Nei giorni dell’ira comunale, provinciale e regionale quando all’unanimità dei consensi istituzionali ( ahimè l’unanimità!) una legge della Regione Campania cambiava il nome del comune di Capaccio in quello di Capaccio Paestum e con il nuovo nome veniva, il sacro nome della madre Paestum, “ridotto” ad una misera appendice toponomastica, nessuno si levò e nessuna voce osò contro quel “crimine culturale” alzare il suo grido solo … uno sprovveduto “Farinata” di provincia si provò ma la sua penna era senza voce e invano gridò al vento la sua condanna chè tutto era già deciso e a nulla valsero le tante peregrinazioni “ In difesa di Capaccio e per amore di Paestum” verso la Prima Commissione Permanente Affari Istituzionali della Regione Campania e i tanti appelli lanciati prima alle istituzioni che per statuto hanno l’alto dovere morale di custodire, preservare e tutelare con la storia i nomi e le identità dei popoli e poi quella “intellighenzia” nazionale e mondiale che pure vive gridando il santo nome di Paestum al mondo chè nessuno raccolse e nessuno si levò in difesa della madre Paestum, tanto che quando poi i barbari calarono e con le armi della democrazia unanime attaccarono ed espugnarono la città saccheggiandola del suo nome, tutti, se non plaudirono, zittirono e con il loro silenzio – assenso condannarono alla gogna di una misera attesa campanilistica, il sacro nome di Paestum!
Invano in quei giorni ed oggi passaro per la sua bellezza e la magnificenza dei suoi templi i nuovi e vecchi direttori e i tanti Sgarbi, Benito Oliva o Dorfless che pur facendo altisonanti concerti di solenni lodi dimenticarono quel sacro nome e inesorabile anche per loro da Napoli si abbattè spietata la mannaia e cadde con il nobile nome di Capaccio sotto i feroci colpi del mostro Leviatano il sacro nome di Paestum consegnando noi “che pure tenemmo radici greche” alla storia ed all’umanità tutta forse uno dei “crimini” più feroci che un figlio possa mai ardire di commettere contro il Padre : cancellarne ( e per legge!) il Nome perché non rimanga di lui nessuna traccia!
Invano in quei gironi ci appellammo speranzosi alla romana sezione dell’UNESCO – Paestum è patrimonio mondiale dell’umanità – che altrettanto come le altre istituzioni fummo delusi chè più di ogni altra questa di Roma ci sdegnò e come già Virgilio al suo divin poeta, in silenzio comandò: “Non ragioniam di loro, ma guarda e passa”).
Un crimine arcaico una novella, neapolitana “damnatio memoriae” che pensavamo sepolta nei recessi di una storia lontana di quando era ancora la barbarie governare il mondo e feroci faceva i“vincitori” contro i“vinti” che uccisi e fatti scempio dei loro corpi selvaggiamente con il ferro ed il fuoco ne distruggevano poi la città cancellandone con il sale per sempre il Nome !
Disperatamente in quei giorni e inutilmente si cercò tra le maglie della nuova legge un varco chè tutto era stato ben calcolato e sbarrato e a nulla poterono neanche le “fameliche Erinni” che venute “da Sparta, al seguito di Eschilo” a reclamare quel nome solo lo trovarono e abbandonato insieme alla città distrutta che fuggita dai suoi stessi “dei” legislatori, sola piangeva lamentando il suo triste destino quando d’improvviso alto si levò un canto, proveniva dalla parte più rimota della città ed era il canto solitario e triste di un vecchio poeta cieco che rimasto orfano del suo Nome così piangeva nella notte “nerovestita” il suo lamento: “Dimenticarono mescolati com’erano/ ai Tirreni,ai Latini e a tutte le altre genti/ i Poseidonati con la loro lingua il loro nome ./ Della antica grandezza non rimaneva/ altro che una festa: lire,flauti,lotte,/corone,libagioni e alla fine/ (abitudine di pochi!)/ si riunivano in qualche luogo e lì piangendo/ sugli usi aviti,
ricordavano,/chiamandosi alla maniera greca e tutta per ogni/
nella melanconia si consumava la loro festa,/chè un tempo anche loro furono Greci,/ favorevoli,alla sorte dell’Italia./
Come abbiamo potuto mai decadere,/ vivere e parlare barbaro?/
Com’è potuto mai succedere ?/ A noi che pure sfortunati tenemmo radici greche?” ( Costantinos Kavafis – traduzione di E. Kakurou e G. Ricco)
Steso nelle ore pomeridiane di sabato 26 agosto dell’anno 2017