In questi ultimi giorni la mia attenzione è stata catalizzata su alcune letture che mi hanno permesso di fare alcune riflessioni, le quali, a mio modesto avviso, ritengo possano rappresentare spaccati particolari della nostra società. Raccontano di alcuni cambiamenti che, per alcuni versi, ci stanno travolgendo senza che ne riusciamo ad avere la completa consapevolezza.
La società che viviamo si poggia su situazioni ed elementi che, fino a pochi anni fa, erano inimmaginabili; certo, in questo modo, non voglio fare valutazioni anacronistiche, però, alcuni meccanismi, ormai diventati centrali nei contesti quotidiani, hanno invertito l’ordine delle cose: troppe volte non siamo più noi a determinare i nostri comportamenti, bensì, questi ultimi, sono determinati dall’ambiente esterno. Siamo talmente condizionati dalla società, che il nostro agire è ormai, troppo spesso, conseguenza di ciò che questa ci propina, nel bene e nel male.
È ovvio che la mia riflessione si pone come un’umile analisi anche rispetto a ciò che accade nel mondo bancario e cioè di come questi meccanismi comportamentali hanno cambiato anche l’approccio, di tutti noi, verso la propria Banca.
Tra le letture che richiamavo all’inizio, voglio menzionarne una, dove veniva riportata una conversazione tra un ragazzo e suo padre, all’interno di una Banca, durante l’attesa prima di compiere delle operazioni; il primo invocava il secondo ad attivare rapidamente i servizi online per non perdere troppo tempo in attesa inutili, evitando, addirittura, di recarsi in Banca, ogni volta, per fare anche la più banale delle operazioni. Il papà, all’invito del figlio, rispondeva dicendo che, andare in Banca, per lui, vuol dire poter incontrare delle persone, scambiare delle idee e questo per lui è vita! La sua attuale vita, quello che lo fa vivere!
Un episodio che, allo stato dei fatti, può sembrare anche ordinario, ma che conferma il netto cambiamento di tante cose, anche all’interno di un microcosmo come un istituto di credito.
La struttura delle relazioni, in conseguenza di quel che il progresso tecnologico è riuscito a costruire negli ultimi decenni, ha subito un completo capovolgimento a danno dei rapporti umani. Se a questo aggiungiamo ciò che il COVID ha determinato in ognuno di noi, si può osservare come la tecnologia, ad esempio, ha sicuramente aiutato tutti a compiere diverse operazioni direttamente da casa, ma ci ha completamente allontanato dal contatto, dalla relazione, dal rapporto, dallo scambio di idee e pensieri.
Sembra tutto scontato, ma la tecnologia, man mano, ha eliminato un pezzo di questo processo relazionale, cancellando, ogni giorno di più, una parte delle nostre “relazioni” e della nostra “socialità“.
Nel credito cooperativo, entrando nel mondo a me più congeniale, si può dire di trovare (spero ancora per tantissimo tempo) una Banca a misura d’uomo, dove gli interessi di clientela e banca ancora viaggiano sullo stesso binario, dove ancora conta il cosiddetto “rating umano”, dove il cliente è come se fosse a casa sua, in quanto, la relazione che si determina è completamente paritetica, cioè siamo entrambi sullo stesso livello.
Andiamo ben oltre, per l’appunto, a quel concetto secondo cui, nelle nostre Banche, le persone non sono numeri. Questo è sicuramente una colonna portante della nostra filosofia operativa, ma c’è tanto altro ancora, c’è tanta ricchezza dietro quella relazione umana, ci sono valori incondizionati nel rapporto che si crea tra cliente ed operatore.
E sono convinto che ogni nostro cliente, nel leggere queste parole, sta pensando a quel che gli accade, confermando quella piacevole sensazione di sentirsi a casa quando si entra nella nostra BCC.
Ogni cliente delle nostre Banche di Credito Cooperativo (non dico una banalità) conosce il nome del cassiere che lo serve, dell’impiegata che, ogni mattina ritrova in ufficio e magari prima di prelevare o versare del denaro chiede, in amicizia, se ieri sera ha visto la partita oppure se ha provato quella nuova pizzeria appena aperta in centro. Queste stesse persone, nelle nostre Filiali, incontrano altre persone ed è un modo per socializzare, confrontarsi, parlare.
La socialità, anche quella che si determina in uno sportello bancario, rappresenta un fattore che crea valore in un contesto sociale.
Nell’epoca del distanziamento sociale e del saluto con un pugno o con il gomito, dobbiamo sforzarci di incentivare quei comportamenti in grado di non farci alienare dalla società, diventando schiavi dei social, degli smartphone e, quindi, della tecnologia.
Se penso, invece, ai giovani e immagino quelli che sono e saranno i loro comportamenti, mi viene da dire che le loro relazioni ormai privilegiano la forma informatica e anche giocare, ormai, non è più un momento per incontrarsi. Chissà cosa sarà tra una decina di anni… Non oso pensarlo! È proprio vero, anche il processo tecnologico, nel mondo bancario, uno di quelli più soggetti ad un’evoluzione, ancora oggi, ha necessità di essere vissuto in un modo un po’ differente.
Le nostre realtà devono continuare a vivere i territori, anche perché la nostra funzione sociale, all’interno di tante piccole comunità, è qualcosa che tante persone toccano con mano, apprezzando quelle relazioni sociali che vanno ben oltre del rapporto Banca-Cliente.
Le mie riflessioni, molto spesso, convergono le une con le altre, tanto da farmi, piacevolmente, ritornare su concetti a me cari, così da ribadire, con determinazione, che il segreto di un modello vincente nasce anche dal considerare, con umiltà e partecipazione, le persone in quanto tali, capire che dietro ognuno c’è gioia, sofferenza, amore, famiglia, c’è voglia di riscatto, di lavorare, c’è una dignità personale che va sempre rispettata, in particolar modo, nei momenti difficili.
Il mondo, ancor di più quello bancario, ha ancora più bisogno di queste cose, di gente che sappia “ascoltare“.
Nessuna macchina, sebbene evoluta, potrà mai interpretare questi sentimenti e mai ci sarà qualcuno che la potrà inventare, perché siamo stati creati con una mente e con un cuore che non possono essere replicati.
A dirla tutta, nonostante tutto, sono felice!
Sono felice, perché il nostro modello di fare Banca, associato ad una tecnologia indispensabile e necessaria, rappresenta il nostro mondo ideale, caratterizzato da relazioni, parole, valori, contatto, confronto. E ben vengano se questi luoghi di relazione continuino ad essere proprio delle semplici filiali di una Banca di credito cooperativo.
Sono felice, perché tantissime persone vivono proprio i nostri sportelli come luoghi del genere, grazie alla magia di un qualcosa che nessuno strumento elettronico potrà sostituire: la voglia di relazione umana.
Sono felice quando i nostri soci e clienti ci riconoscono la capacità di ascolto ed apprezzano la nostra vicinanza, perché sono sempre più convinto che aiutare e capire qualcuno è bello, ti fa star bene, ti aiuta a vivere sereno e poter andar a letto la sera, pensando che il mattino successivo si ricomincia.
Solo così si vive felici e soddisfatti. Quindi, come dico sempre ai “miei ragazzi”: “Se vuoi star bene, fai che gli altri lo siano come te”.
Dico a me stesso, in conclusione, esortandomi, nel vero senso della parola, a trascorrere più tempo con le persone e non con la tecnologia.
Saremo tutti un po’ più ricchi.
Michele Albanese
Direttore Generale, Banca Monte Pruno