Seduto sulla panchina in ferro, all’ombra della Madonnina, il vecchio scruta lontano, oltre l’estrema punta del porto, gli umori del vento e del mare, quasi si apprestasse ancora a condurre la sua lampara sulla consueta scia della pesca notturna.
Alle spalle è un grappolo di barche tirate a secco al limitare del bagnasciuga, qualche rete appena rammagliata, un gruppo di case che si allungano verso il raccolto della valle.
Una volta si usciva dal porto di Cetara appena calato il sole oltre le accostate cime dei Lattari. Le lampare sfilavano in silenzio, quasi radenti il molo di sottovento, una dietro l’altra come tante monachine per i corridoi d’un convento.
La flotta tonniera era poi il vanto di questo antico borgo sbalzato dal mare su una stretta lingua di terra, come un delfino in cerca di una cala per la sua eternità.
Immagini di un tempo che fu, quando Cetara con la sua flotta tonniera era il vanto dell’Italia: i giapponesi lasciavano il passo alle barche cetaresi quando queste compariva nel bel mezzo del Mediterraneo per pescare quel tonno rosso che adorano avere sulle loro tavole. Un mercato che ha visto una brusca frenata con la pandemia Covid e il rinvio delle Olimpiadi per le quali i figli del Sol Levante avevano fatto copiose prenotazioni.
Scene, quelle sopra descritte, che fanno parte di un tempo in cui il vecchio Pietro (questo il nome?) viveva gli anni del tramonto ad annusare il vento del mare, a scrutare l’orizzonte per capire che tempo facesse il giorno dopo.
Poi le leggi comunitarie, la riduzione drastica delle quote da pescare e le superbe barche tonniere demolite per insufficienza di pescato. Bisognava ripopolare e ripopolamento è stato: oggi il tonno rosso è tornato numeroso a popolare il Mediterraneo tanto da suggerire alla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico a consentire un incremento proporzionale delle quote pesca.
Non si sa, però, se all’on. Silvia Benedetti sia sfuggita la storia dei sacrifici e delle rinunce economiche fatte dalle cooperative dei pescatori per giungere agli attuali risultati di presenze del tonno rosso nel Mare nostrum o se il suo operare sia dettato da altri interessi, piuttosto locali (centro-nord) e non certamente nazionali. Un suo emendamento legislativo, infatti, tende a ridiscutere le quote per zone, perché attualmente “detenute da poche tonnare”. Il grave è che l’emendamento è stato approvato dai parlamentari presenti senza alcuna obiezione. Evidentemente c’è da pensare che l’approvazione è avvenuta alla cieca, senza che nessuno si informasse adeguatamente sul problema, ritenendolo di poco conto nell’economia delle leggi italiane. E non sanno quei parlamentari e la Benedetti che l’emendamento penalizza ancora una volta le cooperative meridionali, e in specie, cetaresi, dedite alla pesca del tonno. Così al danno si aggiunge la beffa! Attualmente gli addetti alla pesca del tonno sono circa 700, senza contare l’indotto: una rete da tonnara costa intorno al mezzo milione di euro. Un settore economico, quindi, importante che andrebbe tutelato e non aggredito, cosa che si è verificato negli anni scorsi e si continua a commettere con l’emendamento della Benedetti, recentemente approvato dalla Camera dei Deputati e che rischia di mettere definitivamente in ginocchio il comparto.
I passati provvedimenti hanno provocato la riduzione della flotta tonniera italiana del 70%, facendola passare dalle 68 imbarcazioni di cui era composta, omologate e giuridicamente competenti ad esercitare la pesca di specie, alle sole 21 attuali, di cui 15 ormeggiate tra Salerno e Cetara. La flotta salernitana detiene un primato di assoluta rilevanza in Italia ed è leader indiscussa del settore. Tra l’altro i cetaresi hanno, dalla loro parte, la forza della cooperazione, più forte di altre parti d’Italia, come quella siciliana ed emiliana.
Come era prevedibile, sull’emendamento della Benedetti è intervenuto il Presidente di Confcooperative Salerno, Salvatore Scafuri, che ha commentato: “Un attacco populista, increscioso e ingiustificato per le cooperative salernitane, fatte di pescatori che da generazioni praticano la pesca del tonno nel Mediterraneo con il sistema a circuizione, nel pieno rispetto dell’ambiente. Imprese sane che, per mantenersi tali e per immettere sul mercato nazionale ed europeo il tonno rosso di qualità del Mediterraneo, sono costrette a continui ed importanti investimenti, possibili e giustificabili solo sulla base di una seria programmazione pluriennale. E invece oggi si assiste all’ennesimo tentativo di espropriare la quota pescato con un emendamento che punisce proprio chi, osservando direttive, leggi e regolamenti, è stato costretto negli anni a concentrare la quota tonno su pochi motopescherecci, demolendo gli altri. Un emendamento che mette a repentaglio la storia e la tradizione della pesca del tonno delle imprese italiane e che svilisce e scoraggia soprattutto le cooperative della provincia di Salerno che hanno fatto della loro attività un fiore all’occhiello dell’economia nazionale e la perfetta sintesi di tradizione e innovazione”.
Senza contare che l’Italia dovrebbe ora seriamente pensare alla trasformazione del pescato che attualmente avviene in Spagna. I pescherecci cetaresi, infatti, una volta pescato il tonno rosso nel cuore del Mediterraneo, lo sbarcano in Spagna dove viene trasformato e poi esportato anche in Italia nelle famose scatolette. Una economia che la Spagna ha sottratto a Malta dove prima avveniva la lavorazione del tonno.
“Il nostro obiettivo – aggiunge il Presidente Scafuri – è di sviluppare il settore della trasformazione sul territorio nazionale, evitando così le importazioni e creando posti di lavoro. Ma con questa legge tutto si ferma e non si investe”.
Una domanda sorge spontanea: dove sono i politici salernitani i quali dovrebbero sapere che a Cetara c’è una importante realtà di pesca, fiore all’occhiello dell’economia nazionale, a difesa della quale e per il cui sviluppo andrebbero adottate le giuste iniziative? “La politica – dice Scafuri – deve conoscere anche la storia della pesca. E’ un dovere”… visto che siamo un paese a forte vocazione (e collocazione) marinara e marina, aspetto che non deve servire soltanto ad uno stagionale turismo balneare. Ma questo sembra dare fastidio a chi ora ha fiutato nella pesca del tonno non un lavoro per tante famiglie, ma un affare. Forse il vero problema è in quella pesca sportiva che vede ogni anno il prelievo di numerosi tonnetti con il conseguente depauperamento della specie. E’ qui forse che si dovrebbe porre maggiore attenzione, prima di giungere ad un nuovo fermo o riduzione di pescato per evitare l’estinzione. Ma loro, i politici, stanno a guardare come le stelle di Cronin.
Vito Pinto