La Svimez, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ha fotografato l’economia della Campania ed ha fatto una previsione di ciò che si aspetta per i prossimi cinque anni. Dal quadro generale risulta che la Regione partecipa attivamente alla ripresa economica del Paese, restando però sempre subordinata alla crescita del Nord che mantiene più o meno inalterato lo storico divario con il Sud.
Ciò che appare più evidente dalla foto scattata dagli esperti Svimez è una tendenza della Campania a fare impresa, in particolar modo nel settore dell’export, ma rimane indietro negli investimenti sulle risorse umane, sulle politiche del lavoro e sull’attenzione ai più piccoli. Il biennio 2021-2022 porta in dote una forte ripresa trainata dal binomio investimenti privati (in particolare costruzioni) e export, alimentando un recupero più rapido nel Centro-Nord rispetto al Mezzogiorno che comunque partecipa alla ripartenza. Nel 2022 si prevede che la tendenza espansiva prosegua ma a ritmi più lenti. Il Sud resta comunque “agganciato” alla ripresa del Nord. Il rapporto Svimez traccia una previsione ottimistica secondo la quale la Campania nel 2022 farebbe segnare una crescita superiore alla media nazionale.
Secondo le previsioni, nel 2023 il PIL italiano dovrebbe crescere del 2,4%, in maniera più accentuata al Centro-Nord (2,6%) rispetto al Sud (1,9%). Ciò che preoccupa sono le politiche del lavoro nettamente diverse da Nord a Sud. Nella nostra regione i lavoratori con un contratto part-time involontario, cioè non richiesto per esigenze di salute o familiari, sono l’80% dell’intera popolazione lavoratrice. Un numero che ben si discosta dalla situazione che troviamo nelle regioni del Centro-Nord dove i lavoratori con un contratto part-time involontario non arrivano al 60%. La differenza è netta e mette in evidenza come dal centro Italia in giù le politiche del lavoro non siano sufficienti a garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità.
Contratti precari e lavori instabili si riflettono inevitabilmente su redditi bassi, sicuramente più bassi di quelli percepiti dai colleghi del Nord. In Campania i dipendenti con una paga bassa rappresentano il 15% dei lavoratori, mentre al Nord la percentuale scende all’8,4. Secondo la Svimez, dalla crisi del 2008, il progressivo peggioramento della qualità del lavoro, con la diffusione di lavori precari, ha portato a una forte crescita dei lavoratori a basso reddito, a rischio povertà. Ciò ha contribuito in maniera significativa ad incrementare quella che gli esperti chiamano “migrazione intellettuale dal Mezzogiorno al Centro-Nord”: i giovani si spostano dove ci sono più opportunità. È per questo motivo che ogni anno i nostri territori si svuotano, perdendo talenti e intelligenze. La chiamano anche “fuga dei cervelli”.
I fondi del Pnrr saranno l’unica e forse l’ultima possibilità di accorciare il divario che divide l’Italia, e forse saranno anche l’occasione definitiva per smetterla di vivere di alibi e crogiolarci in questo divario che per troppo tempo è stata la risposta delle istituzioni alle differenze evidenti tra un territorio e l’altro d’Italia.