La “Riforma istituti tecnici e professionali non s’ha da fare, né domani né mai!”
Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge per l’istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale e per la revisione della valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti. Valditara: “È una riforma che offre straordinarie opportunità ai nostri giovani, consentendo molte più possibilità di lavoro e con tempi di ingresso più rapidi. Serve a qualificarli in coerenza con le necessità del mondo imprenditoriale. E ciò significa anche far crescere la competitività delle imprese…. e ancora: “Avremo una filiera di formazione tecnica e professionale di serie A”. Il Prof, secondo alcuni, diventerà il “maior domus”, il primo servo della casa. Parere negativo del CSPI sul progetto: “Tante criticità, impensabile avviare il piano già dal 2024”.
Con Meloni siamo giunti al sessantottesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo della XIX legislatura, in carica dal 22 ottobre 2022. Il Governo Meloni, dacché insediato, attenzionando la scuola, mostra a cuore una radicale riforma ciclica, ma non solo. La scuola di Valditara si è adoperata e si adopera, in questo periodo, per riformare gli istituti tecnici e professionali e i licei. Nelle svariate centinaia di pagine del progetto politico del Governo di Giorgia Meloni, è stato scritto anche il nuovo modello scolastico. Oggi proprio questo argomento è fortemente e diffusamente dibattuto. Si vuole, insomma, rimodellare tutto il corso di studi che va dall’uscita della terza media all’ingresso dell’università. Ci si orienta ad apportare cambiamento anche ai Licei. Per i Tecnici e i Professionali è stato ricucito un abito nuovo a fine novembre scorso con l’approvazione della Commissione Cultura al Senato. A impartir dottrina saranno insieme gli esponenti di due mondi, quello della scuola e quello del lavoro; saranno modificati tempi e contenuti dei percorsi. I nuovi diplomati degli indirizzi tecnici e professionali conseguiranno il titolo di studio in soli quattro anni e assumeranno un sapere generale orientato alle applicazioni, all’agire pragmatico. Ai quattro anni di corsi si aggiungerà il biennio di specializzazione, entreranno in campo gli Its Academy. Dalla teoria alla pratica. Si, proprio così. È questa, in buona sostanza, la logica del nuovo percorso. Con il biennio successivo si vuole creare un possente collante tra scuola e lavoro. La nuova generazione frequentando l’Accademia degli Istituti Tecnici Superiori muterà il sapere teorico in applicazione pratica. Quali saranno le sedi dell’Accademia ITS? La stessa scuola e talvolta l’azienda. Proprio in quest’ultima si avrà la schiusa della nuova figura, quella del docente aziendale. Questo cambiamento sarà reso prezioso, per la migliore crescita delle competenze teorico-pratiche, con l’aggiunta di ulteriori innovative figure: l’orientatore e il tutor. Chi orienta indirizzando il giovane studente alla scelta d’indirizzo esistenziale è stato battezzato orientatore; l’altro, invece, il tutor, dispenserà consigli intorno alle strade di apprendimento più congeniali. Si boccerà soltanto col 5 in condotta. Tutti potranno dormire sugli allori, tra due guanciali, poiché non vi saranno più ripetenti. Finirà il tempo della bocciatura, persino per i tanti asini raglianti! Che pena, una volta il ragliare si curava coi libri! Si, proprio così, tutti, ma veramente tutti, verranno valutati in base alle tempistiche e ai propri “desiderata” anche mutabili della propria crescita. Questa è una novità rivoluzionaria della riforma di questo Governo in carica. Nessuno sarà più bocciato, saranno inevitabilmente toccati e garantiti dal certo sapere e saper fare! Addio esami di riparazione! Di fatto si svolgerà, in estremo caso di necessità, un poco preoccupante elaborato scritto di educazione civica nella fase iniziale dell’anno successivo, (magari senza porre attenzione al corretto uso della grammatica italiana). Si compiace il Ministro Valditara per questo aspetto della riforma, Gran vanto afferma il Ministro per questa innovazione: “Avremo una filiera di formazione tecnica e professionale di serie A”. E tutto cambierà nella sostanza e nella forma: i licei porteranno un solo nome: “Licei del made in Italy”. Tanto, di certo, grazie alla tenacia di certa politica scolastica sicuramente raggiungerà grandi obiettivi, entrerà nella storia! La nuova scuola studierà (o sfoglierà?) pagine giuridiche, tecniche, economiche e imprenditoriali. La nuova scuola attenzionerà le filiere produttive vicine e lontane. L’Accademia tecnica e professionale indurrà allo studio di Diritto, Economia Politica, seconda Lingua Straniera, rivolte ai problemi aziendali, tanto però soltanto dopo il quadriennio d’indirizzo generale, simile o uguale all’attuale scuola media di secondo grado. Preparati medicamentosi miranti a ripristinare la funzionalità dell’”organismo deperito o convalescente” saranno le materie STEM. Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica, questa medicina, come valido ricostituente, non mancherà assolutamente. “Lo scopo sarebbe quello di formare giovani preparati per entrare in aziende, o costituirne di nuove, che diffondano nel mondo i prodotti specifici della tradizione italiana nel settore agroalimentare, in quelli dell’arte e della moda, nelle costruzioni con la valorizzazione energetica e paesaggistica. Scrive così Stefano Marafini, in Roma.it. (La riforma della scuola di Valditara: non ci sarà più la bocciatura, l’insegnante diventa un maggiordomo). La figura dell’insegnante gravemente stravolta dalla Riforma Valditara e sottomessa alla direzione del docente aziendale. Il lavoro dell’insegnante sottoposto alla valutazione degli utenti, sulla base arbitraria delle loro esigenze e dell’economia del territorio. Da quanto detto è facile capire che l’architettura della nuova scuola si basa sulla concezione utilitaristica delle singole conoscenze, cioè sulla loro funzione applicativa; anzi, si afferma pure che una conoscenza valida possa derivare direttamente da una pratica ripetuta. In questo contesto, cambia completamente la figura dell’insegnante. Infatti, dopo l’affermazione generica sulla valorizzazione della sua funzione, si afferma che per poter trasmettere competenze agli allievi, il docente dovrà prima aver acquisito un certo numero di CFU (credito formativo universitario) da un tirocinio pratico, sul quale dovrà svolgere un esame. Nello svolgimento della lezione dovrà sempre partire dalle esigenze dello studente, peraltro mai ben esplicitate, salvo i casi di handicap. Infine, soprattutto negli ultimi anni dovrà relazionarsi con il docente aziendale, in pratica accettarne la direzione. Inoltre, il lavoro del docente sarà valutato periodicamente da una commissione presieduta dal Preside o da un Vicario di esso, composta da una rappresentanza mista di colleghi, alunni e genitori; ovviamente, la parte degli utenti sarà maggioritaria. Facile quindi immaginare come dovrà aver lavorato il docente per ottenere un giudizio minimamente positivo. Ma c’è di più: in molte scuole gli studenti hanno espresso la pretesa di dare un voto all’insegnante sulla singola lezione, come egli lo dà nell’interrogazione, giustificando la richiesta nel nome di un rapporto democratico paritario!”. Non ha tutti i torti Marafini quando scrive e attribuisce alla figura docente la mansione del maggiordomo, il servo della casa, se pure il servo maggiore, maior domus. Questi, infatti, col supporto della governante è proprio colui il quale sovrintende il personale di servizio e il buon andamento delle attività quotidiane di manutenzione. Non può veramente passare l’idea che si voglia indottrinare e formare i protagonisti della nuova generazione in base alla logica di un inopportuno e ingiusto egualitarismo. Il sapere non può essere assunto come entità passiva e nella stessa dose, senza il manifesto senso critico. Non dove la scuola favorire l’indottrinamento strumentale e massificato! E’ bene che l’istituzione scolastica si liberi da ogni tipo di manipolazione, a partire da quella politica, sindacale, economica ecc. Occorre venga restituita alla scuola l’indipendenza intellettuale. I giovani devono avvertire il bisogno libero di ricercare, con laboriosa operatività, la verità con il supporto prezioso e imprescindibile del docente al quale occorre venga riconosciuto il suo ruolo centrale nel processo educativo e formativo. Questa, una delle tante risposte alla politica della sperimentazione per tecnici e professionali, nel periodo imminente le feste di Natale, a cura di FLC CGIL Modena. Le scuole modenesi dicono no alla riforma di Valditara. Nettissima bocciatura della sperimentazione per tecnici e professionali. “Le scuole modenesi stanno bocciando senza nessuna esitazione la sperimentazione quadriennale voluta dal ministro Valditara che riguarda gli Istituti Tecnici e Professionali. Ad oggi, infatti, sono 5 gli istituti della nostra provincia che sono stati chiamati a votare: il Marconi di Pavullo, il Baggi di Sassuolo, il Galilei di Mirandola, il Venturi e il Cattaneo-Deledda di Modena. In tutti e 5 i casi i collegi dei docenti hanno respinto la proposta a larghissima maggioranza, con risultati che in qualche caso hanno sfiorato l’unanimità. La proposta di sperimentazione, praticamente imposta dal ministro Valditara con un proprio Decreto emanato mentre è in discussione al Senato un DDL che ha ad oggetto la stessa materia, richiede l’adesione delle scuole entro il 30 dicembre e prevede una riforma radicale