di Giuseppe Liuccio Il 2016 è stato dichiarato dal Ministero del Beni Culturali “l’anno nazionale dei cammini” per incoraggiare i cittadini a visitare e scoprire a piedi la bellezza della natura e dell’arte del nostro Paese e le emozioni che comunica: Questo in generale e più in particolare, un viaggio che i cittadini della Campania ed i cilentani in particolare, dovrebbero fare ancora di più ed attraversare, così, in lungo ed in largo il Parco del Cilento e Vallo del Diano, a piedi, naturalmente, per riscoprine ed esaltarne tutta la sua bellezza. Va in questa direzione il mio articolo di questa settimana con l’ambizione di spronare la governance della nostra grande ed importante Area Protetta a mettere in campo iniziative valide a conseguire questo obiettivo. Sul tema ha scritto qualche settimana fa un ottimo articolo l’amico e collega Bartolo Scandizzo, direttore di questo giornale. Lo condivido in pieno, ma soprattutto nell’incipit che cito integralmente “Mentre l’Italia scopre il business dei “cammini” naturalistici e spirituali, nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni ancora balbettiamo una lingua incomprensibile per le nuove forme di turismo. Prima o poi ci arriveremo, ma sarà già passato il treno che, quando si parla di turismo, passa sempre in anticipo per noi”. Va in questa direzione, come dicevo prima, anche questo mio articolo con l’ambizione di spronare la nuova governance della nostra grande ed importante Area Protetta a metter in campo iniziative valide a conseguire questo obiettivo. L’argomento è importante e, di sicuro, non riuscirò ad esaurirlo per cui dovrò tonare sul tema anche la settimana prossima… E comincio con delle riflessioni che ho già fatto altre volte, ma che ritengo utile riproporre per una visione d’insieme del problema, “Il Cilento interno, infatti, è uno straordinario palcoscenico, dove da millenni uomo e natura, geografia e storia danno spettacolo prismatico di voci e suoni, colori e profumi nell’alternarsi cangiante delle stagioni. Basta accendere le luci della ribalta e la recita parte da sola: bella, ricca, varia, coinvolgente, entusiasmante. E sì, perché i boschi dei monti con le sterminate faggete delle alture, i lecceti di media montagna, i castagneti delle falde a ridosso e a corona dei paesi accendono i riflettori del sole che filtra a lamine d’oro tra il fitto fogliame e rifrange luce su frutti e fiori del sottobosco e, se sbrigliati dalla brezza o squassati dalle raffiche impetuose di venti di tempesta, a seconda delle stagioni, fremono di vita e danno voce al fluire dei secoli: E narrano storie di legnaioli e carbonai alle prese con il pane stento in tutte le stagioni, di briganti al riparo dei covi a continua minaccia di giustizia sommaria, protettivi e generosi con i deboli, spietati con i potenti e gli arroganti, di pastori a guardia di armenti alla pastura brada di giorno e all’addiaccio gelido a custodia di stazzi di notte con la sola compagnia dell’alito caldo del cane amico e con la incerta coperta del tabarro di panno ruvido, di migrazioni bibliche lungo i tratturi della transumanza verso i pascoli della pianura ad animare poveri commerci di cagliati, lana di fresca tosatura e capretti ed agnelli belanti al sacrificio annunziato, ad illudersi al fiorire di nuovi amori; di artigiani alle prese con il miracolo di trasformare tronchi in botti e tini, rami in sporte, cesti e panieri e, all’occorrenza, in cucchiai da cogliere tome e ricotte fumanti di siero; di recenti escursionisti appassionati di trekking alla scoperta di paesaggi da brividi di piacere su cocuzzoli a volo d’abisso, a fremere di emozioni profonde alla visione di pianori di lavanda in fiore o di tappeti rosa/viola di ciclamini a festonare fossati umidicci o al riso odoroso delle fragoline a pigmentare