Ho incontrato Sergio Vecchio in diverse situazioni: al Museo di Paestum in occasione di convegni e inaugurazioni, ma anche a casa e nel suo atelier. Se però dovessi scegliere una scena che rinchiudesse la sua figura in un’immagine emblematica, penserei a un giorno in cui, dopo una riunione al museo incentrata su un progetto di mostra, uscendo dall’ufficio lo rincontrai fuori su via Magna Grecia, seduto su una panchina insieme a un suo collega artista. Era una giornata di primavera, non calda, ma con il sole che usciva e scompariva tra le nuvole. Mi fermò e scambiammo qualche parola. Quello che mi ha colpito in quell’immagine era la tranquillità e la serenità che Sergio emanava. Detto con una parola, sembrava essere felice standosene là su una panchina guardando i templi di Paestum. Sergio era cresciuto a Paestum, abitava nei pressi del sito archeologico; eppure non aveva mai perso la capacità di stupirsi davanti a quel luogo – e forse al mondo in generale. Riusciva a cogliere sempre un aspetto nuovo nei monumenti millenari e nel paesaggio pestano.
Nelle sue opere si può scoprire lo stesso sguardo curioso e attento al dettaglio, l’ornamento, la pianta, l’uccello, i colori di quel giorno in cui lo incontrai su via Magna Grecia. Uno sguardo, che prima di tutto era pieno di amore per quello che contemplava e che riusciva a cogliere anche nel buio un barlume di luce.
Per questo oggi lo vorrei ricordare così: seduto su una panchina di Via Magna Grecia, osservando i templi sotto il cielo primaverile e… felice.
Gabriel Zuchtriegel