La scuola si mobilita, ha scioperato il 30 maggio e minaccia la sospensione dei prossimi scrutini
La scuola, nella fase conclusiva dell’anno scolastico, il 30 maggio, si è mobilitata in massa a causa della mancata risposta del Ministero dell’Istruzione alle richieste di modifica del decreto contenente lariforma del reclutamento dei docenti. I Sindacati: “La rigidità del ministero rispetto alle questioni sollevate non ha lasciato margini, per questo abbiamo deciso di avviare un percorso di forte protesta, con diverse forme di mobilitazione, non escluso lo sciopero degli scrutini, e di informazione capillare del personale della scuola”. Sindacati, docenti e personale ATA, a grande e larga voce, non si ritengono soddisfatti. Il Decreto-Legge 36 del 30 aprile scorso, dichiara l’ANIEF, non risolve un ben nulla. Il Ministro, comunque, ha dichiarato la sua incomprensione circa le doglianze. “Voglio ribadire che questo governo ha sempre investito sulla scuola fin dal suo insediamento e sta continuando a farlo”. Il DEF conferma che nei prossimi anni la spesa per la scuola si ridurrà dello 0,5%-0,6% rispetto al Prodotto interno lordo.
La scuola, nella fase conclusiva dell’anno scolastico, il 30 maggio, si è mobilitata in massa a causa della mancata risposta del Ministero dell’Istruzione alle richieste di modifica del decreto contenente la riforma del reclutamento dei docenti. Sindacati, docenti e personale ATA a grande e larga voce non si ritengono soddisfatti. Per l’intera giornata del 30 maggio 2022, sono state proclamate diverse azioni di sciopero: Flc Cgil, Fed.Cisl Fsur, Fed Uil scuola rua, Snals Confsal, Gilda Unams: tutto il personale docente, ata ed educativo; Sisa – Sindacato Indipendente scuola e ambiente: tutto il personale docente, dirigente ed ata, di ruolo e precario; Anief: personale docente, ata ed educativo a tempo indeterminato e determinato; – Flp scuola: tutto il personale docente, ata ed educativo. Sembra che il testo di riforma contenga una serie di criticità inaccettabili. I Sindacati e i protagonisti del mondo della scuola chiedono lo stralcio completo delle disposizioni di legge che incidono sulla libera contrattazione; l’individuazione di risorse finanziarie adeguate a procedere al rinnovo contrattuale; la stabilizzazione del personale precario che viene enormemente penalizzato dalle nuove regole. La contestazione potrebbe avere, comunque, ripercussioni anche sullo svolgimento degli scrutini. “La rigidità del ministero rispetto alle questioni sollevate non ha lasciato margini, per questo abbiamo deciso di avviare un percorso di forte protesta, con diverse forme di mobilitazione, non escluso lo sciopero degli scrutini, e di informazione capillare del personale della scuola”. Questa la dichiarazione di Francesco Sinopoli, Ivana Barbacci, Pino Turi, Elvira Serafini, Rino Di Meglio. Fra questi anche ANIEF ha fatto la voce grossa: “Il Decreto-Legge 30 aprile 2022, n. 36, pone gravissime questioni di metodo e di merito rispetto alle modalità adottate e ai contenuti proposti in tema di formazione iniziale e continua, reclutamento e valorizzazione del personale docente”. Dal fondo per laCarta del Docente, fra le tante cose, in sostanza, si vuole ricavare l’utile per la copertura finanziaria dell’erogazione della formazione che sarà garantita, a partire dal 2028. La scuola è una cosa grossa e quando decide fa rumore. In Italia ben otto milioni di alunni e studenti sono iscritti ad un corso d’istruzione, interagiscono in 8.300 istituzioni scolastiche ed educative. ANIEF, con gli altri sindacati, ha attuato una significativa protesta. Ha fatto sentire, in coro, il grosso no alla parte del Decreto Legge n 36 collegato al Pnrr, che introduce modalità di reclutamento e formazione a vantaggio di pochi, e ad un contratto di categoria scaduto da 40 mesi senza segnali di svolta da parte del Governo e dell’amministrazione. I precari, sostiene ANIEF, non hanno avuto alcuna considerazione all’interno della riforma approvata dal CdM ad aprile ed ora esaminata dalla prima Commissione del Senato – Affari Costituzionali, congiuntamente alla settima (Istruzione pubblica beni culturali) a cui è stato assegnato l’esame del testo, prima dell’approdo in Aula, e valutare se introdurre gli emendamenti migliorativi.
