di Giuseppe Liuccio Sono stato di recente a Paestum, su invito dell’amico dott. Gerardo Siano, che è stato mio alunno al liceo classico di Agropoli. Ci sono stato per partecipare ad un dibattito sull’interessante e stimolante tema: IL MELOGRANO NEL MITO, NELLA STORIA E NELL’ALIMENTAZIONE, nell’ambito della Borsa Archeologica del Turismo. Il sindaco, dott. Italo Voza, nella sua squisita sensibilità, mi ha riservato la gradita sorpresa di conferirmi il Premio “Il Melograno di Paestum” alla sua prima edizione, a cui auguro numerose altre tutte cariche di successo. Rientrato a Roma ho metabolizzato le emozioni e dal labirinto della memoria ho tirato fuori le mie tante altre occasioni di scrittura sul tema. Ne recupero due, in sintesi ovviamente, come emozioni di viaggio e suggerimenti di operatività per l’immediato futuro, rispettivamente all’Heraion di foce Sele, la prima, e alle sorgenti di Capodifiume, la seconda. — “Scendeva il Mississipi dall’eterno/silenzio degli Alburni verso il mare/ dei templi…” I versi di Alfonso Gatto mi risuonano agli orecchi e mi perforano il cuore di malinconica tenerezza per l’amico Poeta. A Ponte Barizzo il Sele gonfio d’acque e di memorie scivola pacioso sotto i ponti tra l’indifferenza di quanti sfrecciano veloci sul nastro d’asfalto. Il vecchio “Ponte del Diavolo” (il nome esalta l’arditezza luciferina della campata o il rosso dei mattoni “facci vista”?) ostenta vergogna da abbandono. Potrebbe essere, invece, una straordinaria passeggiata a fruizione di panorama arioso tra montagna e mare, nel segno dell’ecologia con nella mente e nel cuore l’eco della storia e della letteratura da Virgilio a Gatto, appunto. Qui fu l’attracco della scafa con Costabile Carducci a far da caronte/traghettatore prima di essere contagiato e travolto dai furori rivoluzionari. Qui potrebbe essere l’inizio di un “PARCO FLUVIALE” a riscoperta, recupero ed esaltazione di flora e fauna ripariale fino alla foce, sempre che si abbia la forza di smantellare l’impianto di brecciame per un riuso intelligente e, forse, più redditizio in chiave economica/occupazionale dello spazio: attracco di traghetti non inquinanti ad esplorazione di fiume navigabile fino al mare. Magari gli ultimi pescatori di anguille, ma non solo, potrebbero rievocare storia e storie dei fiumaroli lungo la traversata nella cornice carica di fascino e di mistero delle acque sacre al territorio. Si impone una tappa a Gromola, che raggiungo via terra, con uno sguardo a sinistra, là dove, su una balconata del Calpazio, balugina al sole la basilica austera in cui una Madonna nera contende ad Era Argiva il culto della fecondità a mostra di granato ad esplosione di chicchi rosso/perlacei. È il primo saluto di Paestum al viaggiatore che, curioso, si avventura alla scoperta di una bella pagina di storia della Magna Grecia. E la mia destinazione è proprio “AllERAdicidelmito”, come recita un logo intrigante già nel nome dell’Associazione “ARGONAUTA”, che vi svolge, con impegno, passione e grande professionalità, attività di formazione per i giovani studenti che vi giungono numerosi dall’Italia e dall’estero. La “MASSERIA PRECULIALI” esplora il cuore antico della storia con la multimedialità del “Museo Narrante”. Qui, a prestar fede al mito, approdò Giasone con il carico prezioso del vello d’oro. Sacrificò alla dea e le innalzò un tempio, forse anche per scaricarsi la coscienza dell’incubo della persecuzione di Medea. Le colonne mozzate ed i ricami geometrici dei basamenti nella pianura a fienagione sono la testimonianza dell’HERAION, che fu il più conosciuto e frequentato santuario dell’antichità. Vi giungevano in pellegrinaggio le flautiste su barche inghirlandate a risalita di corrente per chiedere grazie di fecondità ad Era Argiva. Si potrebbe reiterare, spettacolarizzandolo, l’evento a recupero di storia religiosa antica per i turisti, ma non solo, a caccia di emozioni e di cultura. C’è spazio a sufficienza per teatralizzare all’aperto, brani tratti da “GLI ARGONAUTI” di Apollonio Rodio e/o dalla “MEDEA” di Euripide e Seneca. La cornice sarebbe carica di magia per gli appassionati del genere antico, di cui siamo eredi non sempre consapevoli e degni. Ma questo già sarebbe un “volare alto” innervati nelle radici del passato a proiezione di futuro sulle ali della cultura e della tradizione nobile. La mia folle utopia si scontra, però, con l’abbandono quasi degrado del luogo, reso più drammatico dall’alluvione dello scorso autunno e che reclama almeno un decoroso intervento per gestire l’esistente. La felice intuizione del Museo Narrante è vanificata dalla totale, o quasi, mancanza di servizi di supporto. Un bar che consenta un minimo di relax (c’è ma non funziona), servizi igienici decorosi, un chiosco/edicola per la vendita di opuscoli ed oggettistica legati ai miti ed alla storia del territorio, un minimo di parco esterno attrezzato per la sosta delle scolaresche, che, numerose, lo frequentano. Gli spazi ci sono ed anche a sufficienza. Manca la volontà politica………………………………………. E alla malora i Beni Archeologici e l’esaltazione della tradizione in direzione della cultura, perché è bene