“…Le cose seducenti passano, e la misura che, senza misericordia, le fa apparire mutevoli è in quel tempio, di una impassibilità agghiacciante.
Tutto il resto che ci commuove non verrà se non dalla malinconia…”
Sono i versi che Ungaretti dedicò a Paestum, incantato dal tempo sospeso del quale i templi ne sono gli oracoli muti. Ho sempre pensato che la bellezza fosse un mistero divino, e che in essa vi fosse qualcosa di inafferrabile o quasi di sinistro… Guardare quei testimoni di un’era, ieratici e muti, vederli riflettere i colori del giorno, la pietra rosa del tramonto o la luce superba della sera, m’incanta oggi come ieri!
Eppure ho creduto ingenuamente che la bellezza potesse educare, o “salvare il mondo” come qualcuno ha scritto… Mi sbagliavo! Oggi l’area archeologica di Paestum assiste silenziosa al rumore da villaggio Valtur, sopporta muta la violenza dell’inquinamento acustico e la cecità sorda di una marmaglia conforme ai tormentoni urlati dalle radio! Gli Dei sopportano la volgarità dei nostri tempi, il “maracaibo forza 9”, la puzza di un fastfood a pochi metri di distanza, lo sciame omologato degli ignari, ciechi e anestetizzati da un sistema che li ha resi replicanti! Cosa direbbero oggi gli Dei di noi? Quale sarebbe la vendetta crudele per questa umanità svilita che rovina un luogo sacro? Forse ridono di noi in silenzio, fermi nel tempo, come chi si sottrae con saggezza, preferendo un altrove lontano.
“Questa piana rivedrà presto tornare le sue rose celebrate; ma il cielo ha qualche rosa, ora, e stasera la loro brevità è fulminea.”
Concludo citando una bellissima frase che solo un altro sognatore poteva scrivere: “Cambierà il mondo, quando tutti avranno fatto una vita da animale, da pianta, da rifugiato, da uomo, da donna per chiudere il cerchio, la vedo lunga…”