E’ vero i “grandi”quando vengono chiamati rispondono sempre e con la loro vita e le loro opere ci soccorrono e ci sostengono, ma in questa “polemica” che vede al centro la statua della “Spigolatrice di Sapri”, invocarli e spesso da chi“ne ultra crepidam” dovrebbe tenersi, come ho letto in questi giorni, a iosa e sempre troppo scontatamente scomodando ora i soliti nudi di Michelangelo ora le troppo popolari Madonne di Caravaggio o ancora la sottile sensualità del Bernini con la troppo abusata “trasgressione” di Oscar Wilde, per giustificare invece un “accidente” che non ha nulla a che vedere con l “Arte” ma “palesemente” e solo e solamente per avere una “statua” fallito il bersaglio che le era stato assegnato, mi sembra davvero troppo e poco rispettoso della stessa grandezza dei nostri grandi maestri. In questa polemica infatti, io credo, nulla c’entra l’arte nè io voglio, non ne avrei le armi, entrare nel merito della “antica ed annosa” questione estetica, chè come ebbe a scrivere il nostro maestro eponimo,“noi altri pittori ci prediamo la licenza che si prendono i poeti e i matti”e quindi nessuna intenzione di “tarpare” le ali a chissà quale grande artista né di sindacare sull’arte, ma qui,e mi permetto di insistere, gentile lettore e cittadino, non di Arte si parla ma solo e solamente di una statua, ripeto, che non ha corrisposto ad un ben precisa “commissione” !
E poiché, come della sua amata terra il poeta friuliano, anch’io del mio ”Cilento beato di fiumi e di roggi che i desideri del cielo immacolato conosci” canto e della sua antica e nobile storia mi sento il figlio fortunato, ho sentito il dovere di raccogliere questa polemica e, per quanto è possibile, di portarle il mio piccolo contributo. Ed, a“dispitto” condividendo la trappola, come già tanti hanno fatto, anch’io proverò e sperando di non portare “nottole ad Atene”,con cuore aperto, mi accingo alla prova e chiamo in campo il grande maestro Paolo Veronese.
Non prima però, al di là di ogni valutazione estetica, che non mi compete, ognuno legga pure quel che più gli aggrada, di fare chiarezza ricordando che la“statua” è stata “commissionata” e pagata con danaro pubblico dal consiglio comunale Sapri e che nel farlo, la titolazione di “Spigolatrice di Sapri” fuga ogni dubbio, si attendeva da essa statua avrebbe dovuto celebrare e tramandare alle generazioni future il ricordo di un lontano, preciso, triste “avvenimento storico”,che accadde alla ridente cittadina di Sapri di vivere, al tempo di quando ancora il sogno di una Italia libera infiammava gli animi:“eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti”ed a frotte in coorte stretti sotto il pugno del tiranno, cadevano i nostri padri, e che …la “statua” mancando il bersaglio, ha decisamente … fallito! E quindi tornando alla polemica ed a coloro che“amando la contesa, combattono senza requie contro la verità” insistono sostenendo che la titolazione è quella giusta, mi permetto i ricordare quello che“in questione dello stesso accidente” accadde, già, tanto tempo fa, al nostro maestro eponimo di … quando incaricato dai frati del convento dei santi Giovanni e Paolo di Venezia, in sostituzione di un precedente dipinto di Tiziano distrutto dal fuoco, di dipingere, leggi pure, lettore di scolpire, nel ricordo della santissima Eucaristia che dei sette sacramenti della chiesa è il più alto ed il più solenne, l’ “Ultima Cena” di Gesù. Incarico, come il maestro stesso scriverà, che accetterà “spinto più dal desio della gloria che dell’utile” e che, senza tradirsi, il maestro realizzò con il suo usuale stile festoso e mondano ambientando, ed è qui il punto,lettore, quella “Ultima Cena”di Gesù che nell’annuncio della sua “Passione” avrebbe dovuto celebrare l’eucarestia, in un ricco e sontuoso palazzo del cinquecento dove tra colonne, capitelli e stucchi con Gesù ed i suoi discepoli riuniti intorno ad un tavolo, tra camerieri e uomini vaganti spuntavano cani,pappagalli, uomini ebbri, giullari, nani, e ballerini e persino ragazzini di colore. Apriti cielo! Quando il dipinto venne presentato, siamo nel sedicesimo secolo e mentre ancora ardevano i roghi da poco si era concluso il Concilio di Trento, immaginate, lettori, quale fu la reazione e lo smarrimento di quei poveri frati che chiamati, nel raccoglimento del loro frugale pasto, l’opera era infatti destinata al refettorio del convento, a pregare davanti quel dipinto, si trovarono invece una “Ultima Cena” che oltremodo lussuosa e gaudente più che alla preghiera sembrava invitare alla gioia ed al divertimento. E fu fatale che davanti a quella cena decisamente mondana ed“epicurea” gridare da parte di tutti allo“scandalo” e da parte di tutti chiedere con forza che l’opera venisse data alle fiamme e con “ignominia” bruciata sulla pubblica piazza!