degli indirizzi di studio dei tecnici e professionali: riduzione da 5 a 4 anni dei percorsi di studio, riduce le ore delle materie a carattere generale a favore di quelle di indirizzo, introduce il PCTO (ex Alternanza Scuola Lavoro) e l’apprendistato già dal secondo anno (in pratica a 15 anni, in pieno obbligo formativo), subordina la didattica al contesto produttivo dei territori prevedendo l’ingresso di soggetti privati esterni nelle attività di progettazione dell’offerta formativa, e infine taglia anche dei posti di lavoro. Come Flc Cgil esprimiamo soddisfazione per l’esito di queste votazioni che dimostrano la netta contrarietà verso una sperimentazione che subordina la scuola alle esigenze e ai bisogni di soggetti privati, snaturandola e trasformandola di fatto in un luogo di addestramento professionale. Il messaggio che arriva da queste scuole è chiarissimo: l’unica scuola possibile è la scuola della Costituzione, che non si piega a logiche privatistiche e di mercato, e non si spezzetta cambiando forma e contenuto a seconda delle latitudini geografiche. La bocciatura è netta e senza appello: invitiamo il ministro Valditara a prendere atto di tutto questo e ritirare questa inaccettabile riforma”. Così, invece, titola il “Manifesto”: Istituti tecnici e professionali, Valditara resuscita il vecchio «avviamento». LA RESTAURAZIONE. Ci avevano già provato Moratti, Gelmini e Renzi. Critiche dal Consiglio superiore della Pubblica istruzione. Roars: «Il controllo di un pezzo del sistema dal pubblico passerà ai privati». A nulla poi valse l’appello CGIL e la FLC CGIL , in disappunto, rispetto alla linea Valditara, nella imminenza della audizione presso la Commissione Istruzione del Senato della Repubblica, nella prima decade di dicembre scorso, sul disegno di legge “Filiera tecnologica e professionale” riguardante la riforma della scuola secondaria di secondo grado, la CGIL e la FLC CGIL hanno espresso un giudizio fortemente negativo sulla proposta e hanno invitato il Governo a ritirarla nell’interesse del Paese e della scuola. “I tratti negativi del disegno di legge emergono con tutta evidenza e ci fanno dire che da essa non può che conseguire un generale impoverimento dell’impianto culturale del sistema di istruzione oltre che una sovrapposizione di percorsi già in essere con durate e curricoli diversi”. Così il segretario confederale della CGIL Christian Ferrari e la segretaria generale della FLC CGIL, Gianna Fracassi. “Il percorso di studi – proseguono – viene ridotto di un anno con la pretesa di voler assicurare più formazione con minor tempo scuola; agli alunni verrebbe proposto un accesso al lavoro già al biennio del secondo ciclo di istruzione, in piena età dell’obbligo, attraverso l’incremento di percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) o di attività in apprendistato; si equipara il non equiparabile laddove vengono messi sullo stesso piano la formazione professionale regionale, il percorso quadriennale, quello quinquennale ai fini dell’accesso agli ITS”. “La scuola viene avviata verso una condizione ancillare nei confronti delle aziende – aggiungono Ferrari e Fracassi – sia perché le aziende forniranno una quota di docenti con contratto d’opera con ricadute sulla qualità della didattica e della professionalità, sia perché esse comprometteranno l’offerta formativa e didattica in spregio alle norme vigenti su autonomia scolastica e organi collegiali”. “La sperimentazione che viene proposta ai fini della riforma batte inoltre strade già rivelatesi fallimentari: l’ultima in ordine di tempo prevista dal DM 344/21 sta ricevendo una dura replica della realtà dal momento che, dai dati forniti dallo stesso Ministero, risulta che solo 243 scuole sulle 1.000 potenziali hanno chiesto di sperimentare il modello del ‘diploma in 4 anni’ e che le 192 sperimentazioni sono passate a 175 classi già dall’anno scolastico successivo. E si vuole, peraltro, iniziare la sperimentazione dall’anno scolastico 2024/2025 quando le iscrizioni scadono il 31 gennaio 2024: si pretendono dunque dalle famiglie e dagli alunni iscrizioni al buio e con scuole all’oscuro di tutto”, sottolineano i due dirigenti sindacali. Per Ferrari e Fracassi: “La scuola non appartiene al Governo pro tempore, ma è patrimonio di tutto il Paese. Per questo crediamo che ci siano ancora i tempi per cercare una più ampia condivisione con il mondo della scuola su questo disegno di legge rinviando la sua attuazione e ritirandolo”. “Occorre infatti un profondo ripensamento soprattutto sugli aspetti didattici e culturali che sono alla base della tenuta della nostra scuola e del nostro Paese, all’insegna della libertà di insegnamento, della collegialità, della condivisione delle scelte e della trasparenza”, concludono. elgr