Di Bartolo Scandizzo Lo status di città non dipende dal numero di abitanti, ma è qualcosa che viene attribuito come onorificenza ad un comune. Poi la città deve comunque offrire alcuni servizi in più rispetto ai paesi, quali uffici pubblici, negozi, ristoranti, impianti sportivi, cine-teatri, piste ciclabili e pedonali, trasporti, ecc. Nell’area Parco Nazionale Del Cilento, Vallo di Diano e Alburni abbiamo diversi comuni che si fregiano del titolo di Città. Ma quanti dei “cittadini” che vivono in questi comuni si sentono tali in base ai servizi di cui possono essere orgogliosi? Oggi, a differenza dal passato, sono in tanti che si muovono in giro per l’Italia e per il mondo sia per lavoro sia per turismo. Per cui, i confronti con altre realtà con le quali si entra in contatto, sia pur per un tempo limitato, sono facili da fare. Su questa base, quante della nostre “città” possono reggere il confronto con altre realtà, sia esse città o semplici comuni in base ai servizi resi agli abitanti che vi vivono? La domanda non è peregrina se si considera che un titolo, sia pur onorifico, come prevede il testo unico, viene concesso dal Presidente della Repubblica sulla base di un’istruttoria fatta dal ministero degli Interni. Infatti, non è difficile entrare in “semplici” comuni con oltre 25 mila abitanti con ogni tipo di servizi alla persona, alla collettività ed a tutti quelli che vi transitano o vi soggiornano per qualche tempo. Come è abbastanza probabile arrivare in luoghi, più o meno conosciuti, che ti sbattono in faccia il titolo di “città” senza avere niente che nell’immaginario collettivo ti riconduce al concetto di Città e nemmeno a quello di un luogo vivibile. Allora, cosa induce sindaci ed amministratori ad avviare la pratica di un riconoscimento del titolo che consente di stampare sulla carta intestata del comune, ben in vista, la dicitura di Città? Forse perché i “paesani” (da paese) possono così considerarsi “cittadini”? Forse perché essere cittadini sulla carta, fa sperare di avere una possibilità che il titolo, prima o poi, possa far diventare una stazione ferroviaria di campagna in un luogo con ascensore, scale mobili, sottopassi illuminati? Forse perché un servizio pubblico di trasporti degno di questo nome possa sostituire gli autobus pluridecorati alla durata di un servizio effettivo permanente? Forse perché camminare o andare in bici per strade senza marciapiedi o piste protette è meno pericoloso se all’ingresso del territorio c’è un bel cartello con su scritto “Città” anziché “Comune”? Forse perché, finalmente, tutti gli alunni, con i loro bisogni, possono essere soggetti dell’educazione e non oggetti di un servizio e avere un servizio mensa a scuola, degli impianti sportivi ad esse abbinati e spazi verdi ben tenuti? Forse perché un’assistenza domiciliare, a giovani e vecchi, è fatta con passione e non per sbarcare il lunario in un mondo dove il dovere di assistere viene dopo quello di esistere come operatori? Forse perché l’assistenza sanitaria è un servizio che è funzionale alla salute dei malati e non perché i malati sono subordinati agli interessi di medici, infermieri e primariati? L’elenco potrebbe continuare più oltre … ma sarebbe come svuotare il mare di incongruenze con un secchiello di parole. Come di parole e del loro significato stiamo parlando. Città o Comune non cambia molto né per gli abitanti né per chi li amministra se la scelta è riferita solo ad un titolo onorifico che non comporta né oneri né onori. In più, vale la pena ricordare di due ambiziosi progetti redatti e, per certi aspetti, potevano mettere ordine nel ginepraio delle ambizioni “cittadine”. La “Città del Parco” e la “Città del Vallo”. Il primo mirava a dare un assetto territoriale e di servizi all’intera area del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Il secondo puntava a mettere a sistema la sola realtà del Vallo di Diano. Siccome si trattava di dare sostanza all’idea di città con servizi integrati e vocazioni territoriali da concretizzare, allora si è preferito la strada più breve: mettere il “titolo” sul gonfalone e tralasciare la sostanza della scelta. È facile immaginare quanto poco importa al popolo minuto essere definito “cittadino” se al titolo non segue il relativo corrispettivo. Dopotutto, in Italia ci sono già classifica redatte ogni anno da associazioni ambientaliste e non che valutano la qualità della vita in ogni “comune” capoluogo di provincia e relativo alle province stesse (tanto per includerli tutti). Basta leggerle per capire dove possiamo posizionare il comune o la città in cui viviamo in base ai parametri con cui sono stilate. Forse è il caso di cominciare a chiedere conto ai nostri amministratori di non prenderci troppo in giro e, loro stessi, di non prendersi molto sul serio quando fanno sventolare il gonfalone su cui è stampigliato in caratteri dorati “Città”! Intanto, sul sito di Unico c’è un sondaggio per indagare su come vengono percepite le “città” riconosciute con decreto del Presidente della Repubblica finora sul nostro territorio. Chi vuole può esprimere il suo voto … http://www.unicosettimanale.it/sondaggio-le-citta-del-cilento/
Aggiungi un commento