Colpiti da morbi lunatici, con gli occhi strabuzzanti e a mezza luna (così, secondo l’ipotesi etimologica di “lunatico” del linguista Bruno Migliorini), folli e geniali al contempo, secondo una dualità che non smette di affascinare e funzionare: gli artisti della 4a edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno, tenutasi dal 6 al 21 novembre scorso nelle sale di Palazzo Fruscione, nel capoluogo campano, danno forma a satelliti cilentani tutti da indagare. Tre gli artisti locali esposti: Ilenia Vertullo di Laurino, Elisa Montone di Castellabate e Giovanni Michelangelo D’Urso di Gioi.
Conosciamoli meglio, cominciando da lei:
Chi è Ilenia Vertullo vista da Ilenia Vertullo? Parlami un po’ di te, raccontami cosa ha fatto di te una pittrice. Com’è iniziato tutto?
Ilenia Vertullo è una donna che ha sempre cercato un qualcosa che va oltre il mondo concreto… È una donna che sente i colori, i suoni e le energie del mondo. Sin da piccolina Ilenia si ritagliava uno spazio artistico tutto suo dove sperimentare quella dimensione. Dai racconti di mia madre ho saputo che usavo sempre i colori e il disegno come mezzo espressivo e comunicativo. Nonostante abbia intrapreso studi e percorsi lavorativi differenti, a un certo punto della mia vita l’Arte è diventata “prepotente”, come se mi stesse parlando e mi dicesse: “Ilenia questo è il tuo percorso, la tua missione, ascoltati…” Ed è che lì che è iniziato tutto!
Cos’è per te la pittura?
Credo che nel mio caso, la Pittura nasca da un’urgenza espressiva di tirar fuori qualcosa che è in me ma che va oltre di me e che freme di uscire. Spesso quando dipingo di getto, sento che attingo ad un’energia che appartiene ad un mondo immaginale, simbolico e archetipico. Mi faccio condurre da una “forza” superiore ed è come se fossi semplicemente un tramite di questa comunicazione in atto. Ad opera terminata, non mi faccio tante domande su come è stata resa, se ho fatto bene o male, invece semplicemente la accolgo, la osservo, rifletto in silenzio e dopo provo un senso catartico di liberazione.
Nelle tue opere emerge una sensibilità tormentata eppure tenera, qualcosa che somiglia ad un primitivismo infantilista o ad un espressionismo spontaneo e non mediato dalla tecnica. Come nasce un tuo dipinto e quali sono, se ci sono, i tuoi riferimenti artistici?
Spesso i miei dipinti nascono da visioni o da sensazioni che non riesco a verbalizzare eppure riesco a tirare fuori con i mezzi artistici! Nelle mie opere non vi è mediazione tecnica ma è grazie ai canali emotivi che procedo, con i gesti, i colori, le tonalità, le immagini… Per quanto riguarda i miei riferimenti artistici, adoro moltissimo Frida Kahlo, Pablo Picasso, Henri Matisse, Kirchner, Bacon, Chagall, Mirò, Escher, Dalì e tanti altri… mi piace trarre ispirazione anche dall’osservazione della natura, degli animali e dei loro colori.
Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessun altro. (Mark Twain) La Quarta edizione della Biennale è stata dedicata proprio alla luna e al suo lato oscuro. Se dovessi definire la sostanza oscura della tua personale luna, di quali emozioni la tingeresti?
Io immagino la Luna Nera come l’altra faccia della Luna. Bianco e Nero, come il Tao dove tutto è integrato, il bianco nel nero e il nero nel bianco. Quindi un lato oscuro da trasformare, integrare e non cancellare perché fa parte della nostra natura.
La tela presentata e selezionata per la 4a edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno ha una storia. Vuoi raccontarcela?
La tela presentata alla Biennale nasce in occasione di uno spettacolo teatrale ispirato a “Le Baccanti” di Euripide. Se osservate il telone, ogni figura è rappresentata priva di testa, perché durante lo spettacolo lì vi era la nostra testa reale e quelle erano le nostre vesti. Le Baccanti sono i prolungamenti del Dio Dioniso, nascono da un’energia tellurica, dalle oscure profondità della Terra. Sono donne “folli” che distruggono, uccidono, ma sono anche delle maghe guaritrici che hanno il dono della visione perché in forte connessione con la natura selvaggia.
So che hai ricevuto una menzione speciale per essere stata una delle più giovani artiste ad esporre. Cosa ha significato per il tuo percorso artistico la partecipazione ad un evento così importante?
Per me è stato un traguardo del tutto inaspettato! Un grande mattoncino da aggiungere al mio percorso.
Cosa vuoi fare “da grande”?
Attualmente sto completando gli studi per svolgere la professione di Arteterapeuta. Mi piacerebbe che sempre più persone capissero il grande potere dell’Arte! Il suo potere comunicativo ma anche trasformativo, perché spesso ogni lavoro artistico può diventare uno specchio di noi stessi o della realtà. Ci identifichiamo nella stessa emozione, sensazione, visione e quindi in qualche modo ci sentiamo parte di un qualcosa che è più grande di noi. L’Arte può aiutarci a modellare la nostra realtà e quella fuori di noi. Essa ci supporta nell’integrazione delle nostre frammentazioni e ci aiuta a riprendere i fili di noi stessi in relazione al mondo.
Grazie.