A causa della notte calante e della pioggia, ho dovuto pernottare a Majuri, una località molto considerevole, però senza locande. Un farmacista mi alloggiò a pagamento».
Così scriveva nel suo diario del 1827 August von Platten, giunto sulla costa d’Amalfi dopo che aveva, come tanti altri, percorso il tratto montano che scende in costiera dalla Badia della Madonna Avvocata.
Un percorso ancora oggi presente sulle guide del Touring Club d’Italia e recentemente riscoperto dal Club Alpino Italiano.
A Maiori l’illuminista inglese Henri Swinburne apprezza gli abitanti come «attivi ed industriosi … per il loro abile metodo di mischiare ed impastare la farina e, per qualche eccellenza particolare dell’acqua e del clima, fanno la pasta migliore del Regno».
Una pasta che già nel ‘700 era famosissima tanto che fece scrivere a R.K.Craven «il gusto per la pasta è universale, dal sovrano fino all’ultimo dei suoi sudditi».
Un’attività, questa, primaria per la popolazione di Maiori, che soltanto dopo l’ultima guerra ha totalmente perso, nel corso degli anni, questo settore produttivo.
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In alcuni suoi ricordi della Costiera, Eduardo De Filippo parlava delle lunghe “spase” di ziti che, prima di essere “incartati” nella tradizionale carta azzurra, venivano appesi lungo le canne e messi ad asciugare sulla stessa spiaggia ove una volta venivano costruite le navi mercantili della Repubblica Marinara d’Amalfi.
Paese di mare, Maiori, come tanti altri centri della Costiera, ha vissuto e vive ancora poggiando la sua economia sulla spiaggia.
Nel 1861 Ferdinand Gregorovius scriveva: «Le spiagge di Minori e di Maiori sono quanto c’è di più ridente in questo golfo da Salerno ad Amalfi e Sorrento…
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Non ho veduto luoghi più graziosi. Il primo che si incontra è Maiori, fondato da Sicardo di Benevento nel secolo IX; il paese giace quasi in riva al mare. Il monte situato dietro l’abitato, ridotto a foggia di terrazzi, è coltivato a giardini nei quali sorgono casette bianche e pulite che hanno l’aspetto di altrettante ville.
Più in là torreggia pittorescamente un antico castello».
Continuando nei suoi appunti, lo storico e scrittore tedesco descrive le strade e i sentieri solitari che si addentrano su quei monti dai quali scaturiscono fresche e limpide acque.
Tanta solitudine romantica spinge l’animo e la mente del viaggiatore al desiderio di vivere colà tranquilli, o almeno di trascorrervi una estate. «Ivi davvero l’abitante dei paesi settentrionali comprende che cosa significhi la figiakasta».
Luoghi certamente splendidi e concilianti l’ozio, ma anche la meditazione, tanto che già agli albori del secondo millennio tal Pietro eremita e il di lui nipote undicenne, Giovanni, riparano in una grotta delle vicinanze dove dimorare in preghiera e umiltà, fondando poi quella che ancora oggi è nota come l’Abbazia di Santa Maria de Olearia, gioiello d’arte bizantina, visitabile a fasi alterne, mentre andrebbe sfruttata quale punto di approdo per un turismo culturale.
Ma a Maiori anche il turismo sembra essere un affare particolare.
La tragica alluvione del 1954 distrusse la parte centrale del paese, ma la calamità più che servire come punto di partenza per una sistemazione idrogeologica della zona e un programma di armonico sviluppo turistico e abitativo, è stata il pretesto per una massiccia speculazione di “seconde case” che ha tra l’altro stravolto l’aspetto caratterizzante di paese costiero.
Oggi Maiori sembra una realtà fuori posto nel panorama accogliente degli insediamenti urbani.
Il suo voler essere a tutti i costi “moderna” ha fatto sì che alla fine l’operazione – compreso il non ancora finito porto turistico – risultasse un pugno nell’occhio nella geografia di questa parte del golfo.
Ormai avanti alla spiaggia non sostano più i velieri sui quali venivano caricati i succosi limoni da far giungere sulle tavole regali inglesi ed europee. Su per i macèri, madre natura continua ad offrire con generosità il giallo sfusato.
La gente di Maiori ha, ancora una volta, cambiato pelle ed ha indossato quella del turismo.
Ma gli affollamenti del lungomare, il brulicare estivo è solo frutto del tempo delle cicale e Maiori non è più nel novero dei luoghi della figiakasta.