La scuola per una didattica attiva, partecipativa, cooperativa
Tali compiti vanno assolti in scuole che sono, sempre più, “sistemi sociali” complessi, luoghi vivi di relazioni ed esperienze che diventano apprendimenti grazie a una didattica attiva, fondata su metodi che coinvolgano insegnanti e allievi nell’avventura della conoscenza.
Il moto della scuola è peregrinante. La scuola è nel tempo che passa e muta la realtà dell’uomo. Sta nella dimensione temporale volgente coi suoi saldi principi, i fondamentali valori, la sua dottrina e le sue funzioni; è comunità che educa e forma. Nel tempo quindi l’istituzione scolastica è costretta a adeguarsi alle trasformazioni, ai cambiamenti del costume e della società. È chiamata a adottare quindi varie strategie per il perseguimento delle sue finalità. Si parla di didattica attiva allor quando s’intende praticare un riferimento all’approccio ispirato alla responsabilizzazione dell’alunno che agisce e interagisce all’interno delle dinamiche dell’apprendimento. È una didattica coinvolgente, partecipativa dell’alunno, sicuramente diversa rispetto alla lezione frontale, più capace di considerare la sua azione, il suo pensiero. Dove si vuole arrivare con la pratica di una lezione attiva? Il fine è quello di compiere in termini sperimentali, pragmatici dei contesti di apprendimento finalizzati alla integrazione delle conoscenze, più che a una somma o a una accumulazione delle stesse. Le conoscenze devono essere responsabili, creative, personali. Grazie a queste conoscenze si potrà consentire la crescita dell’alunno. Si otterrà così lo sviluppo del livello autonomo del giovane nella effettiva pratica della rielaborazione di contenuti e abilità assunte. In adesione alla didattica attiva in che modo un docente potrà aumentare attenzione e curiosità da parte dell’alunno? Interazioni dinamiche, animazioni, role-playing, attivazioni del corpo, cooperative learning. Questa la risposta. Sono differenti tecniche che permetteranno al docente di sollecitare diverse parti del cervello, garantendo altresì un significativo stimolo al sistema nervoso e riducendo i momenti in cui la sola parola monocorde produce pensieri fluttuanti e vaghi. Sarà utile, inoltre, l’uso di mappe e tecniche che provengono dalla psicologia sociale, dalla neurobiologia interpersonale e dalla pedagogia attiva. La funzione dell’insegnante, con questo procedere didattico, sarà di mediatore, di un soggetto capace di mettere in relazione due o più parti per la conclusione dell’affare didattico, in tal senso un vero e proprio facilitatore in campo formativo. L’educatore, a garanzia della crescita educativa degli allievi, farà, in questo caso, un passo indietro, L’insegnante interverrà laddove si presenterà il bisogno di reindirizzare l’alunno. Quest’ultimo assume sempre il ruolo da protagonista nel processo educativo. Il Documento “Ripensare la scuola nella società di oggi. Punti salienti per una vision innovativa, concreta e lungimirante”, della Società Italiana di Pedagogia, affronta questo aspetto e lo focalizza come uno dei punti indispensabili nel processo della formazione docente: Oggi la didattica scolastica ha urgenza di ripensare i saperi in funzione di fini istruttivi ed educativi insieme, fini che saldino conoscenze e competenze da far apprendere sullo sfondo di un “nuovo umanesimo” capace di tenere uniti i fronti della cultura contemporanea (letteratura e arte, scienza e tecnologia). Tali compiti vanno assolti in scuole che sono, sempre più, “sistemi sociali” complessi, luoghi vivi di relazioni ed esperienze che diventano apprendimenti grazie a una didattica attiva, fondata su metodi che coinvolgano insegnanti e allievi nell’avventura della conoscenza. Una didattica attiva ed efficace è formazione ai saperi essenziali e alle competenze che di essi si nutrono. E’ conoscenza di metodi personalizzati per far apprendere gli oggetti culturali (termine per indicare le materie o i contenuti da insegnare) in modo critico, significativo, autonomo. Entrambi questi aspetti, formazione ai saperi e alle competenze e conoscenza dei metodi, trovano sintesi nella mediazione didattica che è propria della funzione di insegnamento. Il problema della formazione scolastica è