È una splendida giornata d’inverno per fare una passeggiata al mare, al mare di Paestum tra spiaggia e pineta.
Arrivati a mare, all’orizzonte, ci accoglie il mare che non è mai lo stesso: turbolento, spumeggiante dai colori intensi tra l’azzurro, il verde e il grigio. Si va verso nord, direzione foce Sele, costeggiando un po’ il bagnasciuga un po’ addentrandoci nella pineta…
Mi guardo intorno e mi ritrovo ancora una volta a fare i conti con il degrado e l’abbandono in cui versa quella che in passato è stata “un’oasi verde”: gli alberi sembrano reggersi a vicenda in attesa di collassare al suolo. Un fatto che quanto prima succederà per colpa del vento e della pioggia.
Solo chioma dei pini marittimi riesce a “vivere” ancora a testimoniare la storia che sta dietro il loro impianto. Furono piantati come frangivento per proteggere dalla salsedine le terre coltivate della pianura retrostante.
Per troppi anni, purtroppo, la pineta non ha ricevuto manutenzione e la vicinanza degli alberi, crescendo, ha tolto a molti di essi lo spazio vitale che li sta portando alla morte.
I pini in prima linea di fronte al mare sono impotenti, si sono arresi all’inerzia del tempo e i tronchi rinsecchiti rivolti al cielo sembrano chiedere aiuto reggendosi l’uno con l’altro per non cadere. I rami secchi affollano la spiaggia, mentre all’interno della pineta è un continuo calpestare di natura morta: aghi che coprono il sottobosco e pigne vuote.
Solo le “chiarie”, gli spazi penetrati dai raggi di sole, brillano di luce e si ammantano di un verde vivace e rigoglioso.
Mi faccio portavoce del grido di aiuto dei pini: “fate qualcosa, ridateci linfa, rimpiazzateci … Sono decenni che non si fa pulizia dei nostri rami secchi e, poi, c’è l’incuria dei turisti che ai nostri piedi lasciano di tutto come ruote di automobili, plastica, resti alimentari, scarti di ogni tipo…”
Anche le ultime mareggiate hanno contribuito ad affollare di sporco la costa e grossi alberi sono stati lasciati sulla riva del mare circondati da l’altra spazzatura.
Spezziamo, però, una lancia a favore di chi in questo momento governa la città di Capaccio Paestum. Infatti, ad un certo punto abbiamo incontrato un gruppo di operai che stavano liberando la spiaggia e avevano già raccolto rifiuti di ogni genere in sacchi di plastica. Ma non basta pulire, raccogliere e risistemare se poi non c’è la volontà da parte di tutti nel portarsi dietro il sacchetto con i resti di ciò che si è consumato evitando di depositarlo lì dove capita…anche perché oggi vengono a prendere la spazzatura a casa nostra tutti i giorni e allora, basta poco, per dare un segno di civiltà anche noi cittadini.
Arrivati alla foce del fiume Sele i campeggi che hanno in concessione l’area pinetata da destinare a campeggio o villaggio turistico presentano uno spettacolo stravolgente: tutto ciò che era stato messo a protezione di roulotte e casette di legno non esiste più e il mare, fin dove è riuscito a spingersi, ha portato soltanto distruzione.
Inoltre, per proteggere quello che resta, sono state scavate “trincee” e ammassati blocchi di cemento che danno l’idea di un oltraggio alla natura che reclama il suo spazio vitale.
Mi tornano in mente i tempi in cui anche noi facevamo campeggio, tra gli anni 80 e i primi anni degli anni 90. Eravamo al camping Hera Argiva, un campeggio proprio sulla spiaggia, dove i miei figli sono cresciuti e dove ogni anno facevamo vacanza per più di due mesi. Allora tutto era semplice, tutto era natura e non si temeva assolutamente che essa si potesse rivoltare contro. Mi è venuto in mente il bello di quegli alberi che regalavano frescura, protezione e vita: raccoglievamo pinoli, pigne, fiori secchi e i ragazzi amavano correre, nascondersi, rincorrersi, arrampicarsi sopra. Adesso non è più così la natura si sta riprendendo tutto ciò che noi abbiamo distrutto, essa non guarda in faccia a nessuno, è forte, potente e non fa sconti. Gli alberi non reggono più lo stress, il mare è stanco di ricevere plastica, le coste sono stufe di essere stuprate da costruzioni costruite sulla sabbia risucchiate dall’acqua.
È ora di darsi una mossa, è ora di prendere in mano la situazione: ciò che l’uomo ha distrutto, l’uomo dovrà porre rimedio. Chi ha la responsabilità di agire intervenga per riqualificare la pineta prima che crolli definitivamente al suolo. Si ridia alla terra lo spazio verde necessario perché è vita e senza di esso non possiamo sopravvivere; piantiamo nuovi alberi, diamo nuova linfa al verde della fascia pinetata.
A Foce Sele, ormai non si può più accedere né via mare né via terra: l’area è stata “privatizzata” e sottratta alla possibilità di essere raggiunta e goduta da frequentatori autoctoni e turisti occasionali.
Solo a fronte del pagamento del pedaggio imposto dai concessionari è possibile godersi il tramonto sulla foce che nel tempo antico accoglieva le navi greche senza carena che risalivano il Sele fino ai porticcioli ricavati nelle anse del fiume fino a Borgo Carillia.
Dopo esserci fermati a rifocillarsi mangiando un panino e bevendo una bibita, ascoltiamo la voce del mare urlante sotto i grossi massi messi a protezione di bagni impraticabili e roulotte senza storia. Torniamo indietro rifacendo il percorso per buona parte in pineta e ci consoliamo respirando l’aria ricca di essenze aromatiche che emanano e un profumo inebriante, naturale e salutare che penetra nelle narici e regala benessere: almeno questo ancora l’uomo non è riuscito ad ingabbiarlo!
Gina Chiacchiaro