di Giuseppe Liuccio Ci sono per tutti e per ognuno luoghi che marchiano l’anima, nel profondo. E, spesso, riemergono dal carsismo della memoria come polle di risorgiva, scintillanti nella gloria della luce. E basta un nonnulla per azionare la moviola dei ricordi. Per me Agropoli è uno di questi. Fu la sede dei primi esami di ammissione, come si chiamavano allora. Vi ritornai, per imprevisti ed imprevedibili destini della storia, docente di latino e greco al locale Liceo Classico, negli anni ’70. Oggi, 3 settembre, alle prime ore del giorno, ho ultimato la gradevole lettura dell’interessante pubblicazione “Una tradizione che continua”, curata a quattro mani da due carissimi amici, che stimo molto, Antonio Capano, storico rigoroso del territorio cilentano e non solo, e Germano Rizzo, presidente attivo e determinato dell’Associazione “Spirito Francescano”, che, insieme ad un gruppo di altri amici, mettono cuore, anima ed intelligenza nel Progetto teso a valorizzare la “Presenza” di frate Francesco di Assisi ad Agropoli nel 1222: Spalanco il balcone sul terrazzo della mia casa romana e mi abbaglia e traluce negli occhi e riscalda il cuore un sole festoso e fastoso di fine estate. Il tempo di un istintivo stropiccio e conseguente battito di ciglia ed un transfert di nostalgia d’amore mi materializza sotto un altro cielo, a margine di mare luminescente a conflagrazione di cielo. Sono ad Agropoli e scendo giù dal Moio, a passi lenti, a conquista di Via San Francesco. Lattiginosa l’alba tremula che schiara e s’inargenta alle mie spalle nel fiordo del Vallone! Pizzica le narici iodio e sale con il vento a trasmigrazione d’onda. Zaffate di maggese fresco gocciolano afrori umidicci a bacio di rugiada sulle colline di Tresino, a trionfo di lavoro/vita di autunno che batte alle porte. Barche capovolte, turgide poppe di sirene all’ancora/agguato di Trentova, ariosa, anfibia, complice di tenerezze ai bagnanti settembrini a primo sole. Beve mare la terra radici/macchia ardita a fecondare. Giù il mare a carezza di falesie scarnificate del massiccio del borgo Antico che dirupa si gonfia in peana di vittoria di saraceni predoni “Allarmi! Allarmi! La campana sona…” a ritmare fughe di paura di pescatori indifesi. Madonna pellegrina placa razzie a cuori di infedeli. Nella rada del porto le vele bianche all’ancora sono parata di spose anelanti a salpare verso l’ignoto della felicità. Alla mia sinistra la croce che si staglia sull’infinito del mare e lo domina; e lo scoglio che neppure gli schiaffi fragorosi delle libecciate furenti sono riusciti mai a coprire si trasforma in pulpito improvvisato del Poverello d’Assisi, che predica ai pesci, accorsi a branchi a popolare la minuscola rada, quasi a sostituire gli uomini traviati al seguito di predoni saraceni infedeli che governano, truci il potente “ribat”. Respiro aria di sacralità, la sacralità di Francesco, grande Santo, straordinario Poeta, irripetibile ed inimitabile Maestro di vita. È il suo miracolo, che da 800 anni appassiona il dibattito di storici rigorosi e accende devozione nel cuore dei fedeli che credono nel Suo passaggio e conseguente sosta ad Agropoli. Io non sono uno storico, categoria di cui rispetto ed apprezzo il lavoro. Faccio, da sempre, il mestiere di giornalista e mi sforzo di farlo al meglio registrando eventi, stati d’animo, speranze, attese, desideri utopie della gente della mia terra. A volte mi feconda cuore anima e pensieri la scrittura creativa che si fa parola poetica. Anche per questo ricorro ai versi del sommo Dante, che nell’XI canto del Paradiso tesse l’elogio di Francesco e ne registra ed esalta la nascita in quel di Assisi con questi versi “Di questa costa, là dov’ella frange/più sua rattezza, nacque al mondo un sole/come fa questo talvolta di Gance,/Però chi d’esso loco fa parole,/non dica Ascesi (Assisi) che direbbe corto, ma Oriente, se proprio dir vole”. Trovo la metafora Francesco/sole bella ed efficace. E seguendo l’insegnamento del mio Amico e Maesro, Salvatore Quasimodo, ne cito qui di seguito il pensiero sul ruolo della poesia, che condivido senza riserve “La posizione del poeta non può essere passiva nella società: egli “modifica” il mondo. Le sue immagini forti, quelle create, battono sul cuore dell’uomo più della filosofia e della storia” (Discorso sulla poesia 1956). Questo non significa che io non apprezzi il lavoro degli storici. Anzi. Ho apprezzato, infatti, e molto, le ricerche di Antonio Capano, di Giuseppe Gargano e Salvatore Amato, storici amici, che conosco da tempo e di cui apprezzo il rigore della ricerca. Interessanti le testimonianze del prof. Germano Bonora. Ho riletto e (ri)apprezzato la cultura di Don Armando Borrelli, di cui ho radicato nel profondo il ricordo di una