sottolinearlo sempre LA CULTURA È SVILUPPO. Vorrei che ne fossero consapevoli e convinti non solo gli amministratori locali, a tutti i livelli, ma la più vasta società civile, a cominciare dagli abitanti………. Nella borgata è fiorente la SCUOLA ALBERGHIERA, palestra efficiente per i giovani che si preparano a competere sui mercati dell’enogastronomia, che è settore strategico per una offerta del turismo di qualità. Saluterei con favore una iniziativa da parte di docenti e alunni di ADOTTARE L’HERAION e, scavando nella storia del passato, di inventare un MENU’ GRECO completo e non limitato ad un dolce, cosa che lodevolmente hanno già fatto, da sottoporre agli operatori del territorio per offrirlo ai numerosi turisti che affollano “la città dissepolta”. Sarebbe anche questa una forma concreta per risalire “allERAdicidelMito”, innervando il presente nel passato per ipotizzare un futuro diverso. …..Ed ora passo alla seconda tappa del mio viaggio per altre forti EMOZIONI alle sorgenti di: CAPODIFIUME/SALSO… “Nulla è più prezioso dell’acqua-(ariston men udor“)- cantava Pindaro nella prima olimpiade.E dovettero pensarlo anche i nostri antenati greci, quando, sulle rotte del Mediterraneo, approdarono nella pianura e vi fondarono Poseidonia .Il Sele, a nord, la divideva dagli Etruschi, che governavano città potenti e prosperose, Picentia sui declivi dei monti e Marcinna sul mare .Il Solofrone a sud, il cui corso pacioso dalla portata limitata consentiva facili trasmigrazioni/espansioni verso i promontori di Agropoli e Tresino Quei fiumi hanno acceso la fantasia dei poeti e dei viaggiatori colti. E sarebbe una bella ricerca, non priva di sorprese, la letterarietà dei due corsi d’acqua, che hanno scandito storia e vita del territorio, raccogliendole alle radici dei monti ed arricchendole nei percorsi zigzaganti prima di miscelarle nei vortici spumeggianti alle foci: Ma la pianura era ed è ferita da altri fiumi, brevi di corso e di bacino, ma preziosi per la fecondità dei campi e, oltretutto, carichi di storia in grado di accendere i riflettori sulla sacralità delle nostre origini: Capodifiume, innanzitutto. Sgorga alle radici del Calpazio, da cui una Madonna veglia e protegge uomini e campagne, reiterando nella ritualità cristiana il culto che fu di Era e di Persefone, dee di tenebre e luce, di morte e resurrezione e, soprattutto, di fecondità nell’alternarsi delle stagioni. Il Salso ne arricchisce la portata con quel salto di allegra e vociante libertà, che esplode all’argento della luce dopo un percorso di prigionia nel ventre oscuro e misterioso della terra. Ci sono stato di recente. Nel dolce tramonto quasi primaverile erano ebbre di luce le anatre allo scialo libero dell’acqua nell’ansa del fiume, che fu santuario alla dea dei frutti. Il Salso gorgogliava sempre e rifrangeva gocce di diamanti nel breve salto ad “impetrar la trabe” con il suo carico di sali raccolti nel ventre della montagna: E m’era sottofondo allegro di memorie ad evocare e ritmare la storia che qui ha radici antiche. Nella assorta pace del tramonto, ai margini del fiume, ho riscoperto ed esaltato l’anima di fauno della mia terra con negli occhi il fasto della incipiente primavera che già ingioiellava i declivi accidentati della scalata al santuario della Madonna del Granato. Poteva essere un parco fluviale pubblico di straordinaria valenza storica ed ambientale. È diventato una bella e gradevole struttura dell’accoglienza privata per la gioia degli amanti del relax e dei cultori della buona cucina. Resta, comunque, una risorsa da immettere nel circuito fecondo della fruizione turistica per una contrada che per quelli della mia generazione fu il primo saluto di vita e di commercio della pianura per quanti scendevano dalle colline dell’interno. E lo sarebbe ancora di più se la vecchia cava dismessa, che dà il nome alla contrada (Petrale)e che, ferita bianca nel verde della collina, canta epopea di sudori e fatica, fosse utilizzata per “un progetto di rinaturalizzazione” con “melograneto” a sbalzo di terrazzamenti,punto di accoglienza con chiosco a degustazione dei derivati dei frutti e bacheche/legenda a recupero di storia e di arte nella prismaticità delle sue espressioni (Letteratura, pittura, artigianato), di una pianta, che è sacra al territorio. Il sole ,che, alla distanza, è conflagrazione di cielo e mare ,mi gonfia cuore di emozioni da poesia e accende utopia a porte di futuro, sempre che qualche amministratore, a qualsiasi livello, accenda i riflettori dell’interesse sulle belle pagine della nostra storia. Temo che non succederà, ma io continuo imperterrito ad essere fecondato dall‘ottimismo della speranza, a costo di registrare un’altra delusione. Comunque a me e a tutti i miei conterranei di Capaccio Paestum e del vasto territorio della Kora dell’antica Poseidonia auguro che questi temi vengano inseriti ed ampiamente e responsabilmente dibattuti nei programmi dei tanti candidati, forse troppi, che da tempo si scaldano a bordo campo per competere nell’agone della campagna elettorale che si preannunzia calda e carica di sorprese.
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