La mia seconda Marcialonga Sangiovannese è stata diversa dalla prima! Non perché ci siano state modifiche al percorso, ma per il semplice fatto di sapere a cosa sarei andato incontro l’ho vissuta con un atteggiamento più rispettoso verso le difficoltà che la più antica gara podistica del Circuito “Cilento di Corsa” merita. Infatti, la 36^ Marcialonga è iniziata, si fa per dire, fin da quando ho superato il traguardo di quella precedente, circa un anno addietro. Fin da quel momento mi ripromisi che avrei affrontato il percorso con meno baldanza e più preparazione: a parte un anno più di gare che mi hanno temprato, mi sono allenato sulla salita della Madonna del Granato, a Capaccio Paestum. Inoltre, ho sempre riportato alla mente i tratti più caratteristici del tracciato rivivendoli nei ricordi delle difficoltà ma anche dello spettacolo che offre il panorama che si può godere dal Monte Bulgheria. Alla partenza si sono presentati oltre 250 atleti che hanno letteralmente occupato tutto il centro storico di San Giovanni a Piro da dove prende il via e termina la gara. Ma la piazza è già in fermento per le gare dedicate ai giovani atleti di San Giovanni a Piro che competono per una medaglia e, soprattutto, per far sentire quanto sia forte l’attenzione di un intero popolo verso una manifestazione che ha fatto storia nello sport cilentano.
È un intero popolo che accoglie e fa sentire a casa chi è arrivato da ogni dove per mettersi alla prova in una gara che ha fatto storia. Non mancano le nuove “leve” che tentano l’assalto al “monte” come Antonietta, Monica e Gina che sono rimaste affascinate come tutti dalla vedute mozzafiato che premiano gli atleti. L’avvio, che prevede un rapido giro nelle vie del paese fino a ritornare a passare sotto l’arco di partenza dopo 500 m, è ciarliero per il popolo dei corridori. Ma già alla salita che immette sul falso piano del 2° Km stronca tutta la voglia di parlare e ci si concentra sul da farsi per prepararsi ad affrontare il muro che porterà in cima. Lungo il percorso una mini banda musicale e musiche più moderne provenienti dalle abitazioni danno il tempo e rendono l’atmosfera della festa patronale anche lungo il percorso. Sento fiato e gambe che mi sorreggono e cerco di guadagnare “tempo al tempo” in attesa di inerpicarmi verso la cima. Sono il 4°, il 5° e 6° Km che danno senso a questa gara: si corre in un ambiente campestre con i pastori a guardare e le loro pecore a brucare la verde erba di un maggio che più piovoso non si può. Siamo in tanti a desistere nello spendere ogni energia nel tentativo di correre anche nei tratti più duri, ma appena la salita si fa abbordabile, ecco che si riprende di buona lena l’andare. C’è anche chi si ferma a fotografare e a fotografarsi con sullo sfondo il Golfo di Policastro fino alla costa di Maratea dove si staglia il grande Cristo benedicente.
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Manca poco alla vetta e chi è davanti accenna alla ripresa della corsa, si vuole arrivare all’inizio della discesa con un po’ di abbrivio. La pendenza che porta verso valle è molto ripida e mette a dura prova la tenuta della ginocchia di chi si lancia a rotta di collo con la voglia di recuperare secondi nella media generale. All’arrivo sulla strada si tira un sospiro di sollievo e chi ha ancora energie da spendere è questo il momento di metterle sul “piatto”. Anch’io ci provo e allungo sia falcata sia il ritmo nel tentativo di superare qualcuno ma, soprattutto, di non farmi sopraggiungere da chi è dietro. Ad un tratto, davanti a me, intravedo Ginetta che sta percorrendo al passo i 9 Km del tracciato mi grida che “è stato bellissimo!” Continuo a scendere senza rallentare fino ai piedi del paese. La gradinata che ci risale verso il paese è uno scoglio troppo duro per farlo di corsa, mi metto al passo ma con l’orecchio ad ascoltare voci da terga. Davanti alla chiesa riprendo un passo sostenuto … è fatta! Taglio il traguardo con un tempo di 56’40’’. Sono 4’ meno dell’anno passato ma, soprattutto, ci sono arrivato bene e senza patemi. Mi avvino al ristoro, bevo un po’ d’acqua, consegno il micro cip, ritiro il sacco omaggio, assaggio la buona pasta asciutta e mi avvio all’auto per una “doccia” rigenerante.