“C’era una volta…” è la celebre espressione con la quale, la letteratura dedicata, inizia il racconto di una favola per bambini; una formula introduttiva semplice, “iconografica” nel suo essere, caratteristica e ampiamente usata nell’universo fiabesco che, induce il viaggio fruitivo del piccolo, a stimolare e accrescere le sue curiosità e il suo interesse interpretativo, con il solo utilizzo dello strumento della parola. L’uso descrittivo delle cose, delle persone, dei protagonisti, eroi dalle mille imprese funeste nel loro luogo sbiadito nella notte dei tempi in cui si celebrano i sogni di una storia d’amore travagliata, di principesse e principi azzurri, di ricchi e poveri, di marionette animate, di isole che non esistono e così via… dolci offuschi in fogli sprovvisti di eclatanti illustrazioni con un solo intento chiaro, quello di esortare la fantasia. Quindi una consuetudine, un preludio tanto semplice quanto significativo, un rimando temporale a volte anche astratto, un’esigenza talvolta necessaria per facilitare l’immersione nella propria sfera immaginifica. Ognuno di noi, nell’arco della sua crescita, ha avuto modo di entrare in contatto con queste espressioni di “rito” e ancora, ognuno di noi ha immaginato e verosimilmente riflesso il proprio essere in un contesto fiabesco, spesso allineato con la fase “leggendaria” del proprio ego. Questo fin quando le occorrenze del proprio percorso, si ritrovano, prima o poi, a fare i conti con gli aspetti oggettivi e prossimi alle reali occasioni di confronto nelle società di appartenenza. Un percorso formativo influente e in parte extrascolastico, relativo nel modo più naturale possibile e forse inconsapevolmente, al sognare, a fantasticare e immaginare probabilmente un mondo migliore, consono alle attitudini di ognuno e tuttavia, negli anni in cui si inizia ad essere più consapevoli, al disegno concreto e appassionato, di “strutture” immateriali: gli ideali. Ed è qui che l’aspetto temporale diventa integralmente più chiaro e strettamente legato agli accaduti del durante, il “c’era una volta” decanta le sue essenze sfumate e laboriose su ciò che si vive nell’adesso, nella singola entità esposta al mondo del proprio essere, nel presente. Un presente attuale che, paradossalmente, ci ha indotto in massa a tralasciare e a sovvertire i luoghi del sogno con gli assetti del materialismo, contiguo al consumismo e pertanto ad una percezione di esso radicalmente velocizzata ed è un dato certo, l’allontanamento ai ritmi naturali che la biologia esprime con i suoi ritmi in collocazioni specifiche. Ogni cosa a suo tempo nel medesimo istante del vissuto. Il presente, sul quale troppo poco ci si sofferma a riflettere, ha la possibilità introspettiva di guardarsi indietro e proiettarsi in avanti, capire gli errori e migliorarsi, scavare il solco e piantare il seme per il domani. Un pregio, o come si dice in gergo, una fortuna. Ma davvero oggi la contemporaneità svolge il suo ruolo lungimirante conclamato dagli studi filosofici, dai rapporti delle scienze umanistiche, della pedagogia, dalle occasioni delle esperienze pregresse? Offre appieno, giusto o sbagliato che sia, un prospetto indicativo di cognizione di causa, una collocazione della propria dimensione nel tempo? Probabilmente, visti i noti riscontri che spesso ci sottoponiamo ad analizzare, talvolta anche con critiche asettiche, no. Questa intinta riflessione, nasce dalla riapertura di uno spazio fisico corporeo, il cassetto dei ricordi, dove vengono ritrovati ben conservati, alcuni documenti che attesterebbero un periodo di aggregazione giovanile di un gruppo di ragazzi adolescenti sul finire degli anni ’90 a Stio Cilento. Un periodo particolarmente estraneo e lontanamente parente alle abitudini attuali di un piccolo centro dell’entroterra cilentano, nel quale i segni di un decremento demografico circoscrive non solo l’omologata tendenza di tutta l’area del centro sud, ma confermerebbe anche la netta separazione delle attitudini recenti alla propensione di stabilire un nesso con i propri caratteri identitari e con il proprio passato. Si parla di una realtà associativa “di fatto” che aveva una sua sede fisica nel quale si consumavano momenti di confronto, di studio, di operatività sociale con tanto di regole e verbalizzazioni e ovviamente, vista anche l’età media di quel “presente”, occasioni ricreative. L’associazione prendeva lo stesso nome di un’altra associazione e in modo analogo, cercava a suo modo di emularne gli scopi, “l’Associazione Noi Giovani Stio”. Una connessione interessante, culturalmente valida ai principi del parallelismo pragmatico che lo stesso presente, in fase propulsiva, potrebbe stabilire per un eventuale lancio nel futuro. Nel particolare, oltre alle ragioni affettive che legano il sottoscritto ad un’epoca, vi è un trasalimento dovuto alla rilettura e alla riscoperta delle tematiche affrontate nel periodico che questo gruppo di giovani adolescenti, ormai oggi quarantenni, distribuivano gratuitamente in Piazza Vittorio Veneto. Il giornalino, come veniva definito, prendeva il nome dalla parola etimologica più attendibile “Hostium”, da cui viene derivato il nome del paese Stio. Solamente questo dettaglio confermerebbe una tendenza a rimarcare le origini identitarie, ma non solo, un articolo – oggi molto utile alla dimenticanza – tende a fare un elenco preciso di tanti “personaggi illustri” che in qualche decade o secolo precedente, lasciarono le proprie impronte prestigiose alla storia del luogo. Adesso quella che storia non è stata, non per forza deve essere attentamente analizzata o cancellata del tutto per i suoi fallimenti, ma da questo spunto, nel quale si è cercato di riflettere e ricordare senza addentrarsi poi tanto in quelle esperienze, si possono trarre delle considerazioni abbastanza limpide. Si viveva agli albori dell’era digitale che è senza ombra di dubbio un’opportunità di gran lungo migliore sotto tantissimi punti di vista, ma che a sua volta dovrebbe portare a considerare di incanalare e ordinare una ridondante dispersione e magari ritornare ad occuparsi una volta per tutte, attraverso l’ausilio di figure guida, di contenuti e sulla consistenza di essi. C’era una volta… un tempo, un luogo e diversi sogni! Oggi?