La scuola progettificio
È tempo che la scuola riassuma il suo primato. “Le scuole si stanno trasformando in un progettificio e ciò lo dico con preoccupazione”, così il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, Nicola Gratteri. “Progetti di ogni tipo scoordinati tra loro, scrive Garofalo, un docente, elargizioni di bonus, protagonismo esasperato, immobili fatiscenti e precari sul piano della sicurezza, aule sguarnite di supporti tecnologici per promuovere l’apprendimento cooperativo e incentivante l’inclusione, … e chi più ne ha più ne metta, rilevano l’identità di una scuola dal carattere compulsivo, in cui a farne le spese è la didattica, l’organizzazione e le conoscenze, e di conseguenza il sapere scientifico e tecnologico”. L’importanza della materia è oggi un prezioso valore da recuperare. Più che mai, a parte l’interesse economico di chi sistematicamente propina progetti nella scuola, bisognerebbe riscoprire nuovamente la disciplina e i suoi contenuti, garanzia di sicuro traguardo formativo.
Oggi le scuole, ahimè, impiegano meno i propri alunni nella effettiva azione didattica, minore è il loro coinvolgimento nella risoluzione dei problemi, minore l’impegno nella coniugazione dei verbi, minore il grado della loro conoscenza e assai mortificato è il loro dialogo interpersonale. È una triste realtà della scuola che predilige itinerari dispendiosi e di facciata, di esclusiva grande spettacolarità. È la scuola che, di fatto, sottrae la vera e onesta crescita culturale e civile dell’alunno, a garanzia del suo discutibile primato “aziendale”. Così scrive Francesco Garofalo, un docente in questa scuola mutata: “Dalla scuola progettificio e compulsiva, alla scuola delle idee e della ricerca. Si metta fine al dirigismo sfrenato e spettacolare delle istituzioni scolastiche e si ritorni alla sana didattica, mettendo seriamente al centro del tessuto scolastico l’alunno”, aggiungiamo, senza usarlo per altri scopi, come strumento per l’ostentazione della fasulla crescita di qualità. Sovente vengono propinati progetti che, con l’adozione del metodo copia incolla, si allontanano dalle autentiche necessità formative. Su questo aspetto manifesta pieno convincimento e scrive il prof. Garofalo: “L’esempio viene fornito dagli innumerevoli progetti proposti, attuati all’interno ed all’esterno delle aule che sovente, elaborati con il metodo copia e incolla, non si connettono con i nuovi e moderni bisogni formativi e innovativi reclamati dell’alunno digitale. E mentre la società cambia, rinnova metodi di produzione, amplia le sue vedute inclusive, la scuola indietreggia rincorrendo metodi e strategie che sul piano scientifico non sono collaudati e lasciano molto a desiderare”. Il Prof Garofalo continua: “Progetti di ogni tipo scoordinati tra loro, elargizioni di bonus, protagonismo esasperato, immobili fatiscenti e precari sul piano della sicurezza, aule sguarnite di supporti tecnologici per promuovere l’apprendimento cooperativo e incentivante l’inclusione, … e chi più ne ha più ne metta, rilevano l’identità di una scuola dal carattere compulsivo, in cui a farne le spese è la didattica, l’organizzazione e le conoscenze, e di conseguenza il sapere scientifico e tecnologico. A tutto ciò si sovrappone una burocrazia asfissiante che sollecita, sempre più, il docente a trascorrere parte del suo tempo prezioso a compilare inutili documenti, a confrontarsi con norme e leggi confusionarie e contraddittorie di difficile interpretazione. La figura del docente, cultore della propria materia, competente multidisciplinare e della ricerca, propugnatore delle libertà e delle conoscenze tecniche e scientifiche, si sta svuotando al cospetto di indicazioni che minano l’autonomia stessa dell’insegnamento, le proprie prerogative non solo professionali ma civili”. Ciò provoca, riteniamo, inevitabili scompensi sul piano psicologico comportamentale. viene incentivato lo stress e in tal modo non rende fertile terreno ai rapporti fra gli attori dell’azione educativa nel sistema scuola. Tale modello di scuola, asserisce l’autore della nota indirizzata a Orizzontescuola, “verrà travolto dagli eventi stessi, mettendo a repentaglio l’istituzione scolastica pubblica”. A ciò si arriverà specialmente se le proposte didattiche non verranno formulate in base ai continui cambiamenti in ogni specifico ambito disciplinare, se l’azione organizzativa resterà cosa esclusiva di un certo “dirigismo sfrenato” a discapito della “cooperazione culturale”, se alla base di tutto vi sarà l’esclusivo dominante bisogno di formare individui in serie e acritici, se il bene non sarà concepito come opportunità e ricchezza comune. È tempo, dunque, che la scuola riassuma il suo primato. “Le scuole si stanno trasformando in un progettificio e ciò lo dico con preoccupazione”, queste le parole incisive del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso del suo intervento, tenuto la scorsa estate, al Lido Cult di Camaiore, in occasione della presentazione del suo libro: “Fuori dai confini. La ‘ndrangheta nel mondo”. È preziosa l’azione educativa. Ne è convinto lo stesso Gratteri. È un efficace strumento di allontanamento dei giovani dalla malavita. Può agire con azioni preventivo educative per allontanare i giovani dalle droghe. Il punto di rilevanza, in questo contesto, sta nell’invito del Procuratore Gratteri a non trasformare le scuole in “progettifici”, questa tendenza