È scomparso il Giovedi Santo di quest’anno il Professore Luigi Crescibene. Il suo ciclo terreno, caratterizzato da una sensibile figura di uomo e di studioso, si è concluso a causa di un male incurabile. Il Professore Luigi era un uomo di estesa cultura, persona sensibile, con una naturale capacità dialogante. Nato ad Ottati, docente di discipline umanistiche, eclettico autore di numerose opere di narrativa, di critica letteraria ed artistica, poeta, giornalista; tra le pubblicazioni: La strada, Tante donne e altro, La sete, Le lenzuola pulite, Lontano:racconti in penombra. “Discreto, incline alla meditazione ed alla speculazione letteraria, più che querulo assemblatore di concetti” (tratto da un articolo della Professoressa Rita Occidente Lupo). “Una persona per bene, che non ha mai offerto il proprio impegno per remunerazione e che ha sempre incoraggiato nuovi talenti artistici e letterari” (stralcio desunto da un commento del Dr. Michelangelo Angrisani). Il mio ricordo si proietta ad alcune splendide serate in occasione di convegni e manifestazioni, tra le quali posso evocare la presentazione di alcuni suoi libri, il cinquantennale dell’attività letteraria di Franco Pastore, e taluni spettacoli artistici organizzati dalla Associazione Culturale ‘Avalon Arte’ sotto la direzione di Dina Scalera, ai quali partecipai con alcune musiche che accompagnavano il percorso dei visitatori, ed intorno ai quali elaborò il suo saggio critico Crescibene.
Con Egli, durante queste fervide serate vissute da entrambi con briosa vivacità e trasporto, ho conversato intorno ad interessanti argomenti: i diversi livelli di lettura, l’arte poetica, inoltre abbiamo affrontato, relativamente alla interazione matematica/arte/musica, l’intreccio che è possibile cogliere in alcune opere creative dell’artista Escher (a titolo di esempio, una litografia in cui due mani, vicendevolmente, si disegnano) e del compositore Bach attraverso la forma musicale del ‘canone’ (composizione che correla una melodia principale, con canti imitativi che si sovrappongono). Relativamente all’incontro tra scienza ed arte, concordavamo intorno alla valenza di una forma d’arte contemplante più linguaggi artistici, la Poesia interpretata quale una delle componenti di un linguaggio multimediale, dunque il verso integrato ed unito con la pittura, la musica, la scultura, e con il supporto ‘sonoro/visivo’ di altre Arti poste tutte sullo stesso piano; Crescibene mi illustrava la moderna corrente di pensiero: una risorsa interiore che si liberi utilizzando la Parola, risulta maggiormente significativa se rende quest’ultima una entità appartenente ad una azione energetica simultanea costituita da più energie equilivello; l’assenza delle quali renderebbe la Poesia mezzo comunicativo parzialmente ridotto. In estrema sintesi: come si ascoltasse la romanza ‘Nessun dorma’ privata del ’Vincerò’ finale, oppure l’album di musica rock di un cantante/gruppo senza l’integrazione di video ed immagini statiche e in movimento o altri file; d’altronde le stesse performance degli anni 1960 mettevano in scena spettacoli nei quali le varie espressioni artistiche formavano un insieme omogeneo e compatto. Sin dal I secolo a. C. il celebre architetto romano Vitruvio, nel suo trattato De Architettura auspicava l’incontro di espressioni artistiche differenti. In tempi assai più recenti, l’ingegnerepoeta Sinisgalli, fondatore nel 1953 della rivista Civiltà delle macchine, in uno dei suoi primi articoli approfondì il problema del dialogo, della possibilità di intersezione tra culture che allora venivano considerate antitetiche, mondi perentoriamente contrapposti: il sapere tecnico/scientifico e quello umanistico/estetico.
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Elio Vittorini intitolò un suo saggio: ‘Come può un poeta ignorare il 2° principio della Termodinamica?’ Dunque, una visione globale, il progetto di una cultura avente ampiezza totale. Nel 1959 le due culture, scientifica ed umanistica, furono fonti di un acceso dibattito condiviso da moltissimi letterati e scienziati. In sintesi, Vittorini sosteneva che la padronanza concettuale del 2° principio della Termodinamica, era perfettamente equivalente, sul piano culturale, alla conoscenza di un dramma Shakespeariano. Due posizioni significative: quella del romanziere, saggista e drammaturgo Moravia, l’altra di Geymonat, filosofo, matematico ed epistemologo (ovvero studioso della interazione tra modelli scientifici e modelli della società umana). Moravia affermava l’abisso incolmabile tra scienza e arte, perché carattere principale della scienza è di essere dominio della ragione; all’opposto, terreno dell’arte è l’irrazionale. Geymonat asseriva che il problema, oltre che culturale, fosse anche di natura esistenziale: si trattava di affrontare uno dei più grandi enigmi dell’uomo del suo tempo, diviso dall’insanabile contrasto tra l’angoscia e la fiduciosa attesa del cammino della scienza. Non è sufficiente la sola Lirica, possono coabitare, in una singola forma d’arte, più mezzi espressivi, senza discriminante di un’emozione (la comunicazione verbale) rispetto ad altre; la Poesia non cambierebbe veste, il Verso interpretato in maniera estesa, sarebbe maggiormente incisivo qualora risultasse unito alla eterogenea coesistenza di sguardo ed ascolto, di impatto visivo ed impatto sonoro.
Concludo con un singolare episodio che rievocammo, avente quale (al solito, sfortunato!) protagonista, suo malgrado, Giacomo Leopardi: in maniera brutale venne spento sul nascere il suo corteggiamento verso una donna alla quale si dichiarò, e che rispose meravigliata, chiedendogli se si fosse mai guardato allo specchio … Infine un reciproco, affettuoso pensiero che ci riguardò: regalai a Luigi alcuni miei disegni (caricature di Berlusconi, Prodi, Andreotti e Dalì). Egli mi omaggiò un testo intitolato: Le lenzuola pulite, nel quale veniva trattato un tema che adesso lui ha conosciuto, un mistero che ognuno di noi svelerà, il tema dell’infinito.