Quando si diffuse la notizia che il Cav. Francesco Palumbo, già sindaco di Giungano, si sarebbe candidato a sindaco di Capaccio Paestum, molti restarono titubanti e increduli; in tanti lo derisero, alcuni lo invitarono, con sbrigativa arroganza, a starsene a casa propria, altri lo apostrofarono con malcelata insofferenza come “straniero”, “usurpatore” e lo irrisero con superiorità ostentata, ma ci fu anche chi gli credette e cominciò seriamente a preoccuparsi. Io lo incoraggiai per stima ed amicizia che sapevano e sanno di antico e per solidarietà di “straniero” essendo nato anch’io nel paese più periferico della Kora Pestana. E quella candidatura la difesi con motivata convinzione e con il rispetto che si deve per un diritto sancito dalla Costituzione Repubblicana. Gli dissi che aveva quanto meno tre buoni motivi per farlo: 1) aveva amministrato con competenza, affidabilità e concretezza operativa per tre mandati consecutivi la nativa Giungano, trasformandola in un gioiello di vivibilità, recuperandone pagine di storia e di tradizione prestigiose e creando dal nulla un mini polo di sviluppo industriale, dando vita ed occupazione alla frazione di San Giuseppe, assurta in breve a modello da apprezzare ed imitare; 2) aveva acceso i riflettori dell’interesse sulla figura di Spartaco, morto, secondo una leggenda popolare, riportata anche da qualche storico di spessore, nella battaglia nella gola di Tremonti nell’ultima battaglia contro Crasso, console romano, trasformando così il piccolo paese del Cilento a margine di pianura in simbolo della libertà degli schiavi contro la violenta arroganza dei potenti. E nel nome di Spartaco sognammo ed ipotizzammo insieme “strada” e “parco della libertà”; 3) aveva ipotizzato e progettato “Il patto del fiume (Solofrone)” coinvolgendone la partecipazione attiva di tutti i sindaci del territorio del bacino e dei suoi affluenti per una progettualità di comprensorio che ne valorizzasse tutte le attività: agricoltura, zootecnia, artigianato e turismo. C’erano tutte le condizioni che un politico dotato di intraprendenza, lungimiranza, operatività potesse mettere a servizio di una comunità più vasta e prestigiosa le sue capacità di amministratore fattivo e generoso di impegno e di fantasiosa e creativa operosità. Per quello che potevo e valevo sponsorizzai quella candidatura. E, a tal proposito recupero qui di seguito parte di un articolo che pubblicai in proposito:
“Poseidonia/Paestum fu una città bella e prosperosa della Magna Grecia, punto di approdo e snodo di civiltà, di traffici e commerci lungo le rotte del Mediterraneo con penetrazione verso l’interno ad animare il teatro della grande storia dell’antichità dal Tirreno allo Ionio. La resero grande non solo i poseidoniati/pestani, che la popolarono di templi, fori, teatri, case e terme all’interno del recinto delle mura ciclopiche, che ancora oggi stupiscono per maestosità e possanza, ma anche quelli, forse più numerosi, che svolgevano attività produttive nelle “villae” extraurbane, che dalla pianura trasmigravano ai territori di collina e di montagna. Ne sono testimonianza i reperti archeologici in territorio di Roccadaspide, Albanella ed Altavilla, come i “castra” nei comuni di Giungano (Convignenti), Cicerale (Corbella) ed il passo di Finocchito, che ricorda il collegamento Paestum/Velia, via terra, lungo l’Alento allora navigabile nella parte finale del suo corso. È storicamente accertato, poi, che da Trentinara partiva l’acquedotto per la città. Questo a dimostrazione che nel mondo antico “città metropolitana”, diremmo oggi, e territorio circostante, “kora”, furono un “unicum” politicamente e, conseguentemente, economicamente.