Come, in verità, una così festosa “Cena epicurea”,leggi pure ora,lettore, la nostra statua, coronata ancora più da quella tipica atmosfera “coloristica” che fu la gloria del nostro maestro, avrebbe potuto mai celebrare un ricordo così solenne eppure doloroso? E come quella cena così chiassosa, ricca e gaudente aveva potuto tradire così tanto lo spirito dell’attesa e quella“sorella povertà” che dalla testimonianza del nostro stesso maestro non poteva permettersi nemmeno di pagare l’opera? Come aveva potuto? E fu così che i frati, con il priore in testa, per avere il maestro fallito ed “offeso” il bersaglio lo denunciarono al Tribunale dell’Inquisizione per “oltraggio e blasfemia” e, come era legge in quel tempo, subì un processo. Il processo ci fu ed il tribunale, riconoscendo che l’opera eseguita, leggi pure, lettore, la nostra statua, non rispondeva assolutamente alle aspettative dei frati committenti ma che “palesemente” e “parcite nobis” il senso comune, quella “cena” non certamente rappresentava l’ultima cena di Gesù, decretò, forse deludendo chi a quei lontani tribunali assegnava l’oscurantismo assoluto, che l’opera del maestro Paolo Veronese sarebbe rimasta e non bruciata ed e
E’ vero i “grandi”quando vengono chiamati rispondono sempre e con la loro vita e le loro opere ci soccorrono e ci sostengono, ma in questa “polemica” che vede al centro la statua della “Spigolatrice di Sapri”, invocarli e spesso da chi“ne ultra crepidam” dovrebbe tenersi, come ho letto in questi giorni, a iosa e sempre troppo scontatamente scomodando ora i soliti nudi di Michelangelo ora le troppo popolari Madonne di Caravaggio o ancora la sottile sensualità del Bernini con la troppo abusata “trasgressione” di Oscar Wilde, per giustificare invece un “accidente” che non ha nulla a che vedere con l “Arte” ma “palesemente” e solo e solamente per avere una “statua” fallito il bersaglio che le era stato assegnato, mi sembra davvero troppo e poco rispettoso della stessa grandezza dei nostri grandi maestri. In questa polemica infatti, io credo, nulla c’entra l’arte nè io voglio, non ne avrei le armi, entrare nel merito della “antica ed annosa” questione estetica, chè come ebbe a scrivere il nostro maestro eponimo,“noi altri pittori ci prediamo la licenza che si prendono i poeti e i matti”e quindi nessuna intenzione di “tarpare” le ali a chissà quale grande artista né di sindacare sull’arte, ma qui,e mi permetto di insistere, gentile lettore e cittadino, non di Arte si parla ma solo e solamente di una statua, ripeto, che non ha corrisposto ad un ben precisa “commissione” !
E poiché, come della sua amata terra il poeta friuliano, anch’io del mio ”Cilento beato di fiumi e di roggi che i desideri del cielo immacolato conosci” canto e della sua antica e nobile storia mi sento il figlio fortunato, ho sentito il dovere di raccogliere questa polemica e, per quanto è possibile, di portarle il mio piccolo contributo. Ed, a“dispitto” condividendo la trappola, come già tanti hanno fatto, anch’io proverò e sperando di non portare “nottole ad Atene”,con cuore aperto, mi accingo alla prova e chiamo in campo il grande maestro Paolo Veronese.