Alla vigilia della contestazione di massa ebbe a precisare Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Se tutto il fronte sindacale si ritrova a scioperare e a manifestare contro l’operato del Governo da parte delle istituzioni e di chi gestisce le sorti della scuola almeno qualche dubbio dovrà sorgere. Pensare che la riforma di un settore chiave del Paese, quale è la scuola e chi vi lavora, debba piegarsi totalmente al volere dell’Europa, per via dei fondi vincolati del Pnrr, non può essere una giustificazione valida per approvare il DL 36, almeno nella parte che riguarda l’Istruzione. Abbiamo esposto nei giorni scorsi le nostre ragioni durante le audizioni per spiegare i motivi del dissenso riguardo questioni di metodo e di merito sulla formazione iniziale e continua, reclutamento e valorizzazione del personale docente. Come non è possibile pensare di imporre ore aggiuntive di formazione che invece andrebbero pagate a tutti; come ci opponiamo al mancato rispetto per la libertà d’insegnamento, all’esclusione totale dal progetto di riforma del personale Ata, al rifiuto a stabilizzare i tanti docenti precari che svolgono almeno 24 mesi la professione attraverso quel doppio canale di reclutamento che oltre dieci anni fa fu introdotto in almeno due occasioni con notevole efficacia”. Diverse, dunque, le motivazioni alla base del largo dissenso. L’Associazione professionale e sindacale Anief, costituita da docenti e ricercatori in formazione, fondendo la sua voce e le sue ragioni agli altri sindacalisti e protagonisti del mondo scuola, chiarisce i motivi dello sciopero: “Il Decreto-Legge 36 del 30 aprile scorso non risolve un ben nulla. Il sindacato ribadisce il suo no alla decisione di procedere all’accesso all’insegnamento instradato su un canale unico: quello concorsuale, che sia nella sua declinazione ordinaria come in quella straordinaria ha ampiamente dimostrato, negli ultimi dieci anni, di essere totalmente insufficiente al soddisfacimento del fabbisogno di docenti. Fabbisogno cui tuttavia si continua a far fronte attraverso il ricorso reiterato a contratti a tempo determinato, in violazione della normativa dell’Unione Europea in tema di precariato che già ha comportato per lo Stato italiano l’apertura di numerose procedure di infrazione e condanne innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Rimane totalmente inascoltata la richiesta dell’ANIEF di rilancio del doppio canale di reclutamento, attraverso l’affiancamento ai concorsi di un percorso di stabilizzazione tramite graduatorie per titoli e servizi, che garantisca comunque i necessari livelli di qualificazione professionale attraverso corsi abilitanti (a carico del Ministero) da svolgere nell’anno di formazione e prova. Il D.L. 36/2022, inoltre, complica e dilata modi e tempi dell’accesso ai ruoli del personale docente attraverso un complesso sistema in cui al superamento del concorso non fa più seguito, per coloro che vi accedono senza l’intero bagaglio di 60 CFU, l’immissione in ruolo diretta, bensì un ulteriore anno di servizio a tempo determinato (!) durante il quale acquisire i 30 CFU previsti, seguito da un anno di formazione e prova che prevede oltre alla valutazione conclusiva ma anche un test finale. Per di più, il D.L. 36/2022 interviene anche sul tema della formazione in servizio del personale docente e della valutazione, prevedendo un meccanismo di incentivazione economica sul quale il ruolo della contrattazione viene relegato alla mera definizione del carico orario aggiuntivo e dei criteri di incentivazione. Inoltre, in prima applicazione e nelle more dell’adeguamento contrattuale, si prevede di assegnare ai comitati di valutazione presso le scuole la determinazione dei criteri di riconoscimento dell’incentivazione salariale, escludendo il coinvolgimento della RSU d’istituto e limitando a priori al 40% dei richiedenti la platea massima dei beneficiari. Inoltre, la copertura finanziaria dell’erogazione della formazione viene garantita, a partire dal 2028, dal fondo per la Carta del docente introdotta dalla L. 107/2015. Come dire che le risorse per la formazione non aumentano ma vengono reperite, come purtroppo avviene da anni, attraverso una riallocazione di quelle già esistenti. Altro che investimenti sulla formazione! Il decreto prevede addirittura di finanziare i costi per gli incentivi alla formazione attraverso la riduzione complessiva dell’organico di diritto di 9.600 posti dall’anno scolastico 2026/27 al 2030/31, imboccando quindi la direzione diametralmente opposta a quella di aumento degli organici, propugnata da ANIEF per garantire la riduzione del numero di alunni per classi indispensabile per una didattica sicura ed efficace. Come risulta inaccettabile il fatto che sempre dallo stesso fondo per la Carta del docente, che secondo la Corte di Giustizia europea vadata anche ai docenti precari, si attinga, dal 2027, per la copertura delle spese di funzionamento dell’istituenda Scuola dl alta formazione dell’istruzione, ente sulla cui reale utilità ANIEF avanza forti dubbi. Durante lo sciopero, indetto in conformità e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa sullo sciopero dei servizi pubblici essenziali, la legge 146/90 e l’Accordo