Un caro amico mi scrive… per raccontare a me e ai lettori di Unico le origini della pastiera napoletana
È da poco passata la Pasqua e dalle foto intraviste su Facebook si possono anche immaginare le abbuffate di Pasqua e Pasquetta. Che le abbiate trascorse a casa o su un prato verde bagnato dalla pioggia caduta fino all’altro giorno, poco importa, sempre abbuffate sono. Certo, tra le varie pietanza prelibate non poteva mancare “la pastiera”. Un caro amico padulese, Giuseppe Verga, mi ha raccontato con pregevoli dettagli da dove ha avuto origine, per dare modo a me di poterlo raccontare a voi, miei cari lettori di Unico.
Lui racconta ed io ascolto.
“La Pastiera è il più classico dei dolci del periodo pasquale, diffuso non solo nel napoletano ed in Campania, ma in buona parte del sud Italia. Questa torta, veniva storicamente preparata dalle massaie nei giorni che vanno dal giovedì al sabato santo amalgamando uova, zucchero, ricotta, grano cotto e spezie”.
Cosa s’intende con il termine “pastiera”?
“In Campania il termine pastiera non si riferisce solo alla pastiera pasquale, ma viene spesso riferito a piatti, dolci o salati, realizzati mescolando in frittura uova e salumi con pasta (di solito spaghetti o vermicelli), arricchiti con spezie come pepe e cannella. Spesso questo piatto viene anche definito “frittata di maccheroni”, pietanza amata specialmente in occasione delle scampagnate primaverili”.
È vero che esistono tante leggende legate alla pastiera? Raccontamene qualcuna.
“Attorno alla pastiera è nata tutta una serie di leggende senza tempo, la più diffusa ha come protagonista la sirena Partenope. La sirena, simbolo della città di Napoli, aveva scelto come sua dimora il Golfo. Era solita ogni primavera emergere dalle acque ed omaggiare con canti melodiosi le popolazioni locali. Un giorno, la sua voce soave attirò gli abitanti della zona che, affascinati dal suo canto, decisero di ringraziarla. Sette tra le più belle ragazze del posto furono incaricate di consegnarle alcuni doni: del grano, della farina, della ricotta, delle uova, dell’acqua di fiori d’arancio, dello zucchero e delle spezie. Furono gli dei a mescolare sapientemente questi ingredienti da cui nacque la dolce pastiera. La leggenda per cui la sirena Partenope, sarebbe, con gli dei, l’artefice della prima pastiera napoletana, pur essendo immaginaria, nasconde, come tutte le leggende un fondo di realtà. Si pensa, infatti, che questa leggenda sia la trasposizione delle feste pagane per celebrare il ritorno della Primavera. Probabilmente la leggenda è legata al culto di Cerere, le cui sacerdotesse portavano in processione l’uovo, simbolo di rinascita. La ricotta addolcita è la trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele tipiche anche delle prime cerimonie cristiane a cui si aggiungono il grano, augurio di ricchezza e fecondità, con l’acqua di fiori d’arancio che è l’annuncio della Primavera”.
C’è anche un’origine religiosa?
“Si. La Pastiera che oggi gustiamo ha un’origine più recente. La sua nascita è probabilmente legata ai conventi. In particolare, furono anticamente famose le torte prodotte dal convento di San Gregorio Armeno, nel centro storico di Napoli”.
Sono curioso. Mi racconti un’altra leggenda?
“Un’altra leggenda, meno fantasiosa, ma più reale narra di alcuni pescatori che, a causa dell’improvviso maltempo, erano rimasti in balia delle onde per un giorno e una notte. Una volta riusciti a rientrare a terra, dichiararono che avevano potuto resistere in mare così tanto a lungo perché avevano potuto mangiare la Pasta di Ieri, fatta con ricotta, uova, grano ed aromi. Da questa storia di sopravvissuti oltre che dalla simbologia religiosa e cristiana deriverebbe allora il motivo per cui la pastiera divenne un simbolo della rinascita”.
Ci ho preso proprio gusto. Raccontami soltanto un’altra storia sulla pastiera e poi basta, promesso!
“Un’altra storia molto nota racconta di come questo dolce riuscì a strappare un sorriso anche ad un’austera regina. Maria Teresa D’Austria, seconda moglie del re Ferdinando II° di Borbone, detta la Regina che non sorride mai, dopo aver ceduto alle insistenze del marito famoso per la sua ghiottoneria, assaggiò una fetta di Pastiera e sorrise per la prima volta in pubblico. Da qui nasce il termine “magnatell’ na risata”, detto napoletano per spingere le persone a ridere con più frequenza. Ferdinando di Borbone esclamò: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”. Comunque sia andata, ancor oggi sulla tavola pasquale dei napoletani questo dolce non può mancare”.
Ecco svelata la ricetta segreta dello Chef padulese Luciano Petrizzo:
“Questa ricetta la conservo da oltre 45 anni, avuta dal mio primo chef napoletano dove ho lavorato, nel 1975, zona stazione Garibaldi”.
Ricetta per due tortiere di grandezza media.
RIPIENO:
- 1 kg di ricotta fresca
- 800 gr di zucchero
- 400 gr di grano cotto
- 200 gr di frutta candita
- 5 uova intere
- 7 tuorli d’uovo
- 200 gr di crema pasticcera
- 2 flaconcini di fiori d’arancio o millefiori (in alternativa 10 gocce di essenza di neroli)
- 1/2 bicchiere di latte per amalgamare il grano
- 1 pizzico di cannella
- 1 kg di farina
- 500 gr di strutto o burro
- 500 gr di zucchero
- 2 uova intere
- 4 tuorli d’uovo
- buccia grattugiata di 1 limone + 1 arancia
- 1 stecca di vaniglia
- 1/2 bustina di lievito Pane degli Angeli
- bianco d’uovo per spennellare le strisce di frolla.
PASTA FROLLA:
Esecuzione: fare la frolla con farina, burro, uova, lievito, vaniglia, buccia di limone e arancia grattugiata. Lasciare a riposo l’impasto per qualche ora. Stemperare il grano cotto con il latte caldo, quindi lasciarlo raffreddare. Per il ripieno amalgamare il tutto aggiungendo in modo consequenziale ricotta, zucchero, uova intere, crema pasticcera, fior d’arancio, cannella, grano e frutta candita a cubettini. Dopo aver steso un disco di pasta frolla, versarvi il ripieno e coprire con le strisce sempre di pasta frolla spennellandole con il bianco d’uovo. Cuocere in forno a 180 gradi per circa un’ora. Sarebbe preferibile in forno a legna. Lasciar raffreddare e consumare il giorno dopo.