Dal protocollo d’intesa tra la Pro loco ed il Comune di Stella Cilento nasce “Abitare Relazioni”, un’idea condivisa del fare comunità che prende la forma concreta della ceramica lavorata, dell’argilla, in un lavoro che coinvolge le mani, lo sguardo, l’attenzione tesa ad un obiettivo. Renzo Vassalluzzo è un artista che si è preso il carico e l’incarico di avviare quest’opera collettiva, intesa a costruire un’arte che possa definirsi civica. L’ho incontrato alla Casa dell’Arte, uno spazio adibito a laboratorio, in un edificio comunale situato a Stella Cilento.
“La Casa dell’arte è stata realizzata grazie ai fondi derivati da un finanziamento del 2016, dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, risultato di una collaborazione tra la precedente amministrazione comunale, la Pro loco e altre associazioni locali” mi spiega. “Al suo nascere furono coinvolti ceramisti residenti nella frazione San Giovanni per erogare dei corsi di ceramica. Poi, come succede a questo tipo di progettazione, risulta difficile continuare a mantenere attive le iniziative una volta finiti i fondi. Per questo motivo, con “Abitare Relazioni” abbiamo voluto cambiare impostazione. Cambiare mentalità: partiamo senza fondi, partiamo da ciò che sappiamo fare e da un bisogno di sperimentare nuovi spazi sociali e nuove modalità di azione.”
1. “Abitare Relazioni” vuole anche essere parte di un percorso di rigenerazione urbana. In che modo immagini la riqualificazione del nostro territorio?
Grazie all’Anci ho avuto la possibilità di confrontarmi con tante persone che portano avanti importanti progetti di rigenerazione urbana in tutta Italia. Per me rigenerare nel Cilento ha a che fare con il creare gli strumenti per operare. Ti faccio un esempio: i cesellatori si costruiscono da soli gli strumenti adatti a loro per poi cesellare il bronzo o altri metalli, così per operare una rigenerazione è importante non applicare al territorio un modello che funziona da un’altra parte, ma costruire strumenti utili a chi vive questa realtà. Molto importante poi è come costruiamo questi strumenti. Bisogna fare in modo che questo processo propedeutico sia condiviso e permeabile ai valori e alle esigenze del contesto. In tal modo l’intervento urbano può nascere da un terreno emotivamente e socialmente stimolato e attento, e non sarà vissuto come un corpo estraneo.
2. L’iniziativa che porti avanti comporta anche una buona dose di responsabilità. Qual è, secondo te, il ruolo dell’artista nella comunità? Può considerarsi una guida, una sorta di maestro?
Questo è il tema del mio personale progetto artistico legato ad “Abitare relazioni”: il ruolo sociale dell’artista. Un impegno che si incrocia con l’interesse della Pro loco a prendersi cura dei luoghi e con il desiderio dell’amministrazione di fare rigenerazione urbana dal basso. Il mio approccio iniziale è mimetico, nel senso che operò senza enfatizzare il mio ruolo. Per questo motivo, faccio attenzione a non personalizzare troppo il mio fare nella comunità, perché sono interessato a stare in un luogo, utopico per adesso, in cui l’artista ha un ruolo non di maestro o di guida ma di maieuta, un levatore, in uno spazio vuoto aperto alle energie che si manifestano. Uno spazio in cui la complessità e la durata nel tempo dei processi sociali possano essere comunicati e riconosciuti.
3. Sostituire la progettualità con la processualità. Alla base di “Abitare relazioni” c’è questo volere. Puoi spiegarci meglio perché?
A partire dai miei studi di filosofia, ho maturato una riflessione sulla natura del “processo” come espressione della complessità e del rischio propri di un qualsiasi sistema di relazioni che sia rispettoso dei tempi naturali e spirituali di maturazione delle idee e delle innovazioni. Con “Abitare relazioni” mi sento perciò coinvolto in un processo e non promotore di un progetto, tanto più perché la mia comunità è inserita in un contesto naturalistico e agricolo importante e presente, che richiede di dare valore ai tempi lunghi, alla lungimiranza, all’attenzione, alle conseguenze delle nostre azioni, ma anche di far emergere il sostrato emotivo e storico sepolto nella tiepidezza della rassegnazione.
4. “L’arte sociale opera nella comunità per favorire la cittadinanza”, nelle tue parole mi sembra di cogliere uno strappo tra la comunità e la cittadinanza.
Noi nel Cilento e in tante altre realtà siamo eredi di legami di comunità che si stanno sciogliendo in modo progressivo da almeno un secolo, con forti accelerazioni in certi periodi storici e, inoltre, non abbiamo un orizzonte di cittadinanza abbastanza forte. Quindi siamo sospesi tra queste due mancanze. La comunità è ciò che ci lega nel profondo, la cittadinanza è lo spazio in cui il sociale viene prima del singolo e la comunità prende coscienza.
5. Qual è, secondo te, il valore della pratica per costruire relazioni di comunità e cittadinanza?
Un laboratorio è uno spazio dove il fare creativo e comunitario toglie spazio alle chiacchiere e a quell’atteggiamento mentale di lamentela molto diffuso ovunque. In questo senso remiamo contro una tendenza generale, e ora più che mai è forte il bisogno di ritrovare la saggezza artigianale. Nel Cilento esisteva una pratica che si chiamava Opera Rènneta (lavoro restituito) che prevedeva lo scambio di lavoro senza compenso tra più persone. Questo scambio saldava la comunità e può essere un modello per una pratica artistica comunitaria.
6. L’arte dunque deve essere civica? Credi che il Cilento abbia questa vocazione?
Il Cilento come Parco nasce dalle perlustrazioni dell’economista Pasquale Persico. Persico immaginò, insieme al grande artista Ugo Marano, una Città del Parco del Cilento diventata poi il primo piano di sviluppo dell’Ente. Ma evidentemente le cose hanno preso una piega diversa. Bisogna riflettere su quell’inizio, su quella sperimentazione e avviare, come stiamo facendo, pratiche civiche e artistiche nello stesso spazio sociale.
7. Su facebook è attiva una pagina dedicata al ricordo. I piccoli borghi del comune vengono raccontati attraverso fotografie evocative. Cos’è un ricordo collettivo e qual è la sua funzione?
Con Arturo Vassalluzzo, presidente della Pro loco, e continuando il lavoro intrapreso da Gerardo Miglino, stiamo provando a lavorare sul terreno della fotografia vernacolare. Siamo solo agli inizi e successivamente si strutturerà in un archivio vivo della comunità. Il link alla pagina facebook è il seguente: San Giovanni, Guarrazzano, Amalafede. Ricordi
Allo stesso tempo stiamo realizzando targhe toponomastiche in ceramica con i nomi dialettali e storici dei nostri luoghi del cuore, così da rendere tangibile la storia, il ricordo e il suo valore, legandolo ad uno spazio pubblico. Il ricordo collettivo è qualcosa di reale ma invisibile, che va mostrato a tutti attraverso la condivisione. In tal modo il legame comunitario si trasforma in uno spazio sociale e in valore collettivo.
8. Visioni dal futuro?
Continuiamo a coinvolgere i giovani del territorio. Lo stiamo già facendo formandoli per renderli autosufficienti nella gestione del campus estivo, che da anni la Pro loco realizza e che si ha l’intenzione di ampliare. Tutto ciò, come dicevo, anche per creare gli strumenti che ci consentiranno di operare realmente come fautori di un’arte pubblica e di rigenerazione urbana. Ci stiamo facendo i muscoli, fertilizzando il campo, stiamo provando a sentire quanto profonda e vitale è la nostra radice.
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