di Veronica Gatta
A Firenze è stata approvata la legge che autorizza gli abbattimenti straordinari dei cinghiali, che nei boschi della Toscana avrebbero ormai superato la cifra di 200 mila esemplari. Si parla di abbattere circa 170 mila animali in tre anni per cercare di ricomporre un equilibrio naturale, data la densità non più sostenibile degli ungulati. “La caccia – è stato ricordato nel Consiglio regionale della Toscana – non è uno sport ma una funzione pubblica. L’attività venatoria è una concessione dello Stato finalizzata alla conservazione dell’equilibrio della natura. Nell’ambito di questa attività, il prelievo venatorio è uno strumento utile”.
La legge votata a Firenze serve a garantire sia la conservazione delle specie autoctone che la conservazione delle attività antropiche e dei valori ambientali del paesaggio rurale.
La forte presenza dei cinghiali che in Toscana crea grossi problemi all’agricoltura e alla pastorizia si verifica da alcuni anni anche nel Cilento. I nostri agricoltori e i nostri pastori si lamentano continuamente dell’invasione di questi animali nei propri allevamenti e nei propri campi. I pastori del Cilento sono costretti a tenere chiusi nei recinti e nelle stalle le proprie mandrie e i propri greggi, nutrendo gli animali solo con fieno e mangime che vengono comprati fuori dalle proprie aziende. Mentre gli agricoltori si lamentano che i propri campi non vengono più lavorati dagli aratri ma dai cinghiali. Non sono solo nei boschi di montagna e nelle aree protette, ma, oramai, sciamano lungo le strade delle città italiane. In rete spopola il “cinghiale felice” che fa il bagno tra le onde del mare e va a grufolare nei cassonetti dell’immondizia. Questo accade anche nel Cilento: oramai i cinghiali, che sono aumentati in modo spropositato, scendono a valle e, impavidi, si avvicinano alle case e distruggono le coltivazioni. Il ripopolamento selvaggio, che è avvenuto negli ultimi anni con cinghiali arrivati dall’Est Europa e, nello specifico, dall’Ungheria, ha modificato l’albero genealogico degli ungulati autoctoni trasformando un piccolo animale timido che viveva nelle selve in una bestia grossa e prolifica che non ha paura di frequentare gli esseri umani.Sono quasi un milione, secondo le stime, i cinghiali sul territorio provinciale. Oltre la metà a sud della Provincia, tra Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Una situazione insopportabile per migliaia di agricoltori e un pericolo per le comunità. Le aggressioni e le devastazione ad opera di questi animali oramai sono quotidiane. Quarantamila abbattimenti all’anno sono troppo pochi secondo i cacciatori, ma eccessevi, inutili e immorali per gli animalisti. Nel Cilento si contano 90 selecontrollori ma all’attivo ne risultano ben pochi. L’invasione dei cinghiali – secondo Vittorio Sangiorgio presidente di Coldiretti Salerno – sarebbero più di un milione. Negli ultimi anni più che triplicati, il problema è anche sanitario, i cinghiali, infatti, sono portatori di brucellosi e possono contagiare gli allevamenti registrati e sogetti a profilassi obbligatoria. Le situazioni più gravi si registrano nella Valle del Calore, nell’area degli Alburni, tra Castelcivita, Ottati, Sant’Angelo a Fasanella, Corleto Monforte, fino a Roscigno e Bellosquardo”:
Il Parco Nazionale del Cilento, in considerazione dell’elevato numero di cinghiali presenti nell’area protetta, ha deciso di approvare un piano d’azione per la gestione di questi animali.
Questo piano, approvato dalla Regione Campania, settore ecologia, VIA, VAS e VI, prevede la cattura degli ungulati con 9 gabbie e 65 selecontrollori. Oltre alle attività di cattura, il Parco Nazionale ha previsto anche un finanziamento per l’acquisto di reti elettrificate da assegnare ai proprietari delle aziende agricole che ne faranno richiesta. Per accontentare gli animalisti e gli ambientalisti sono stati previste alcune lezioni di educazione ambientale nelle scuole.
Saranno organizzati, infatti, incontri con gli studenti per illustrare brevemente la biologia e l’ecologia dei cinghiali, imparando a convivere con queste popolazioni animali e a considerarle come una risorsa territoriale e non più come un problema.