più in larghissima parte dedicato alla cronaca nera. Non è accettabile la cappa di silenzio che incombe sulle aree interne ostacolando la conoscenza, oltre che delle bellezza paesaggistiche, dei loro prodotti agroalimentari di eccellenza e delle ragguardevoli, diffuse risorse culturali (paleontologiche, archeologiche, architettoniche, artistiche, eccetera.).
Vallo della Lucania, novembre 2019
Il Presidente della Fondazione Grande Lucania Onlus
Avv. Francesco Castiello, Senatore della Repubblica