E, dai tempi antichi ai moderni, colline e montagne, che dalla pianura s’inarcano al cielo, hanno dato il loro contributo di lavoro e di sudori, legando i destini dei paesi della kora a quelli della città antica. L’ultimo straordinario esempio, quello dell’occupazione delle terre, fu certamente rivolta coraggiosa e consapevole del popolo di Capaccio ma anche di quello del circondario; e con un solo evento terremotò coscienze e geopolitica con una trasformazione epocale che neppure tutti i secoli precedenti messi insieme avevano prodotto. Il meticciato/ibridazione della Riforma Agraria con la ramificazione dei “poderisti” di prima, seconda ed ormai terza generazione ne è una testimonianza vivente. Ce n’è abbastanza perché non solo gli intellettuali giramondo come me possano rivendicare l’orgoglio di identità e di appartenenza al territorio, proclamandosi a pieno titolo, cittadini, anzi, “cives”, avrebbero detto i romani, pestani, nella pienezza dei loro diritti e dei loro doveri e debbano essere pensosi ed interessati su quanto succede in vista delle prossime elezioni a Capaccio/Paestum.
Io non so se il sindaco di Giungano, Franco Palumbo, scrivevo allora, abbia effettivamente intenzione di candidarsi alle prossime competizioni elettorali di Capaccio Paestum. Ma se fosse vero non mi stupirei più di tanto. Il suo è un diritto, innanzitutto perché innervato nella storia del territorio. E poi è un cittadino italiano e come tale può esercitare il suo diritto elettorale passivo in tutto il territorio nazionale. Glielo riconosce la legge. Senza contare che Paestum è una “città/mondo”, riconosciuta patrimonio dell’umanità e sul suo passato, sul suo presente e, soprattutto, sul suo futuro tutti ci possono mettere bocca. Andiamo, inoltre, speditamente verso una riorganizzazione delle istituzioni locali con un accorpamento che ottimizzi le risorse, umane ed economiche, e renda più efficienti i servizi. Sono questi dei buoni motivi per salutare positivamente la disponibilità all’impegno anche di quelli che non possono vantare l’identità di nascita nel comune di Capaccio.
Mi stupisce perciò la reazione dei tanti che irridono, e tentano di minimizzare l’intenzione del Cav. Francesco Palumbo, con l’intento fin troppo scoperto di bloccarla sul nascere.
È un atto che sa di arroganza che non mi è piaciuto e che condanno. Anzi, avessi qualche decennio in meno, mi spingerebbe ad essere della partita in nome di Paestum/città mondo, appunto, non fosse altro che per ricordare e testimoniare a me stesso, innanzitutto, che la democrazia è dialogo, collaborazione e tolleranza. Anche per questo mi riprometto di fare, nelle prossime settimane, un viaggio nei paesi della “kora pestana”, per evidenziare il reciproco rapporto di dare e avere con la “città dissepolta” e contribuire, così, a creare un clima di feconda sinergia, nella consapevolezza che “LA BATTAGLIA DEL FUTURO SI VINCE SE UNITI SI PERDE SE LITIGIOSI E DISGREGATI” e che storicamente il rapporto tra Capaccio/Paestum ed il territorio dei paesi della “kora” è stato sempre ben saldo e che tale deve restare, anzi consolidarsi di più. Diversamente non c’è futuro fecondo e prospero certamente non solo per i paesi della cinta di collina e di montagna, ma neppure per Capaccio e la sua pianura”.
Francesco Palumbo non si lasciò intimorire più di tanto anzi si motivò ancora di più ed ufficializzò la sua candidatura. Ha fatto la sua campagna elettorale con generosità, ha scatenato entusiasmo in tutte le contrade che ha girato in lungo e in largo a più riprese. Ha portato una ventata di novità, ha svegliato le coscienze, usando il linguaggio semplice ed efficace delle proposte ed ha prefigurato più possibilità di lavoro e quindi di benessere per tutti. Il popolo gli ha creduto, ha apprezzato la novità di portata rivoluzionaria. E da ieri Palumbo è ufficialmente in gara per il ballottaggio, confrontandosi sui progetti e sulle proposte con correttezza, battendosi con forza per vincere la battaglia. Spero che, dopo la consacrazione del verdetto popolare, nessuno abbia più il pessimo gusto di considerarlo uno straniero in patria. Potrebbe ritorcersi contro come pericoloso boomerang.