La quarantena degli anziani nell’entroterra cilentano è un quadro dalle tinte sbiadite che nessuno si prende la briga di osservare; è un quadro stinto, non sta bene in salotto e non si abbina bene alle cornici d’argento.
Non sta bene sui social, tra le storie di Instagram patinate e non esiste nessun filtro che possa coprire la solitudine e la mestizia di certe sere.
Già, è molto facile consigliare a tutto il resto della popolazione i metodi più creativi per passare una quarantena piacevole: preparare torte, focacce e piatti prelibati, fare esercizio fisico (magari seguendo l’ultimo tutorial di qualche influencer o qualche work-out), mettersi a guardare film o serie tv, fare interminabili videochiamate con gli amici o col partner.
Esiste anche chi fa parte di un’altra epoca, di un altro mondo: c’è chi non sa nulla di questo periodo storico così smart, così “fluido”, così liquido e continuamente intercambiabile.
C’è chi vive come i pesci, sul fondo del mare, o forse del fiume, considerando la nostra area geografica: per loro quarantena significa aver smesso improvvisamente di respirare, trovarsi senza branchie e senza possibilità di incamerare quell’aria che le abitudini quotidiane creavano.
Per un uomo o una donna anziani, ormai rassegnatisi pacificamente all’idea di dover passare gli ultimi anni della propria vita tra quelle viuzze e quelle piazze che gli sono familiari da sempre, la quarantena ha significato l’interruzione di ogni abitudine familiare.
Quindi addio alle passeggiate consolatorie tra i vicoli, alle lunghe soste in piazza a parlare con l’amico di sempre o con il viandante di passaggio,
anche solo per dargli un’informazione o un consiglio, addio alle ore interminabili a fissare le pietre del centro storico.
Sì, anche le pietre sembrano capirti e trasfigurarsi in materia viva, quando non t’è rimasto più nessuno: sono parte di te, parte del tuo passato e del patrimonio immateriale del tuo paese, prima e ultima culla della tua vita.
Addio anche alle giornate passate ad aspettare i propri lontani? No, adesso si chiamano congiunti, e almeno quelli potranno tornare.
Ma per quanto tempo?
Qualche anziano vive con le badanti, affidandosi a mani estranee che si sforzano di considerare familiari, non riuscendoci sempre; qualcuno cerca in quelle mani le carezze che non riesce più a trovare, qualcuno si ostina a fingere che vada tutto bene.
E la quarantena passa così, tra un pigro programma alla televisione, qualche sguardo nostalgico e fuggevole alla finestra e qualche pensiero malinconico della sera.
E chi, oltre a non avere nemmeno i congiunti vicini, ha deciso di vivere da solo, senza nemmeno una badante?
Gli anziani e le anziane cilentani sono ancora affetti da quel virus, molto più forte e contagioso del covid-19, che si chiama “smania di non chiedere niente a nessuno”.
Alcuni vivono da soli perché hanno, radicato nelle ossa, “‘u scuornu” di dover chiedere piaceri alle persone, anche se sono i propri figli o parenti più stretti: vi è questa sadica malattia che fa loro preferire la sofferenza, molto più dell’idea di scomodare qualcuno.
E la quarantena è l’ennesimo fardello da portare da soli, sulle proprie gracili spalle.
Monica Acito