Focea era la più settentrionale delle città della Ionia, fra tutte la più ricca e la più potente. Nella seconda metà del VI secolo a.C. per piegare le città della Lega Ionica i Persiani attaccarono per prima Focea, in uno scontro impari fra lo sterminato esercito persiano e una sola città greca.
Ciro il Grande offrì ai Focei la scelta di una resa onorevole, chiedendo come atto di resa la simbolica demolizione di un baluardo e di una casa. Favoriti dall’oscurità della notte, i Focei caricarono le loro grosse navi a cinquanta remi di ogni bene: mobilio, oggetti di valore e statue votive; perfino, privarono delle offerte i templi. La mattina seguente i Persiani, varcando le mura difensive, scoprirono di aver preso possesso di una città vuota: i Focei avevano scelto di abbandonare la patria pur di non perdere la libertà politica.
Come estremo atto di coraggio, i Focei tornarono un’ultima volta nella loro città per massacrare la guarnigione dei Persiani e abbattere ogni pietra perché non vi fosse mai più una città chiamata Focea.
Salparono, e fu in alto mare, di fronte alla patria distrutta, che fecero sacro giuramento che mai avrebbero fatto ritorno. Testimoni gli Dèi, i capi militari e i supremi sacerdoti affondarono in mare un masso di ferro rovente: solo quando fosse risalito a galla sarebbero tornati a Focea.
Gli esuli focei fecero rotta verso l’isola di Cirno, dove vent’anni prima un responso oracolare aveva ordinato di costruire una colonia: la città di Alalia. La nuova comunità greca riunita fortificò Alalia, adottando una politica estera fortemente aggressiva. L’ imponente flotta navale da guerra dei Focei di Alalia divenne la minaccia più pericolosa per le acque del mare Sardonio, e in breve estese le sue scorrerie piratesche alle coste della penisola italica.
Per contrastare le incursioni e le ruberie perpetrate dai Focei, nel 540 a. C. i Cartaginesi e gli Etruschi formarono un’alleanza. Nella battaglia di Alalia la flotta focea affrontò con audacia la schiacciante superiorità numerica delle 120 navi nemiche coalizzate. I Focei vinsero, ma a costo di irreparabili perdite: delle 60 navi, 40 furono le pentecotere distrutte; le restanti 20, rimaste coi rostri spezzati, erano oramai inservibili alla guerra.
Di nuovo esuli, i Focei cercarono un primo rifugio a Reggio, colonia greca nella penisola italica. Risalirono poi la costa, finché raggiunsero l’Enotria: una spiaggia ricca di approdi naturali e profonde insenature, posta tra le foci di due fiumi; una costa che d’estate consentiva facile ancoraggio alle grosse navi e che d’inverno permetteva di tirarle agilmente in secco; una posizione strategica per le rotte commerciali tra Grecia ed Etruria.
Si stabilirono a Hyele, città così chiamata dal nome di una sorgente che scorreva in quella fertile terra e che per conformazione tanto rassomigliava a Focea. Eletta a definitiva patria, la città venne poi rinominata Elea. Per sancire la fine della lunga migrazione e l’inizio di un periodo di pace, i coloni greci piantarono in quella fertile terra l’ulivo simbolo di Focea che, legame simbolico e perenne con la madre patria, sarebbe cresciuto nei secoli rigoglioso e fruttifero.