La Chiesa invita a riflettere sugli avvenimenti ultimi non per incutere timore, ma per valorizzare il tempo concesso, che spesso appare ambiguo; tocca a noi valorizzarlo altrimenti scorre banalmente e lo si vive da addormentati. Tema centrale del capitolo 25° del vangelo di Matteo, passo di complessa esegesi: è un invito a vegliare, non addormentarsi, essere pronti non sapendo il giorno della venuta del Signore, un giudizio presentato come festa perché irruzione della gioia e dell’amore. E’ un incontro al quale non si può mancare. Si supera la paura del Giudice severo perché come avvocato ci accompagna Cristo. Perciò occorre consolidare la speranza anche se questa esperienza dovesse tardare. Saggia è la riserva di olio per la lampada, cioè rafforzare la fede, virtù personale che non può essere acquistata o prestata.
Il Regno dei Cieli è paragonato ad una festa di nozze: pranzo, gioia e allegria, sposo e sposa sprizzanti giovinezza. Ma nessuno sa quanto si può entrare nella sala delle celebrazioni, perciò importa saper attendere. Gesù, che è realista, conosce il cuore umano, non rimprovera chi si addormenta durante l’attesa. La parabola va interpretata con riferimento a tutto il discorso escatologico del capitolo venticinquesimo che presenta servi fedeli e prudenti, vergini sagge e stolte, chi ha paura di far fruttare il talento ricevuto e chi con ottimismo si mette in gioco per moltiplicarli. Fornisce spunti interessanti il paragone del Regno a dieci ragazze che sfidano la notte, armate solo di un po’ di luce per andare incontro a qualcuno, dieci piccole fiammelle coraggiose sfidano il buio per attendere lo sposo, In questa cornice generale s’inserisce l’esperienza individuale . Tutti si addormentano, stanchi per la fatica del vivere, che porta sonnolenza e genera sconforto. Ma una voce risveglia nel colmo della notte. Non bisogna preoccuparsi per non aver continuato a vegliare, importante è avere olio nelle lampade, barlume di luce che fa continuare a credere nella festa alla quale partecipa la società alternativa inaugurata da Gesù.
Il dramma inizia quando al grido alcuni si scoprono previgenti, mentre altri no, precipita nella tragedia quando a chi implora di entrare, perché le porte sono state chiuse, lo sposo risponde “Non vi conosco!”. Vegliare, dunque, è un invito alla vita, dimostrazione di sapienza per chi è capace di leggere la storia e possiede la consapevolezza di sentirsi collaboratore di Dio. Egli non si contenta delle proprie sicurezze, è pronto ad assumersi le responsabilità perché non è consentito prendere in prestito i meriti altrui. La vigilanza presuppone la disponibilità a lottare contro il torpore e la negligenza, discernere la venuta di Dio e accorgersi della sfida che il mondo pone. In effetti non sono consentite fughe o permettere alla società di adagiarsi sulle posizioni acquisite, occorre contrastare le tenebre come ceri posti sul candelabro.
Siamo invitati a riflettere sul nostro comportamento, pronti all’accoglienza di Gesù Cristo, muniti anche dell’olio di riserva, costruire la casa interiore sulla roccia, avere una pratica di vita che consente a chi si è addormentato per il ritardo dello Sposo di destarsi. L’incontro è festa, ma anche giudizio per conferire senso alla storia e conoscere le conseguenze della discrepanza tra il dire e il fare, tra una vita egoistica, autoreferenziale ed una esistenza ispirata alla misericordia. Il tempo passa, i potenti continuano a profittare dei deboli, forte è la tentazione di arrendersi. Invece occorre proclamare con determinazione “Vieni Signore Gesù” perché il Regno appartiene a coloro che non si rassegnano.
L.R.