di Rossella Peduto
Esiste un antico legame tra il territorio di Paestum e il melograno; il suo frutto simboleggia per eccellenza la fertilità e la fecondità ma anche la morte, tant’è vero, che con questi significati lo si ritrova nella maggior parte delle culture del mondo orientale, passando per le sepolture dell’antico Egitto sino ad arrivare al mondo greco.
Antichi e molteplici sono i miti e le testimonianze materiali che hanno come protagonisti la melagrana, da subito legata alla dea Madre colei che da la vita e decide la morte.
In particolar modo, nella mitologia greca, il frutto è presente nel mito di Persophone che rapita da Ade, dio degli inferi, proprio dopo aver mangiato la melagrana suggella il matrimonio venendo condannata a trascorrere un terzo dell’anno nel mondo sotterraneo e il restante tempo, che coincide con la primavera e quindi con la rinascita, nel mondo terreno.
A questo punto possiamo più da vicino esaminare la presenza della melagrana in diversi reperti provenienti dall’antica Poseidonia. Il frutto della fertilità e della vita non poteva non essere associato ad Hera, la moglie di Zeus e una serie di statuette raffiguranti la dea in trono rinvenute presso il santuario extraurbano di Foce Sele, un santuario a lei dedicato, ne sono testimonianza. L’Heraioon di foce Sele, scoperto dall’Archeologa Zanzani Montuoro e lo studioso Zanotti Bianco agli inizi degli anni trenta del secolo scorso, ha restituito una serie di statuette rappresentanti una figura femminile con in braccio un bambino e, successivamente, con la melagrana nella mano. In realtà quest’ultima iconografia comparirà dapprima nel santuario urbano di Poseidonia, verso la metà del V sec. a.C e poi nel santuario extraurbano sul finire del V sec. a.C come testimonia statuetta fittile in marmo conservata presso il Museo Archeologico di Paestum. L’arrivo dei Lucani comporta un’occupazione degli spazi della città e la melagrana compare a questo punto anche nelle lastre dipinte delle tombe di Paestum. Nelle pitture, realizzate in loco al momento della sepoltura, è visibile la melagrana come elemento decorativo e nuovamente simbolo della dualità vita/morte. In particolar modo a partire dal 380 a.C in sepolture provenienti dalla necropoli loc. Andriuolo notiamo l’attività di un’officina che fa largo uso di elementi decorativi come le palmette o appunto la melagrana dalle piccole o maggiori dimensioni. Ne sono esempio alcune lastre con “il ritorno del guerriero” e l’inserimento della melagrana nella scena. Con la deduzione in colonia latina avvenuta nel 273 a.C gli antichi culti subiscono riadattamenti. Nel corso della prima metà del III sec. a.C. l’edificio quadrato, dove era custodita l’immagine di culto della dea con in mano la melagrana, subisce un devastante incendio. Non sarà più ripristinato, la memoria della dea comincia lentamente a sbiadire mentre nella coroplastica votiva predomina quasi esclusivamente l’immagine della devota. Infine, con l’avvento del cristianesimo, la riorganizzazione del territorio di Paestum e la nascita Capaccio a distanza di secoli ritorna l’immagine di Hera con bambino/melagrana con altro significato: è la Madonna della Grazia che accoglie i fedeli. È importante precisare che solo nel 1630 il vescovo F. M.Brancaccio parlerà di Sancta Maria de Granatu e solo nel 1861 l’antica cattedrale fu dichiarata santuario sotto il titolo ufficiale di Madonna del Granato.
Osservando la statua di culto venerata nella Chiesa, oltre al bambino, ritroviamo nelle mano destra la melagrana che colpisce e attira nuovamente la nostra attenzione. Alla melagrana si fa riferimento più volte tanto nella Bibbia quanto nel Vangelo. Il “malum punicum”, cosi come lo chiamava Plinio, per la nuova religione rappresenta la Chiesa che accoglie i fedeli, quell’unione già testimoniata nell’Ebraismo, nonché la nuova vita che viene offerta ai seguaci di Cristo. Brevemente ho tracciato una storia della presenza della melagrana a Paestum trascurando altrettante sfaccettature oggetto ancora oggi di discussioni. Partendo dalle antiche testimonianze bene si fa dunque a promuovere tanto la conoscenza e quanto la cultura del melograno per fare del suo frutto il nuovo simbolo della città.