Finalmente, il 1° novembre scorso, sono stato in visita alla Reggia di Caserta, monumento inserito dall’UNESCO, a giusto titolo, nei siti “Patrimonio dell’umanità”. Era da tempo che desideravo andarci, ma il lavoro, gli impegni, il tempo, la pigrizia e tante altre cose, mi hanno sempre fatto rinviare questo appuntamento altamente culturale. A dir il vero, c’ero già stato qualche anno fa, ma non avendo controllato gli orari (internet non aveva la diffusione attuale), arrivai a Caserta il giorno di chiusura della Reggia. Mi dovrei quasi vergognare di non esserci stato prima, ma è risaputo che ci sono dei parigini che non sono mai saliti sulla Tour Eiffel, così come ci sono degli abitanti di Capaccio Paestum che non sono mai entrati nella nostra zona archeologica. Prima di descrivervi la mia visita e le mie sensazioni, faccio un breve resoconto storico sul monumento. La costruzione della Reggia di Caserta iniziò nel 1752, per volere di Carlo III di Borbone, re di Napoli. In sostanza, la sua famiglia non aveva una vera reggia e riteneva che la famiglia reale avesse bisogno di quiete e di aria salubre per la propria salute e che Caserta, da lui ben conosciuta nella frequentazione di numerose battute di caccia nella zona, fosse l’unico sito adatto a ciò. Per realizzare un vecchio sogno ambizioso dei suoi avi, cercò di far costruire qualcosa che ricordasse la reggia di Versailles, ma più imponente, lussuosa e ampia. A disegnarla fu Luigi Vanvitelli, uno dei più importanti architetti italiani del periodo fra il barocco e il neoclassicismo. La Reggia fu dimora dei successori di Carlo III, partito a reggere il regno di Spagna nel 1759. Vi dimorarono quindi Ferdinando IV; dal 1806 Giuseppe Bonaparte e poi, dal 1808, Gioacchino Murat ai quali, in successione, fu assegnato da Napoleone il Regno delle Due Sicilie; quindi, con il ritorno dei Borboni, Francesco I, Ferdinando II e Francesco II, che perse il trono nel 1860. La Reggia a fine 1860 ospitò Garibaldi e divenne il Quartiere Generale dell’Esercito dei Volontari del Volturno. Per chi non la conosce, do qualche numero: la Reggia misura 253 metri di facciata e 242 metri di fianchi, ci sono 1217 stanze, 1898 finestre e 120 ettari di parco. Partiamo con la visita. Noi siamo arrivati poco dopo mezzogiorno e abbiamo agevolmente messo la macchina nel vicino parcheggio “Carlo III”, ampio e poco costoso, per circa 4 ore ce la siamo cavata con 6 €. Fatto il biglietto d’ingresso (12,00 €), abbiamo deciso di visitare prima l’esterno. Nel frattempo avevamo bisogno della toilette che è a pagamento, 0,70 € a persona (senza ricevuta). Siamo nel Parco Reale, immenso, si estende su 3,3 km di lunghezza. Un lungo viale bello da vedere con fontane, vasche e una cascata situata nella parte finale del parco. Pensare di percorrerlo a piedi era molto invitante, ma l’ora e le giornate “corte”, saggiamente ci hanno fatto prendere un piccolo pullman che con 2,50 € a persona ci trasportava sia all’andata che al ritorno. Siamo andati fino in fondo perché sapevamo dell’esistenza del famoso “Giardino Inglese” che si estende su una superficie di 24 ettari. Fu voluto dalla regina Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando IV, che investì la sua fortuna personale per realizzarlo, è stato il primo esempio di giardino informale italiano. Vi si trovano piante provenienti da tutto il mondo tra boschetti, praterie, fontane e canali le cui acque confluiscono in un pittoresco laghetto. Fu costruito da Carlo Vanvitelli (figlio di Luigi) e dal giardiniere inglese John Andrew Graefer. Un’oretta in questo giardino ci hanno permesso di vedere il Bagno di Venere, la Palazzina all’inglese, che fu l’abitazione del giardiniere Graefer, il finto ninfeo con statue provenienti dagli scavi archeologici borbonici, molte belle piante e tantissima incuria. Si, proprio così, alberi secchi, spezzati e caduti, poca cura e abbandono. Praticamente, da tempo, manutenzione zero. Peccato. Tornati alla Reggia, abbiamo visitato gli appartamenti reali, dopo aver salito i 116 gradini dello scalone d’onore che è ornato di due magnifici leoni di marmo bianco. Poi, abbiamo ammirato la Cappella Palatina, la Sala di Alessandro, la Sala degli alabardieri, la Sala delle guardie del corpo, la Sala del Trono, la camera da letto di Ferdinando II, la Biblioteca della Reggia e il presepe Reale. Il tutto bello e imponente. Prima di uscire ci siamo fermati al Bookshop, volevamo acquistare una guida o qualcosa del genere … aperto, ma non c’era nessuno … pazienza! A seguire, data la vicinanza, ci siamo avviati a piedi verso Caserta Vecchia. Sarà stato il giorno di festa (o fine stagione), ma molti negozi e ristoranti erano chiusi. Aperto, abbiamo trovato la Trattoria – Pizzeria S. Lucia (via Gasparri, 2) a pochissime centinaia di metri dalla Reggia. Ambiente semplice, umile, coprimacchia usa e getta, tavoli stretti, posateria scadente e televisione in sala. Avevamo voglia di un secondo di carne con contorno, ma l’offerta ci è sembrata troppo turistica: petto di pollo, salsiccia nient’altro che ci attirava. Interessante, invece, la scelta delle pizze. In due, abbiamo preso una “fiori di zucca e acciughe” (bianca, fiori di zucca, acciughe e fior di latte) e una “Doc” (datterini e mozzarella di bufala). Le abbiamo trovate entrambi buone, i prodotti erano di qualità, sono state ben digerite, segno di una corretta lievitazione e l’utilizzo di farine selezionate. Abbiamo pagato 19 € (14 per le pizze, 2 per l’acqua e … 3 per il servizio). Da segnalare che il personale è stato gentile, ospitale e cortese. Abbiamo concluso la giornata con una bella passeggiata nella città vecchia e siamo ritornati a casa, ampiamente soddisfatti. Per chi non l’ha visitata, La Reggia e Caserta Vecchia meritano una visita, è molto più vicina di quanto pensiamo.
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