sempre un problema di contenuto e di metodo: di ciò che si insegna e di come lo si insegna. E di ideali: perché si sceglie di insegnare questo? Per quanto riguarda “il contenuto” occorre rilanciare con più incisività il modello del curricolo verticale, rivelatosi efficace soprattutto per affrontare il nesso curricolo e competenze, oggi quanto mai dibattuto nelle scuole. Una didattica delle competenze chiede un mutamento radicale nell’agire didattico degli insegnanti al fine di promuovere negli studenti formae mentis flessibili, critiche, capaci di far interagire problematicamente i saperi, di operare in situazione e in contesti di lavoro. In questa direzione, e per quanto riguarda “il metodo”, sempre più occorrerà dar spazio alle metodologie della laboratorialità, del cooperativismo, della transmedialità. Questo non significa negare il valore della “lezione classica” e dei suoi contenuti rispetto alla comunicazione didattica, bensì operare una sapiente contestualizzazione dei saperi in ambienti di apprendimento fortemente rinnovati nelle possibilità espressive da offrire alle ragazze e ai ragazzi. Tale contestualizzazione è necessaria poiché in sintonia col mutamento della disponibilità ad apprendere dei giovani contemporanei, abitanti mondi tecnologicamente avanzati e dotati di un pensiero multitasking, olistico più che analitico, caratterizzato da una fortissima tensione alla socialità e alla condivisione. Per questa generazione è necessario attrezzare aule scolastiche con dispositivi formativi capaci di stimolare la formulazione di ipotesi, l’apprendimento per scoperta, l’autoapprendimento, la simulazione, la costruzione di progetti e prodotti in équipe. Aule che siano ambienti tecnologicamente innovativi, rispondenti alla logica transmediale di cui questi “nuovi allievi” sono portatori e che li rende persone capaci di vivere in permanente connessione con quel mondo del quale la scuola rappresenta il contesto culturale e valoriale più importante”. In “La formazione partecipata” di Bodicchio e Viaggiano, si tratta di didattica partecipata. La didattica partecipata propone una netta rottura rispetto ai tradizionali criteri teorici e metodologici contenutistici ed auto-referenziali, restituendo centralità alle persone portatrici di bisogni e competenze insieme alle quali realizzare un processo di emancipazione. L’obiettivo del docente è di diventare “facilitatore” del processo di apprendimento ed essere in grado di promuovere consapevolezza nei processi e nelle pratiche di cambiamento. Vengono quindi messi al centro i processi di auto-apprendimento e apprendimento collaborativo/cooperativo tra formandi/docenti, valorizzando la corresponsabilità nella progettazione – realizzazione – valutazione delle attività formative (Bodicchio e Viaggiano, 2012). La coproduzione e condivisione di significati e pratiche produce apprendimento in un processo circolare e riflessivo e dandone consapevolezza in una logica di empowerment (trasferimento di potere). Dal punto di vista metodologico si tratta di definire criteri e modelli coerenti, corretti e trasparenti per co-progettare e co-valutare tali interventi formativi. La scuola è luogo vivo di relazione è sempre più sistema sociale. Occorre quindi sapientemente scegliere il metodo didattico che interessa e coinvolge fattivamente docenti e alunni interessati reciprocamente all’avventura della conoscenza. “La didattica attiva e partecipata è formazione ai saperi fondamentali ed alle skills che di essi si nutrono. È conoscenza di metodi personalizzati per far apprendere gli oggetti culturali in modo critico, significativo, autonomo”. La didattica attiva e partecipativa richiama al rilancio contenutistico con maggiore risalto al modello curricolo verticale. Tale didattica presuppone una rivoluzione del modello didattico tradizionale. La didattica delle competenze induce alla promozione negli studenti di una nuova forma mentale, flessibile e critica. Lo studente dovrà sentirsi coinvolto nella interazione problematica dei saperi e dovrà mostrarsi attore nell’azione operativa in situazione e nello specifico contesto di lavoro. Si adotterà un metodo che dia importanza alla laboratorialità, al cooperativismo, alla transmedialità. elgr