L’Africa rappresenta lo spazio geografico e temporale nel quale mi sono sentita meglio in vita mia: incondizionatamente forte, fisicamente ed emotivamente. L’adattamento alle più disagevoli condizioni di vita è avvenuto, infatti, senza che me ne accorgessi. L’opportunità di esplorare questo meraviglioso continente vivendo a stretto contatto con gli africani, divenendo parte integrante delle loro avvolgenti famiglie, consente di conoscere e apprezzare culture, abitudini e tradizioni locali maggiormente. Inoltre, quando ti rendi conto di quali siano le più diffuse condizioni indigenti di vita, comprendi che, laddove bambini così piccoli riescono a sopravvivere, persino in strada, in contesti igienici tanto precari, potrai certamente rinunciare a qualche inessenziale comodità. Tra le differenze più rilevanti con le nostre abitudini di vita privilegiate la più evidente è, chiaramente, la scarsità di acqua. Nella nostra quotidianità l’acqua è un bene scontato e, frequentemente, sprecato. In Africa l’acqua è una risorsa rara, preziosa, che raggiunge i villaggi periferici difficilmente e frequentemente non arriva comunque alle abitazioni. Ogni giorno uomini, donne e bambini (non soltanto) africani tentano, con fatica, di procurarla dai pozzi e attraverso gli estrattori. Quando vivi insieme a loro constati quanto poco bevano rispetto alle nostre consuetudini quotidiane. Tuttavia in Africa, come avviene nelle compensazioni della vita, alle mancanze si cerca di ovviare con spirito d’iniziativa e, soprattutto, insieme. Così come nei momenti difficili in cui, affrontando una perdita, riusciamo a trovare in noi stessi delle risorse inattese, inaspettate e, magari, anche insperate, allo stesso modo in questi luoghi si sopperisce alla privazione materiale con la ricchezza spirituale. Attraverso la condivisione, infatti, si valorizza e s’incrementa il poco di cui ciascuno dispone, se considerato individualmente. In queste grandi famiglie estese, così come avveniva anche nelle nostre (soprattutto nel passato), si apprende sin da bambini a spartire, distribuire e partecipare. L’immagine dei due bambini con la lattina di Coca-Cola è la fotografia del mio secondo viaggio in Senegal che considero più espressiva perché credo racconti, in modo evidente, quanto sia radicata negli africani, sin da piccoli, la condivisione. L’ho scattata, con commozione, dopo aver dato la lattina di Coca-Cola al bambino con la maglietta nera che, invece di bere, l’ha passata prima all’amico accanto e poi me l’ha riconsegnata. Questo bambino ha bevuto soltanto dopo di me, per ultimo, finalmente anche lui. Ecco che cos’è l’Africa per me (e, immagino, per tutte le persone che hanno avuto la fortuna di viverla): un’incommensurabile prosperità dell’anima tra l’indigenza della povertà, l’urgenza di donare prima di ricevere, l’attenzione ai bisogni dell’altro prima che ai propri, l’amore in ogni sua manifestazione che dovrebbe essere, prima di tutto e a prescindere da tutto, presenza e premura costante nei confronti di chi abbiamo accanto.
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