Si è sempre detto che la matematica non è una opinione, espressione che indica l’esattezza aritmetica di un calcolo, che non può essere confutato da altri ragionamenti.
Lo stesso concetto si può estendere alla geologia, per dimostrare la rischiosità del suolo, alla geometria per dimostrare la lunghezza di una retta o di un tracciato e così via, all’economia per dimostrare l’equilibrio dei conti, tra entrate ed uscite.
Ebbene, questi princìpi sembrano non valere in Italia, dove la tecnica applicata ai trasporti, è divenuta una mera manifestazione di opinioni contorte e sballate.
Così appare il progetto della nuova Linea ad Alta Velocità da Salerno a Reggio Calabria, che viene puntualmente criticato da esperti del settore, i quali da mesi ne denunciano l’inadeguatezza.
Un percorso più lungo di quello storico di circa 60 chilometri, con sbalzi di altitudine e quindi di pendenze da superare tra montagne e mare, attraversamenti di aree ad alto rischio idrogeologico e sismico, percorsi in gallerie per circa 160 km, più o meno tre volte il tunnel sotto la Manica, con 18 milioni di metri cubi di rocce da smaltire solo nel primo lotto!
Il tutto per assecondare un modello empirico, non dimostrato scientificamente. Quello che in gergo chiamano il “tracciato autostradale”, seguendo quel serpentone concepito negli anni ’70, sulla spinta politica tesa a servire le aree interne lucane e cosentine.
Si parlò all’epoca di “variante Mancini-Colombo” , dal nome dei leader che ne condizionarono il destino.
Una strada accidentata, costosa ed inefficiente che non ha rilanciato lo sviluppo di quei territori.
Anzi, con il tempo è divenuta un simbolo negativo, di sprechi, di clientelismo, di eterni lavori in corso, di una disastrosa macchina mangiasoldi.
Ci si chiede oggi perchè ripetere lo stesso errore, quasi fosse una cambiale da pagare al destino. Una sorta di maledizione del Mezzogiorno d’Italia, costretto a rendere croniche certe devianze politiche e comportamentali, frutto di padrinaggi e di prepotenze localistiche.
Da pochi giorni il Ministero delle Infrastrutture pare voglia soprassedere sul Lotto 2, da Praja a Mare a Tarsia, proprio per il sopraggiungere di insormontabili problemi tecnici, nel tentare di scavare gallerie in un massiccio carbonatico ricco di acque.
Invece, sul Lotto 1A, da Battipaglia a Romagnano, non desiste, nonostante le case, i capannoni, le aziende agricole da radere al suolo, l’attraversamento dell’Oasi di Persano. Nonostante il Ministero dell’Ambiente abbia rilevato il mancato rispetto di varie prescrizioni nella formulazione della Valutazione di impatto Ambientale.
Nonostante l’accoglimento di un esposto di Italia Nostra alla Commissione Petizioni nella UE, circa una serie di violazioni ambientali.
Anzi, il Ministero delle Infrastrutture lancia l’idea di un “tavolo tecnico”, (qualcuno lo chiama tavolo di “mercante in fiera”), dove tentare di convincere i proprietari più refrattari e gli enti locali ad accettare indennizzi ed altro, mentre è in corso un giudizio innanzi al Tar del Lazio, promosso dai comuni di Eboli e di Campagna, a cui si sono associati “ad adiuvandum” altre 17 amministrazioni comunali cilentane.
Tutti atteggiamenti che, seppure legittimi dal punto di vista giuridico, appaiono quantomeno inopportuni, se non proprio forieri di equivoci e di retropensieri.
Come quello di una ferrovia che non scende al Sud, ma gira a Nord per poi dirigersi verso Est, in direzione Potenza.
Si fa una cosa, senza chiamarla con il proprio nome, per ottenere dei finanziamenti che altrimenti non sarebbero arrivati per rifare linee minori.
Si direbbe quasi un imbroglio, illustrato puntualmente in un libro, dall’omonimo titolo, scritto dall’avvocato Franco Maldonato.
Nel frattempo, in un Paese che ha smesso di saper far di conto e di dare il giusto valore ai numeri ed ai soldi, mentre la politica latita, si spera che resti sempre il primato di essere la patria del diritto.
Mutuando l’espressione di Bertold Brecht, ci sarà ancora un giudice a Roma?