Conobbi, negli anni ‘80, il poeta, critico letterario e saggista Gaetano Salveti, persona splendida; un suo breve ritratto, di seguito delineato, è tratto da ADN KRONOS (28 novembre 2001). “Lo scrittore e poeta Gaetano Salveti, per tre decenni segretario generale dell’Associazione dei critici letterari italiani, promossa da Mario Sansone, è morto martedì notte a Roma, dopo una lunga malattia, all’età di 79 anni. Dal 1961 ad oggi è stato anche fondatore e direttore della rivista ‘Crisi e Letteratura’, che ha avuto come collaboratori i più importanti nomi della critica d’arte e letteraria: ha ospitato, tra gli altri, interventi di Salvatore Quasimodo, Giulio Carlo Argan, Francesco Flora, Edoardo Sanguineti, Libero Bigiaretti, Giorgio Caproni, Giorgio Barberi Squarotti, Bonaventura Tecchi, Vittorio Sereni, Piero Bigongiari, Giacinto Spagnoletti, Giuliano Manacorda. Tra i numerosi incarichi ricoperti, Gaetano Salveti è stato anche presidente del “Centro studi di poesia e storia delle poetiche” e vicepresidente dell’Associazione internazionale dei critici letterari, con sede a Parigi. È stato uno dei fondatori del Sindacato Nazionale Scrittori, con lo scrittore Francesco Grisi ha dato vita al Sindacato Libero degli Scrittori, del quale è stato vicesegretario fino al 1974. Dal 1970 al 1974 ha fatto parte del Comitato per le direttive culturali e la vigilanza sui programmi della Rai”. Salveti mi omaggiò con dedica alcuni suoi volumi, in uno dei quali figurava il suo ritratto eseguito dal grande artista romeno Eugene Dragutescu al quale era legato da affettuosa amicizia. Una singolarità: fu autore di ‘Poesie latine’, con esse esplicitò in una lingua considerata ‘morta’ le più vitali espressioni del tempo. Scrisse intorno a mie elaborazioni, ne apprezzò contenuti e stile. Quattro delle quali sono di seguito proposte; la quarta, “Il buio fluorescente”, si riferisce alle tenebre indotte dal tragico evento sismico del 1980. Alcune illustrazioni integrano il presente scritto.
POESIA
Asciuga queste mie lacrime
spegni
il gran disprezzo
col tuo soffio
liberatore
conforta
il grave palpitar…
ho la coscienza del male.
Poesia, luce
eternamente bella, un sorriso
fugace,
tante lacrime dentro un sospiro
del tempo
che ormai
non vivo più.
LA VITA
Una foglia leggerissima,
indifesa,
par che voglia
non staccarsi
dal suo ramo.
Ma il vento traditore
che non conosce amore, come niente
la strappa alla vita, senza sentire dolore!
DICEMBRE SCULTORE
Allora il lugubre dicembre
(Era il giovincello misero ventenne)
sgrossò la carne
pianse
fu un’alluvione
amica un tenero scalpello
che rovesciava giù brandello
su brandello il solido mantello.
Indi l’ingiusto mese riunì coevo
in un incanto l’umano mucchietto
con cui scolpì la lapide in rilievo
(Era/la macchia del giovinetto la sera eterna
un guizzare d’eco
sopra valli amare
apriva le corolle a dissepolti cieli).
Sfiorava ignaro fredde mura
della città listata a lutto.
Quella pagina bianca e scura
marcata
la carne strappò del tutto.
IL BUIO FLUORESCENTE
Io ricordo il teschio che fioriva/beffardo nel giglio di quelle albe fiammeggianti
che rapivano il sipario
della notte
ed assurde s’aprivano al mondo.
Laggiù nude
fetide dimore poggianti
su vecchie ruote di ferro
erano villette luminose, saccheggiate
ambite e maledette.
E noi, predoni del terrore, bestie
capaci d’umani sussurri
cancellavamo dalla mente
quel boato remoto e onnipresente
masticando l’amaro pane di giornata
per tenerci in vita, accoltellati dal dolore.
Non osavamo la sera
profanare i cieli
seppelliti dentro bauli di sangue, con occhi
aggrumati di lacrime ed ancora
chiaro nel cuore
il sorriso
e l’immagine incontaminata dei cari,
dell’amico nel nostro cuore
di poveri ladri dell’aria.
E m’appare solitario il pianto
e l’urlo agghiacciante senza patria
d’un vecchietto,
caro e tanto vecchio
col viso in fiore dei teneri risvegli.