È impossibile guardare ai nostri territori – il Cilento, il Vallo di Diano e gli Alburni – senza provare un senso di preoccupazione.
Le terre che una volta erano brulicanti di vita, di sogni e di speranze, oggi sono l’ombra di sé stesse.
Le piazze vuote, i borghi deserti, i sentieri solitari raccontano una storia di abbandono.
Un fenomeno che non possiamo più permetterci di ignorare: lo spopolamento che avanza inesorabile nelle zone interne dei nostri territori, mentre le generazioni più giovani lasciano casa, alla ricerca di un futuro che qui non trovano.
Ma la vera domanda è: perché non stiamo facendo di più per fermare questo declino?
Perché, nonostante i milioni di euro che continuano ad arrivare sotto forma di finanziamenti pubblici, non vediamo cambiamenti tangibili?
Sembra che le nostre terre, pur piene di bellezza e risorse, siano costrette a guardare il resto del mondo andare avanti, senza poter partecipare alla crescita.
Lo spreco di denaro pubblico è una ferita aperta che non possiamo più permetterci.
Ogni euro speso in infrastrutture che non creano occupazione è una ferita che si aggiunge a un corpo già sofferente.
Ogni strada, ponte, museo o area destinata agli insediamenti produttivi, se costruiti senza un piano che garantisca lavoro stabile e duraturo, finiscono per diventare simboli di fallimento.
Non possiamo più accontentarci di vedere il denaro scorrere senza che porti con sé opportunità per la gente.
Non possiamo permetterci di investire in progetti che, alla fine, non fanno altro che lasciare più vuoti i nostri paesi e le nostre case.
È ora di chiedersi: cosa vogliamo per il nostro futuro?
Vogliamo continuare a lasciare che le nostre terre siano dimenticate, in balia di decisioni politiche lontane e slegate dalla realtà quotidiana di chi ci vive?
O vogliamo, finalmente, fare una scelta decisa, un passo coraggioso per ridare vita a questi luoghi che tanto ci appartengono?
Le soluzioni ci sono.
Il turismo, ad esempio, è una risorsa straordinaria che potrebbe trasformare radicalmente l’economia locale.
Ma il turismo non è solo accogliere i visitatori, è anche e soprattutto formare i nostri giovani, offrendo loro competenze e conoscenze che permettano loro di diventare protagonisti di un cambiamento positivo.
Non basta aprire una porta verso il mondo, bisogna preparare chi sta dietro quella porta a riceverlo con professionalità, passione e competenza.
Insieme al turismo, dobbiamo guardare all’agricoltura, alla valorizzazione delle tradizioni locali, a un’industria artigianale che possa raccontare le nostre storie attraverso le mani dei nostri giovani.
Un piano di incentivi mirati per le imprese che credono in questi settori, insieme a politiche di formazione, potrebbero costituire il motore di una nuova economia, capace di creare lavoro non solo per oggi, ma anche per le generazioni future.
Le infrastrutture sono fondamentali, ma devono essere costruite con un obiettivo ben preciso: migliorare la qualità della vita e, soprattutto, creare opportunità.
Non possiamo più permetterci di costruire strade che non conducono a nulla e di aprire porti turistici a cui non possono attraccare traghetti.
Ogni investimento deve essere pensato per favorire l’occupazione.
Le strade, le ferrovie, le nuove connessioni non devono essere solo un mezzo per spostarsi, ma devono diventare il ponte verso un futuro migliore, più prospero, più ricco di opportunità per chi ha deciso di restare.
I nostri territori non hanno più tempo da perdere.
Ogni giorno che passa, il rischio di vederli svuotati diventa più concreto.
Non possiamo più permetterci di vedere i fondi pubblici essere sprecati in opere che non producono nulla, in promesse che non vengono mai mantenute.
Abbiamo bisogno di politiche concrete, di azioni reali che guardino al futuro.
I nostri politici locali, provinciali e regionali devono avere il coraggio di cambiare il paradigma, di pensare non a quanto denaro può essere speso, ma a quanto lavoro può essere creato, a quante persone possono tornare a vivere nei nostri paesi.
I nostri territori hanno ancora un’enorme ricchezza da offrire.
La bellezza del Cilento, la storia del Vallo di Diano, la tradizione degli Alburni sono risorse che non possiamo lasciare andare in malora.
È il momento di un cambiamento radicale, di un impegno concreto per fermare lo spopolamento e per ridare speranza a chi ha ancora voglia di credere nel futuro di queste terre.
È il momento di chiedere, con forza, che le promesse diventino fatti concreti.
È il momento di pretendere che i nostri territori non siano più dimenticati, ma siano al centro di una strategia che li faccia crescere, li faccia vivere.