Se Dio è buono e il creato armonioso perché allora il male? Ogni giorno tante situazioni ci fanno sentire parte di una umanità umiliata, violenta perché violata, affamata e, quindi, ribelle. Dopo tante esperienze e tanto patire dobbiamo riconoscere che il male esiste nel cuore dell’uomo. La Bibbia attribuisce questa radice negativa al desiderio di mettersi al posto di Dio. Oggi noi viviamo sempre più questa sensazione; per i grandi progressi tecnici non accettiamo limiti. Intanto cresce la condizione d’incertezza e i dubbi inducono a ricercare antidoti alla disperazione. È una sensazione superabile se c’impegniamo ad andare oltre il contingente per vedere il sottile filo di luce oltre la porta che delimita la nostra esistenza e fa intravedere il giardino dell’Eden. In questo pellegrinaggio, artisti e profeti sono i compagni migliori, perché custodi e annunciatori della bellezza nel mondo. I sentimenti che sgorgano dalla nostra devozione e l’arte si rincorrono e suscitano immagini evocatrici di una nostalgica nota lunga che affonda nella fanciullezza di ciascuno. Ricordi, memorie, volti, situazioni, esperienze, presenze improvvise di persone scomparse o lontane ci accompagnano durante questo pellegrinaggio di ritorno dal passato, gradita compagnia di un arido presente.
In questi giorni contribuisce al clima festoso, pausa nella nostra esperienza quotidiana, il pensiero di Maria, protagonista discreta del Natale. La sua vita è il felice modello dell’adesione discreta alla volontà di Dio. Nel travaglio per ricercare le ragioni della fede, per apprezzarne in pieno il dono, Ella è a noi vicina nelle circostanze esaltanti dell’estasi, ma soprattutto nei momenti di dubbio e di rigetto; è sempre con noi perché la Vergine che indica la via.
La devozione popolare ha esaltato la relazione materna con la donna che nel Magnificat ha descritto direzione e tragitto del viaggio dell’umanità: celebrazione del Dio dei poveri, degli ultimi, degli umili, degli oppressi, esaltazione dell’impossibile che diviene storia grazie al tocco rigeneratore del dito di Dio. Ella ha vissuto la fede come relazione tra persone e ha fatto combaciare la sua vita con quella del Signore realizzando il rapporto più umano di cui è capace un individuo, ma anche il più sublime, quello tra mamma e bambino. Splendido esempio del modo di contemplare il mondo interiore di una madre in attesa, Maria ha rinvigorito la fede imparando a rivolgersi a Dio e, per prima nella storia, chiamarlo Figlio: Lei, figlia del suo Figlio.
In queste settimane di preparazione al Natale la pausa festiva dell’Immacolata invita a riflettere su questa opportunità offerta alla nostra meditazione. Perciò, anche noi godiamo del saluto a Maria nella domesticità di Nazareth, piena di grazie perché il Signore è con Lei: presenza costante, compagnia che conferisce vigore, forza che rende vincitori generando la vita perché consente alla natura umana d’innestarsi nella santità di Dio. Ecco il motivo per cui Maria non poteva che essere Immacolata. È la nuova creatura, preventivamente redenta per i meriti di Cristo, progetto alternativo rispetto alla fosca condizione nella quale era caduta l’umanità perché il progenitore Adamo si era alienato in un lavoro senza fascino, causa solo di sfruttamento, mentre Eva era precipitata nella condizione di oggetto, entrambi allontanati dal paradisiaco giardino nel quale intessere un costante dialogo con Dio.
Il Signore è stato sempre con Lei perché senza ombra di peccato, mai soggetta a separazione, mai precipitata nella distanza di un abbandono. Dio ha scelto di preparare nella comunione di vita la persona che doveva essere la Madre di Gesù: straordinario contesto di avvincente semplicità, di umiltà regale, di doviziosa povertà, di autenticità di vita interiore testimoniata e condivisa con la gente del villaggio in un continuo primato del dono: Gesù, nostra speranza.
Nel realismo di una storia di peccati, iniziata con i progenitori e intensificatasi per la nostra pretesa di continuare a definire autonomamente dove si trova il vero, il bene, l’utile e il dilettevole per progressiva e drammatica autoreferenzialità, Dio non abbandona l’umanità al suo destino di morte, ma ne diventa partecipe per merito della maternità di una donna che sconfigge ogni malvagità per divenire parte integrante del progetto salvifico. Col suo Sì Maria testimonia i valori più profondi che si nascondono tra i semplici. Le parole di Elisabetta, benedizione e beatitudine amalgamate dal legame di fede, e la risposta di Maria, la credente per eccellenza, aiutano ad acquisire questa dimensione.
In ciascuno di noi persiste l’aspirazione all’incontro con l’amore pieno, capace di scandire fruttuose esperienze di pace nel desiderare una vita segnata da benevolenza, fedeltà, mitezza grazie al costante dominio di sé per un continuo esercizio di pazienza. Questo chiediamo a Maria, l’Immacolata, perché indichi la via da percorrere in questi giorni di avvento. Anche Maria ha vissuto il suo dicendo Sì a Dio e abbandonandosi al suo volere trasformandolo in tempo di speranza perché, nel vivere la fede come relazione tra persone, ha fatto combaciare la sua esistenza con quella di Dio. Maria è la Donna in Ascolto, aperta con fiducia all’invito di Dio mentre si è prepara riflettendo sulle Scritture e vivendo in totale adesione alla volontà divina, consapevole che la Provvidenza l’accompagna sempre. Una creatura così attenta non poteva non essere piena di grazia, condizione che Le fa superare ogni timore e titubanza e la apre con fiducia al mistero di Dio.
La Chiesa invita a meditare tutto ciò, a celebrare la gloria di Maria e la concretezza della nostra speranza perché il suo Sì assicura un’altra possibilità per entrare in contatto col Creatore, non giudice severo ma Padre amorevole, il quale mostra provvida attenzione per tutta l’umanità donando suo Figlio. A noi il compito di portare a tutti il lieto annunzio col sospiro leggero di una parola di serenità e con una vita riverbero della bellezza di Maria.