Sono Vincenzo Manganiello, nato a Vallo (Pattano) il 29 maggio 1940. Sono sposato e padre di tre figlie. Sin da bambino dicevo sempre che mi volevo fare prete. I miei genitori, sono quartogenito di sei figli, contadini e nullatenenti, erano completamente dediti al lavoro, preoccupati di non fare mancare il sostentamento quotidiano alla loro famiglia, pensavano fossero fantasie di bambino, perciò non davano peso alle mie parole. Devo precisare che ho iniziato a frequentare la scuola elementare all’età di nove anni (1945/50), non accettato prima per un difetto di pronuncia. Terminata la quinta elementare, i figli dei contadini smettevano di andare a scuola, principalmente per dedicarsi al lavoro e aiutare la famiglia, insistevo sempre a volermi fare prete. I miei, informatisi sui costi del Seminario di Vallo, ritennero che sia per le possibilità economiche familiari, sia per farmi l’opportunità di riflettere meglio, era, a loro giudizio, meglio farmi iniziare la frequenza della media alla scuola pubblica. Non avendo però sostenuto gli esami d’ammissione, su consiglio di un insegnante, rifrequentai come uditore la quinta elementare. Al termine dell’anno scolastico sostenni presso l’unica scuola media di Vallo, l’ “A. Torre”, gli esami d’ammissione, dove l’anno successivo frequentai la classe prima. Poiché persistevo nel volere andare in seminario, i miei familiari si preoccuparono di preparare ogni cosa e con la “loro benedizione” nell’anno scolastico 1956/57 da seminarista frequentai la seconda media. Volli nello stesso anno fare anche la vestizione assieme ai compagni di classe. All’inizio mi trovai svantaggiato, avendo frequentato la prima senza impegnarmi sufficientemente. Furono anni di studio e d’impegno. Svolsi per due anni mansioni di sacrista nella Cappella e divenni il braccio destro del vicerettore don Giovanni D’Angiolillo. Economo del seminario e segretario del vescovo D’Agostino era don Virgilio. Ricordo che una sera, all’ora della dormizione, insieme a sette o otto compagni, i più dotati di forza fisica, volontariamente scaricammo un camion della POA (Pontificia Opera Assistenza), carico di viveri per i poveri, giunto di sera tardi. Al termine dell’operazione don Virgilio ci omaggio di qualche buon bicchiere di vino dolce, raccomandandoci, però, di non ubriacarci. Sono stato sempre una buona forchetta, dotato di buon appetito e ottima digestione. Fui il promotore della pasta asciutta abbondante. Mi spiego. Qualche volta la pasta asciutta, appunto, risultava insufficiente al soddisfacimento del nostro appetito. Al vicerettore don Giovanni manifestai questo disappunto e lui mi fece presente che le suore non gradivano buttare ai maiali la pasta cotta rimasta. Proposi di aumentare, comunque, di alcuni chili la quantità della pasta e se al termine del pranzo risultava non completamente consumata raccomandai di non buttarla ai maiali, ma di riservarla per la cena, assumendomi in prima persona il compito di mangiarla ed, eventualmente, farne parte a chi ne voleva a prescindere dal primo piatto previsto dal menù. L’iniziativa fu un successo. La pasta asciutta, non consumata di giorno, riscaldata al forno e portata nel o nei vassoi a tavola di sera, veniva sempre da molti contesa. E come non ricordare quei magnifici e saporitissimi pranzi in occasione dell’onomastico del vescovo o altre solenni occasioni, consumati tutti insieme nella sala-refettorio dei seminaristi! Ricordo pure con una certa soddisfazione l’impegno per le esibizioni in qualità di attore in scene tragi-comiche o monologhi sere e scherzosi. All’inizio del quinto ginnasio fui anche incaricato di svolgere le mansioni di prefetto di una camerata, venendone destituito dal “Rettore” don Rocco dopo alcuni mesi nell’atrio della Cappella per avere causato la frattura di una gamba ad un altro seminarista, che durante la passeggiata mi provocava con lanci di sassolini e con espressioni tipo: “rospo di Pattano”. Voglio sperare di non avere tediato nessuno, scrivendo questi ricordi. A quanti leggeranno questa pagina ed a tutti coloro che ricordano quel pezzo di strada percorsa insieme un fraterno abbraccio. Ancora oggi. In tutta sincerità, nutro gratitudine e simpatia verso l’istituzione seminario e, dal profondo del cuore, a quanti hanno contribuito alla mia formazione, intesa in tutti i sensi, un sentito “Grazie” ed un incancellabile affettuoso ricordo.
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