Gialle, profumate, durano poco. Vivono intensamente la loro stagione, in modo selvatico e quel tanto che basta per farsi sentire parte integrante di un territorio che non fa sconti né a fiori né a uomini. Ai primi caldi si adombrano e si lasciano andare come le persone che hanno fatto il loro tempo. Le ginestre invece sanno stare al loro posto, piegano la testa e aspettano la nuova primavera per colorare i pendii e inondare l’aria di sé. Era molto tempo che non vedevo lo spettacolo, a mio avviso, più bello delle nostre montagne ma anche quello che più ravviva la nostalgia.
Mi è successo in una giornata di metà giugno quando, per motivi tristi, ho fatto il giro dei luoghi che mi hanno visto nascere e crescere: Piaggine, Laurino, Rofrano, Sanza, passando per posti come l’Abetinella, Pruno, il Pedale e Sella di Corticato.
Oltre alle ginestre ho rivisto anche alcuni aspetti antropici che hanno richiamato alla mente episodi e sogni di gioventù: gli amici, le strade, i monti, le speranze di un ragazzo che si affacciava (è proprio il caso di dirlo) sulla vallata del Calore e s’illudeva di vedere il mare di Paestum, si interrogava alla vista di quella strana pianura, il Vallo di Diano, dalla Sella di Corticato.
Nonostante la TV satellitare, i computer collegati alla rete mondiale, la scuola sull’uscio di casa, il sogno di prendere il largo rimane intatto anche nelle giovani generazione che tutt’ora vivono nell’Alta Valle del Calore. A conferma di ciò il fatto che, in presenza di una sostenuta e crescente presenza turistica, le iniziative imprenditoriali legate all’accoglienza e all’ospitalità hanno difficoltà a decollare. Il motivo è la mancanza della “materia seconda” (la materia prima la garantisce madre natura). Si verificano situazioni paradossali: cooperative sorte per creare lavoro attivando servizi al turista, non trovano personale, né tra i soci né tra i non soci, per dare continuità ai loro progetti, alcuni dei quali hanno intercettato fette importanti del mercato nazionale e internazionale.
Morale, il tanto insistito problema viabilistico (che pure c’è) e che bloccherebbe lo sviluppo turistico delle aree interne è solo un modo per rinviare nel tempo la presa di coscienza collettiva di non volersi rinchiudere in una valle che, per quanto bella, rimane troppo “stretta”, più che troppo lontana!
In fondo noi valligiani siamo come le ginestre: siamo capaci di grandi slanci ma, fisiologicamente, incapaci di durare.
Ci vorrebbe un innesto ma chi mai è riuscito ad innestare le ginestre?