di sangue le verdi barriere delle felci o alla mite vanità dei funghi che s’incappellano alle radici della macchia o delle castagne pigmentate, pulcini lustri a fuga dalla cova del riccio a spine d’oro un po’ brunito. E sono concerti i canti della fauna che piroetta a slarghi azzurri d’infinito ed ha la maestà dell’aquila reale e del falco pellegrino o pigola alle nidiate dei passeracei o ulula con la fame del lupo a falcate soffici sulle nevi d’inverno e si muove con i passi felpati della volpe a caccia di pollai e grumisce con i cinghiali a devastazione di coltivi, ma incanta anche con la coda di champagne degli scoiattoli o incuriosisce nel letargo pacioso dei ghiri. Ed è musica il corso di fiumi e torrenti che caracollano a valle, s’inabissano e riemergono nei brevi tragitti carsici o si caricano di sali nelle grave e nelle grotte nel ventre nero della terra per esplodere con la gloria della luce nei capricci delle risorgive a cesellare stupende sculture di stalattiti e stalagmiti a materializzare cupole di chiese o minareti di moschee, scintillano in effimeri coralli d’argento a rompere e superare con fragore barriere di pietre levigate nei secoli e la musica rotola e si frantuma sotto ponti umbratili o in pozze lacustri regno di eserciti di trote sguscianti a gara d’arditezza vanesia nei colori cangianti o di lontre a timida fuoriuscita dalla tana lipposa. Oh, la bellezza sconosciuta della mia terra! Oh, la forza travolgente delle emozioni di una natura immacolata nella sua verginità! Oh, la ricchezza da immettere con intelligenza nei circuiti del ricco mercato dell’ecoturismo se solo si avesse la sensibilità di attivare una promozione tesa ad esaltare flora e fauna di un territorio che espone con generosità e naturale disinvoltura i suoi tesori! E non sono i soli, perché sul territorio del Parco è vissuto e vive l’uomo, che, con fertile inventiva azionata dal bisogno, ha vangato, sarchiato, piantato, potato una flora per dare vita ad una agricoltura di sussistenza contando non sulla meccanizzazione, che ha toccato da pochi decenni e solo in parte il mondo dei nostri campi, ma sugli animali da soma, il nobile cavallo, il mulo testardo, l’asino paziente o sui buoi adusi al giogo dell’aratura e al “triglio” della pisatura. Straordinarie pagine della povera epopea della civiltà contadina!!! Ma dicevo della necessità di immettere tutto questo mondo ricco di emozioni e straordinario di sorprese nel circuito virtuoso dei mercati. Sarebbe dovuto essere compito primario del Parco, ma così non è stato, perché il Parco, appunto, non è riuscito a liberarsi dalle asfittiche pastoie della burocrazia e dalle defaticanti trattative della brutta politica, e raramente la governance, vecchia ha sbrigliato la fantasia per costruire progetti da mettere in cantiere iniziative con le scuole per percorsi didattici capaci di stimolare i nostri ragazzi ad ascoltare le voci degli alberi e degli animali, con i contadini per rimettere in circolo vecchie colture diversamente destinate alla estinzione, con gli artigiani per esaltare quel che resta del miracolo della creatività delle mani. Il Parco avrebbe dovuto già farlo, ma a tutt’oggi il bilancio è stato totalmente fallimentare, se si eccettuano i primi entusiasmanti anni degli inizi. Non ci resta che sperare per il futuro sulla nuova “governante”, che dopo un anno di tanto inspiegabile quanto defaticante attesa, dal 29 settembre scorso è nella pienezza di organi e poteri e, pertanto, le auguriamo e ci auguriamo che sia capace e costantemente operativa, e che, soprattutto, si abitui all’ascolto e dia concretezza alle esigenze ed ai bisogni che vengono dal territorio e non si limiti alla vanagloria del presenzialismo nelle manifestazioni/convegni ripetendo il bla/bla di un ritornello stantio, anche perché