Non prima però, al di là di ogni valutazione estetica, che non mi compete, ognuno legga pure quel che più gli aggrada, di fare chiarezza ricordando che la“statua” è stata “commissionata” e pagata con danaro pubblico dal consiglio comunale Sapri e che nel farlo, la titolazione di “Spigolatrice di Sapri” fuga ogni dubbio, si attendeva da essa statua avrebbe dovuto celebrare e tramandare alle generazioni future il ricordo di un lontano, preciso, triste “avvenimento storico”,che accadde alla ridente cittadina di Sapri di vivere, al tempo di quando ancora il sogno di una Italia libera infiammava gli animi:“eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti”ed a frotte in coorte stretti sotto il pugno del tiranno, cadevano i nostri padri, e che …la “statua” mancando il bersaglio, ha decisamente … fallito! E quindi tornando alla polemica ed a coloro che“amando la contesa, combattono senza requie contro la verità” insistono sostenendo che la titolazione è quella giusta, mi permetto i ricordare quello che“in questione dello stesso accidente” accadde, già, tanto tempo fa, al nostro maestro eponimo di … quando incaricato dai frati del convento dei santi Giovanni e Paolo di Venezia, in sostituzione di un precedente dipinto di Tiziano distrutto dal fuoco, di dipingere, leggi pure, lettore di scolpire, nel ricordo della santissima Eucaristia che dei sette sacramenti della chiesa è il più alto ed il più solenne, l’ “Ultima Cena” di Gesù. Incarico, come il maestro stesso scriverà, che accetterà “spinto più dal desio della gloria che dell’utile” e che, senza tradirsi, il maestro realizzò con il suo usuale stile festoso e mondano ambientando, ed è qui il punto,lettore, quella “Ultima Cena”di Gesù che nell’annuncio della sua “Passione” avrebbe dovuto celebrare l’eucarestia, in un ricco e sontuoso palazzo del cinquecento dove tra colonne, capitelli e stucchi con Gesù ed i suoi discepoli riuniti intorno ad un tavolo, tra camerieri e uomini vaganti spuntavano cani,pappagalli, uomini ebbri, giullari, nani, e ballerini e persino ragazzini di colore. Apriti cielo! Quando il dipinto venne presentato, siamo nel sedicesimo secolo e mentre ancora ardevano i roghi da poco si era concluso il Concilio di Trento, immaginate, lettori, quale fu la reazione e lo smarrimento di quei poveri frati che chiamati, nel raccoglimento del loro frugale pasto, l’opera era infatti destinata al refettorio del convento, a pregare davanti quel dipinto, si trovarono invece una “Ultima Cena” che oltremodo lussuosa e gaudente più che alla preghiera sembrava invitare alla gioia ed al divertimento. E fu fatale che davanti a quella cena decisamente mondana ed“epicurea” gridare da parte di tutti allo“scandalo” e da parte di tutti chiedere con forza che l’opera venisse data alle fiamme e con “ignominia” bruciata sulla pubblica piazza!
Come, in verità, una così festosa “Cena epicurea”,leggi pure ora,lettore, la nostra statua, coronata ancora più da quella tipica atmosfera “coloristica” che fu la gloria del nostro maestro, avrebbe potuto mai celebrare un ricordo così solenne eppure doloroso? E come quella cena così chiassosa, ricca e gaudente aveva potuto tradire così tanto lo spirito dell’attesa e quella“sorella povertà” che dalla testimonianza del nostro stesso maestro non poteva permettersi nemmeno di pagare l’opera? Come aveva potuto? E fu così che i frati, con il priore in testa, per avere il maestro fallito ed “offeso” il bersaglio lo denunciarono al Tribunale dell’Inquisizione per “oltraggio e blasfemia” e, come era legge in quel tempo, subì un processo. Il processo ci fu ed il tribunale, riconoscendo che l’opera eseguita, leggi pure, lettore, la nostra statua, non rispondeva assolutamente alle aspettative dei frati committenti ma che “palesemente” e “parcite nobis” il senso comune, quella “cena” non certamente rappresentava l’ultima cena di Gesù, decretò, forse deludendo chi a quei lontani tribunali assegnava l’oscurantismo assoluto, che l’opera del maestro Paolo Veronese sarebbe rimasta e non bruciata ed esposta nel luogo a cui era stata destinata, non più …“Ultima Cena” del Signore si sarebbe titolata ma “Cena in casa di Levi” ovvero di quel tal esattore di nome Levi che per festeggiare la chiamata di Gesù organizzò nel suo palazzo una sontuosissima festa, cosa che … il grande maestro Veronese accettò … mettendo per sempre fine alla“vexata quaestio”!
Questo,Spigolatrice di Sapri, nel settembre che si spoglia… il fiore che ti porto!
Chiuso nelle prime ore pomeridiane del giorno di Giovedì 30 settembre dell’anno del Signore 2021
P.S.
Il dipinto del Veronese, ancora oggi titolato“Cena in casa di Levi”, per alterne vicende ed a gloria della città di Venezia, si trova attualmente esposto nelle Gallerie dell’Accademia, dove, dopo tanti secoli, continua ancora, con la sua grande “maraviglia”,a stupire ed affascinare le tante e tante migliaia di visitatori che vanno ancora a visitarlo!
sposta nel luogo a cui era stata destinata, non più …“Ultima Cena” del Signore si sarebbe titolata ma “Cena in casa di Levi” ovvero di quel tal esattore di nome Levi che per festeggiare la chiamata di Gesù organizzò nel suo palazzo una sontuosissima festa, cosa che … il grande maestro Veronese accettò … mettendo per sempre fine alla“vexata quaestio”!
Questo,Spigolatrice di Sapri, nel settembre che si spoglia… il fiore che ti porto!
Chiuso nelle prime ore pomeridiane del giorno di Giovedì 30 settembre dell’anno del Signore 2021
P.S.
Il dipinto del Veronese, ancora oggi titolato“Cena in casa di Levi”, per alterne vicende ed a gloria della città di Venezia, si trova attualmente esposto nelle Gallerie dell’Accademia, dove, dopo tanti secoli, continua ancora, con la sua grande “maraviglia”,a stupire ed affascinare le tante e tante migliaia di visitatori che vanno ancora a visitarlo!