Nazionale del 2 dicembre 2020 verranno garantite le prestazioni indispensabili come previsto dall’art. 2 di quest’ultimo. Riuscita la manifestazione contro la line del Ministro Bianchi. Se non basta, ha affermato Pacifico, andremo avanti, non ci fermeremo. Poi ha aggiunto: “Il Governo sulla scuola ha pensato bene di fare tutto e subito ma in solitudine, solo che sta facendo soprattutto male con un peggioramento della qualità della didattica visto che molti docenti continueranno a mancare a settembre: il 30 maggio tanti lavoratori hanno compattamente contestato questo modo di procedere; se non basta andremo avanti, anche nei tribunali”. Il Ministro dell’Istruzione, considerato il momento delicato, il 30 maggio è rimasto a Roma, evitando di raggiungere Torino ove si teneva un Convegno dell’Associazione Nazionale Presidi. “Ho voluto essere a Roma e non a Torino con voi perché oggi è un momento delicato. E’ in corso, giustamente, un atto di espressione sindacale da parte dei docenti, che richiede che il ministro sia a Roma”. Il Ministro, comunque, non ha compreso i motivi delle doglianze. Le risorse, tutte, sono rimaste intatte. “Il governo ha scelto di non tagliare – ha precisato Bianchi dal 2021 al 2032 avremo un milione e 400 mila bambini in meno, che avrebbe potuto significare 130 mila insegnanti in meno, ma fino al 2026 (quando verranno tagliati circa 2.000 docenti l’anno per cinque anni ndr) il numero dei docenti rimarrà inalterato e tutte le risorse rimarranno nella scuola. Forse, ha aggiunto, il decreto legge 36 va letto meglio, la sua lettura credo sia stata affrettata. Col Pnrr arriveranno 17,5 miliardi nelle scuole: 10 miliardi in infrastrutture, 2 nel digitale e 5 per la qualità della didattica, 1,5 per intervenire sulle differenze territoriali. Una tale cifra per la scuola non si è mai vista(..) non c’è nessuna intenzione di smantellare la scuola pubblica, né di fare tagli: manteniamo tutte le risorse nella scuola”. Il Ministro ha poi fornito un chiarimento intorno al DL 36: “..è stato programmato un intervento importante per i precari: per la formazione di tutti sono necessari 60 crediti, per i precari ne sono previsti la metà, e a loro si permette di andare direttamente al concorso, che è previsto dalla Costituzione: possiamo migliorarne la formulazione, lo faremo, ma a loro è dato comunque un vantaggio straordinario”.
Con riferimento alla lamentata condizione stipendiale, non adeguatamente incrementata, nemmeno col nuovo contratto, ha detto: “la contrattazione per il rinnovo dei contratti dei docenti è partita: è previsto un intervento significativo per il comparto, sono stati aggiunti 300 milioni, magari non sufficienti per i sindacati. Noi abbiamo tre riforme da fare e il nocciolo è che il sistema deve essere basato sul concetto di autonomia, che è la capacità di costruire dal basso un sistema nazionale, non significa che ognuno deve andare per conto proprio. Bisognerebbe fare poi, ha proseguito Bianchi, una riflessione sull’organizzazione della scuola che prevede il ‘fine corsa’ a 14 e 18 anni e un obbligo a 16 anni”. Mentre Bianchi ha cercato di trovare la quadra, Maurizio Landini, segretario della Cgil, a Repubblica, ha dichiarato il suo convincimento circa le scelte sbagliate del governo e l’uso eccessivo dei decreti: “Lo sciopero di oggi non riguarda solo i lavoratori della scuola: il tema del diritto alla scuola deve diventare elemento centrale per il governo, ad oggi non è così e i provvedimenti presi sono sbagliati. Non si interviene per decreto su elementi che riguardano la contrattazione. Quando un governo approva un decreto lo fa per non discutere, è un grave errore e una riduzione della democrazia. I cambiamenti si devono fare con chi lavora nella scuola altrimenti è supponenza. Poi c’è un problema che riguarda l’aumento dei salari: è venuto il momento di aumentarli, partendo da una riforma fiscale. Questa giornata è importante e non riguarda solo la scuola, ma tutti i lavoratori che hanno i figli e vorrebbero un’istruzione sempre più adeguata. La scuola infatti è strategica, è il momento di potenziarla, abbiamo la dispersione scolastica più alta, meno laureati, grandissime diseguaglianze e c’è una diversità a seconda della famiglia in cui nasci”. Resta convinto Bianchi delle sue ragioni: “Rispetto le decisioni sindacali. Voglio ribadire però che questo governo ha sempre investito sulla scuola fin dal suo insediamento e sta continuando a farlo. (..) Il nuovo decreto, che fa parte del disegno riformatore previsto nel Pnrr, delinea regole chiare per chi vuole entrare nella scuola, compresi i precari, e un preciso percorso formativo per accedere all’insegnamento e durante tutta la vita lavorativa. Il DEF però lo contraria oggettivamente e senza alcun equivoco. Avrebbero ragione i sindacati, dunque, secondo il DEF (Documento Economia e Finanza). Il Documento conferma che nei prossimi anni la spesa per la scuola si ridurrà dello 0,5%-0,6% rispetto al Prodotto interno lordo. Se nel 2020 la spesa per l’istruzione è stata pari al 4% del totale, come sostiene anche “Tecnica della Scuola”, la proiezione per il 2025 è che scenderà al 3,5%, per poi mantenersi attorno al 3,4-3,5% negli anni successivi.
Emilio La Greca Romano