il Parco è e resta, nonostante tutto, una miniera dove attingere a piene mani. Il Parco ha voci e suoni. Basta saperne cogliere le emozioni per chi lo abita e per chi lo visita e lo scopre e ne rimane affascinato e ci torna. Il Parco ha colori, profumi e sapori capaci di stimolare tutti e cinque i sensi. Basta accendere una telecamera ed uno spettacolo straordinario e coinvolgente va in video e in rete con effetti di forte ed intensa emozionalità. Per essere sinceri anche la “governance” nominata ed insediata da poco nella completezza dei suoi organi statutari non ha avuto un avvio non entusiasmante. Tanto per cominciare ha inspiegabilmente rinviato di 15 giorni la scelta della “terna” degli aspiranti direttori. E, conoscendo uomini e cose, aspiranti e relativi protettori politici e i loro naturali e “fedeli” portavoce collocati strategicamente nel Consiglio Direttivo, temo un’altra lunga “telenovela” sulla nomina del Direttore prescelto, altrettanto lunga e tormentata quanto quella del Presidente. Spero, ovviamente di sbagliarmi ed essere smentito dai fatti. Ricordo a me stesso che l’attuale Presidente fu designato a metà dicembre del 2015 e tutti ne salutammo l’annunzio come una strenna di Natale. Ma la nomina fu formalizzata solo nel mese di aprile dell’anno in corso: e come se non bastasse abbiamo dovuto aspettare la fine di settembre per la regolarizzazione ufficiale e definitiva del Consiglio Direttivo per l’inspiegabile ritardo della decisione del Ministro per la nomina dei consiglieri di sua competenza. Bloccato, come sospettano i maligni, me compreso, dai veti incrociati delle lottizzazioni delle mini correnti all’interno del suo Partito di provenienza, che è mini di per sé. In compenso, il Presidente ha avuto quasi un anno di tempo per ipotizzare una sua “progettualità” di sviluppo per L’IMPORTANTE E STRAORDINARIA Area Protetta che è stato chiamato a “governare”. Ha fatto onore al suo nome ed ha attraversato in lungo ed in largo da “Pellegrino curioso” il territorio. Speravamo, perciò, che all’atto dell’insediamento dell’intera “governance” rendesse note le linee programmatiche a cui intende fare riferimento nel corso del suo quadriennio presidenziale. Ma così non è stato. Evidentemente ha bisogno di un supplemento di “viaggio/ curiositas”, alla latina. Ma faccia presto perché il Parco che gli è stato affidato ha bisogno, con una certa urgenza, di una scossa forte per recuperare il troppo tempo perduto e, soprattutto, ha bisogno di recuperare smalto all’immagine appannata e credibilità e fiducia: da parte degli abitanti del territorio SAREBBE UN GRAVE ATTO DI IRRESPONABILITA’ PERDERNE ANCORA. Pertanto continui il presidente Pellegrino a fare onore al suo cognome ed ipotizzi nell’Anno nazionale dei Cammini i percorsi/cammini nel Parco perché siano tantissimi i “pellegrini curiosi” alla scoperta di bellezze naturali, storia, arte, attività economiche, mestieri e tradizioni del nostro territorio. Io ne anticipo i titoli di alcuni, a cui dedicherò l’articolo della prossima settimana: 1) itinerario artcheologico, 2) itinerario monastico-basiliano, 3) itinerario monastico-benedettino, 4) itinerario della libertà le rivoluzioni, 5) la civiltà contadina e relativa musealità, 6) Il baronaggio, 7) sulle orme dei briganti, 8) i santuari mariani, 9) le chiese rupestri,10) il miracolo delle mani. Itinerari artigiani, 11) itinerari del folclore, 12) gli itinerari del gusto: l’enogstronomia, 13) i fenomeni carsici nel ventre della terra, 14) gli alberi patriarchi, 15) i cilentani illustri; ecc. ecc. ecc. Chiudo con una raccomandazione: PROMOVIAMO QUALITÀ. E, quindi, BANDO ALLA IMPROVVISAZIONE ED AL PRESSAPCHISMO. Abbiamo già pagato un prezzo fin troppo alto alla CIALTRONERIA LOTTIZZATA.
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