di ORESTE MOTTOLA
“In Europa preferirei cento volte di più vivere in Italia che non in Germania. Mi piace in particolare l’oasi del Cilento”. Tre anni fa Serge Latouche girò per il Cilento. E se ne innamorò. Oggi, uno dei guru più famosi che illumina i nuovi orizzonti dell’economia, lo racconta a Roberto Napoletano, il direttore de “Il Sole 24 ore” che se l’è trovato a cena a Villa d’Este, a Cernobbio, allo stesso tavolo. Il giornalista confindustriale è sorpreso e tenta di controbattere sui temi più canonici quali l’industria e le esportazioni. Latouche, il filosofo della decrescita serena e felice, più passatista che progressista, lo zittisce mostrandogli un portafoglio in pelle di bufalo comprato a Capaccio Scalo, alle porte del Cilento. E’ orgoglioso di avere una fotografia dove lui è con il “signor Vannulo” davanti a un computer che misurano la quantità di latte che esce dalle mammelle delle bufale. E poi a voce bassa, un intercalare francese ma scandendo bene le parole in italiano, ecco dice «che bello Capaccio Scalo, Paestum, San Marco di Castellabate, questo è un Paese caotico, ma dove si vive bene, dove ci sono oasi come il Cilento, e io in Europa preferirei cento volte di più vivere in Italia che non in Germania». Ormai siamo abituati, il Cilento è una terra apprezzata da molti, ma quando poi a parlarne bene, in un contesto completamente avulso, è il noto economista francese Serge Latouche, un radical chic, tutto cambia e diventa tutto ancora più importante. Seguendo il suo racconto – mostrato in un bel racconto sul domenicale del “Sole 24 Ore” è una circostanza che non può che fare piacere a chi vive e lotta ogni giorno per sopravvivere in una terra troppo spesso dimenticata. Latouche, capelli, barba e baffi brizzolati, precisa: «Decrescita serena, per cortesia, la felicità è una cosa che dipende dalla personalità dei singoli, è qualcosa che si avverte nella società, ma riflette una dimensione umana, la serenità è il minimo di sostenibilità a condizioni oggettive, è qualcosa che genera un minimo di benessere per tutti». Latouche ci prende gusto e insiste: «Sono tutti capaci di misurare tutto in economia, ma nessuno è in grado di misurare la felicità, che cosa vuole che ne capisca uno sciagurato come Sarkozy, lui e la Merkel sanno solo fare i conti, calcolano le misure economiche. Si occupassero di garantire un po’ di serenità, e poi non capisco perché gli economisti misurano tutto e non sono capaci di misurare ciò che conta di più». Roberto Napoletano si gioca il suo: «Se vuole le mando la classifica della qualità della vita del Sole 24Ore, sono venticinque anni che calcoliamo qual è la città dove si vive meglio, all’inizio i cattedratici storcevano il naso ma poi si sono ritrovati subissati di tesi di laurea che attingono a piene mani a quella classifica e nessuno contesta quei dati». Latouche dice: «Certi economisti non hanno cultura umanistica, questo che dice lei è cultura». Napoletano gliela dà vinta: “Per essere il teorico della decrescita, ancorché serena e non felice, quello che sostiene che esistono le basi sociali e politiche non economiche, di certo non si può dire che non si tratti bene. Troppo aristocratico per i miei gusti, questo Latouche, ma di certo simpatico, e poi è riuscito nel giro di una ventina di minuti a toccare due corde personali, mi ha fatto tornare con il cuore tra Giungano, Ogliastro Marina e Punta Licosa, natura viva e stagioni estive intense con la mia famiglia negli anni del liceo e anche dopo, e mi ha fatto scattare nella testa il ricordo di una terra che ho conosciuto, le sue strade pulite e le sue villette, la forza di un popolo che è fatta di sostanza e d’intelligenza contadina, mai di forma. Non avrei mai creduto che a parlare così del mio Sud di dentro potesse essere un uomo apparentemente tanto distante, sulla decrescita ovviamente non mi ha convinto, sulla bellezza del Cilento e sull’intelligenza contadina dell’Irpinia mi ha reso felice”. E se è convinto Roberto Napoletano figurarsi noi che quaggiù abbiamo radici molto profonde e non certo solo estive.