è deleteria, può distorcere l’essenza dell’istruzione. Di ciò ne sono convinti tantissimi genitori. Si rileva anche dalla nota a Tecnicadellascuola: “E’ così, i programmi tradizionali, trasformati poi in linee programmatiche o indicazioni nazionali (tutto un po’ generalizzato e sfuocato), stanno sempre più per essere sovrastati o sostituiti da una invasione di progetti dalle più svariate nature: lo sport, l’ambiente, il patrimonio culturale, la cittadinanza, il rispetto del genere, l’educazione sessuale, l’educazione stradale, l’inclusione scolastica (ad ogni costo, anche eccessivo), le ansie giovanili, la violenza sulle donne (e sugli uomini), i flussi migratori, i viaggi per il mondo, le proposte continue di nuovi metodi di insegnamento, l’intelligenza artificiale, la dispersione scolastici il divario nord e sud, il lavoro, la sicurezza, la salute, l’alimentazione e molte altre ancora. Si potrebbe anche ricordare che in alcune di queste tematiche dovrebbero intervenire in modo corretto, in principio, i genitori, poi i media (i media gusti e sani), infine le Istituzioni non scolastiche. Comunque, anche ammettendo la bontà di tali opere o progetti formativi (non lo mettiamo in dubbio) portati avanti dalla scuola, dobbiamo, purtroppo prendere atto che la quantità “infinita” di tali iniziative, rischia, inevitabilmente, di attenuare e depotenziare i validi effetti e i buoni i frutti delle ‘normali’ materie di ogni corso scolastico, materie che ogni docente dovrebbe trattare con impegno e a cui dovrebbe dedicarsi con tutte le sue energie nella sua azione formativa ed educativa. Il prezzo da pagare, se si arrivasse ad una minore considerazione o emarginazione delle materie ‘cardine’, potrebbe essere alto, molto alto per tutti”. Deve restare predominante lo studio della disciplina a scuola. L’importanza della materia è oggi un prezioso valore da recuperare. Più che mai, a parte l’interesse economico di chi sistematicamente propina progetti nella scuola, bisognerebbe riscoprire nuovamente la disciplina e i suoi contenuti, garanzia di certo traguardo formativo. Strutture cognitive, modus operandi al dato reale, capacità, competenze offrirebbero agli studenti, ai nostri giovani, la capacità d’interagire in modo attivo e da protagonisti nella società. Ci siano pure i progetti, allora, intesi, però come sostegno alle materie previste in ogni corso di studi, non il contrario. Co sì scrive Andrea Ceriani. Questo sarebbe veramente esiziale per la scuola e la società. “Insomma, ogni materia è in grado, da punti di vista diversi, di arrivare a analizzare i vari problemi del presente e le sfide del futuro, proponendo anche valide soluzioni per superare i pericoli del domani e per coglierne anche le opportunità. Le materie, quindi, devono rappresentare il perno e il centro su cui basare l’azione educativa, informativa e formativa della scuola. Certo, a queste si possono aggiungere pochi e mirati progetti, senza però arrivare ad uno scambio dei ruoli o, peggio, a conferire ad un’ampia e variegata (quasi confusa) attività di progettazione il ‘comando’ del lavoro scolastico e la responsabilità di tracciarne il cammino, relegando, invece, le ‘materie’ a elementi non fondamentali, secondari o (che mai accada!) a superflui orpelli di abbellimento”. Purtroppo, oggi, nella scuola si assiste a un potere smisurato del dirigente scolastico. Questi soggetti hanno assunto un potere straordinario. Non sono più luoghi le scuole ove si pratica l’insegnamento disciplinare in via esclusiva e con modalità trasmissiva, ma sulla base di una specifica progettualità propinata fra tante, purché si tratti di un progetto ben pagato, utile a garantire benefici all’apprendimento dell’alunno, ma in special modo in termini economici ai dirigenti, ormai assolute guide di un sistema capitalistico e aziendalistico. Diciamola tutta, la legge 107/2015 ha permesso una radicate mutazione alla scuola, fino a perdere gran parte del fattore educativo, la dimensione di ambiente di educazione e formazione a garanzia dell’apprendimento e della interazione, della socializzazione fra alunni. Ciò cosa ha comportato e comporta? La scuola ha, in verità, sostituito il suo destinatario, l’alunno. L’alunno, punto centrale del sistema educativo-formativo, in essa, è divenuto nella verità dei fatti fattore secondario, se si pensa alla sua vera formazione e conoscenza, non quella facilmente resa spesso da certi risultati ufficiali. “Tutto questo, scrive Mario Bocola, perché le scuole si sono voltate al “Dio denaro” diventando delle vere e proprie fabbriche di progetti, spesso progetti inutili, poco attinenti agli standard che la scuola si prefigge che vengono prodotti in quantità industriale, fatti tutt’altro che per soddisfare le esigenze culturali e formative degli alunni, ma soltanto per fini utilitaristici, cioè che devono accrescere il prestigio dei Dirigenti in modo tale da spingere il Miur ad elargire quanto più soldi è possibile riconoscere quella scuola come all’avanguardia. La scuola all’avanguardia non la fanno i soldi, ma la fanno gli insegnanti qualificati che giornalmente lavorano sodo nelle aule e non quelli che fabbricano progetti a iosa per poi ricevere gli emolumenti, Se continuiamo così quale messaggio diamo alle nuove generazioni? Diamo solo il messaggio squallido che tutto è finalizzato ai soldi. Dunque, quali sono stati gli effetti della legge 107 del 2015?”