sincera e salda amicizia, come, d’altronde, di quella con un vescovo di straordinaria umanità e di grande levatura intellettuale, Mons. Giuseppe Casale, di laici dotti (Ambrogio Maria Piazzoni, collaboratore della Treccani). Vanno nella direzione giusta i contributi di monaci e sacerdoti colti (Bruno Lancuba, Emanuele Bochicchio, Franco Pecoraro), di politici, che esaltano ed onorano il loro ruolo di amministratori del territorio (Franco Alfieri, Adamo Coppola, Sabrina Capozzolo, Paolo Vuillemier, Enza Cobalto), di uomini e donne della società civile (Giuseppina D’Aiuto, Paolo Caputo) che hanno avuto il privilegio di conoscere ed apprezzare il magistero di monaci che hanno lasciato eredità di opere e di valori di profonda eticità, (padre Sinforiano e padre Selvi), di artisti che hanno messo a servizio di un progetto nobile il frutto della loro creatività (il Maestro mons. Marco Frisina, i pitori Gerardo Prota, Maria Rosaria, Verrone, Nadia Miglino), il lavoro di grande professionalità di giovani e bravi colleghi del mondo della comunicazione (Gianni Petrizzo e Raffaella Giaccio) di imprenditori lungimiranti (Paris Ruocco). Si tratta di una galleria di ritratti che fanno ressa alle porte del cuore e della mente e che l’ottimo ed impareggiabile Germano Rizzo ha elencato con scrupolo quasi notarile che profuma, però, non di polvere di archivio ma d’amore esalante di presente a proiezione di futuro. Tutti meriterebbero ampio spazio. E forse lo faccia nel futuro. Per il momento mi limito ad alcune considerazioni che si innestano sulle radici del passato, esaltano il presente e costruiscono il futuro, appunto. È questo, d’altronde, lo spirito di ogni progetto che ha l’ambizione di incidere sul territorio e modificarne in positivo storia e sviluppo. Vanno sottolineate, in conclusione, alcune realtà belle nel nome di Francesco, di cui Agropoli può menar vanto: 1) il gemellaggio di Agropoli con Amalfi e Ravello nel segno culturale/religioso comune delle due coste (Amalfitana e Cilentana) orgogliose di conventi fondati da Santo d’Assisi; 2) La deliberazione ufficiale della giunta Comunale di Agropoli di “vedere riconosciuto lo scoglio di San Francesco con la croce come bene di notevole interesse pubblico”. E chi, come me, conosce la determinazione del sindaco Franco Alfieri può tranquillamente giurare che a breve la proposta avrà tutti i crismi della ufficialità; 3) La ripresa del sogno del frate francescano Padre Sinforiano Basile riprende quota, perché sarà un punto di forza del progetto “Agropoli Città Francescana” in quanto tutta la vasta area circostante dove la monumentale statua svetta con le braccia aperte e ben visibile a distanza diverrà un grande prato verde con accesso a mezzo funivia in partenza dalla base della collina di San Marco; 4) L’interesse di Papa Francesco testimoniato già visibilmente nella “Cerimonia del Baciamano” di mercoledì 4 giugno 2014, nell’udienza concessa alla delegazione dell’associazione “Spirito Francescano” di Agropoli guidata dal Sindaco Alfieri, cosa che avrebbe avuto un seguito: secondo alcuni il papa di ritorno dalla sua visita in Calabria avrebbe sorvolato in elicottero, Agropoli per osservare da distanza ravvicinata croce e Scoglio del Poverrello di Assisi a bassa quota. 5) Gli storici continueranno la ricerca rigorosa per ufficializzare con documenti inoppugnabili la presenza ad Agropoli di Francesco nel 1222. In attesa a tal proposito, faccio mie le riflessioni di Padre Bochicchio “Quei racconti veri leggendari hanno creato una devozione, hanno reato creato una coscienza religiosa ed una fede. Questa tradizione, questa mentalità, questa fede, questa cultura è il fatto storico che ci interessa, come patrimonio di identità e radice della comunità di Agropoli che vogliamo far rivivere e rilanciare”. 6) Ma il sindaco Alfieri, inguaribile ottimista è già proiettato al 2022 per la grande festa degli 800 anni della tradizione/storia della presenza di Francesco ad Agropoli. “Inviteremo i grandi della terra a parlare nella nostra città sui grandi temi del mondo: pace, ambiente, natura, gli ultimi, gli umili, la povertà… 7) In attesa io continuerò a “costruire” fiori di carta con la parola poetica per amore della mia terra sull’esempio di Salvatore Quasimodo grande poeta laico “la poesia si trasforma in etica, proprio per la sua resa di bellezza” e di Francesco d’Assisi Grande Santo e straordinario poeta, i cui versi del “Cantico delle creature Papa Francesco ha fatto propri nell’enciclica “Laudato sii” la difesa dell’ambiente e della terra. “Laudato sii, mio Signore, per sora nostra madre terra, la quale ne sustenta e governa e produce diversi frutti con coloriri fiori ed herba”.
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