Il 25 aprile è festa della liberazione, il giorno in cui si ricorda l’insurrezione del popolo consapevole dei propri diritti contro quella parte dell’Italia che aveva puntato tutto sul diritto di pochi a decidere per tutti.
Il regime istaurato in un ventennio aveva gradualmente, ma inesorabilmente, eliminato ogni parvenza di democrazia prima con la presa del potere usando metodi violenti, poi sopprimendo gli oppositori più determinati e infine chiudendo il Parlamento riducendolo ad un bivacco di portatori di idee inneggianti al duce solo al comando.
La libertà espressione era un lusso che ci si poteva permettere, per la maggioranza silenziosa aveva piegato la testa e si era adattata a vivacchiare accontentandosi di sopravvivere.
Solo un manipolo di coraggiosi tenne alta la bandiera della libertà e non si piegarono al sopruso pagando con il carcere, il confino e con l’esilio la loro opposizione al potere assoluto.
Fu grazie a loro che, con il rinascere delle speranza democratica a seguito della discesa in guerra al fianco della Germania nazista e del suo disastroso epilogo, cominciò a sventolare la bandiera della libertà raccogliendo sotto di essa i più coraggiosi e arditi uomini e donne che, con sprezzo del pericolo e impegnando la loro stessa vita verso la causa democratica, si armarono per combattere in armi la dittatura.
Fu grazie all’eroismo di pochi che l’Italia, dopo la guerra, poté sedersi al tavolo della pace sbiadendo un po’ il rossore della vergogna.
Fu grazie i politici con la schiena diritta che non cedettero alle torture subite in carcere ed ai soprusi messi in atto contro le loro famiglie che oggi anche i nipotini dei gerarchi fascisti possono pontificare in TV e in Parlamento.
Fu grazie alle donne partigiane che pretesero il suffragio universale che da oltre 70 anni più della metà della popolazione può esercitare il diritto di votare.
È da tempo che in Italia, e soprattutto nel meridione del nostro paese, che si tenta di mettere in sordina la ricorrenza del 25 aprile. Il motivo è chiaro come la luce del sole: confinare nell’evento storico il ricordo di quella tragedia politica che tante vittime e sofferenze portò in ogni famiglia.
È da tempo che nella nostra nazione si tenta di equiparare le vittime e i carnefici di quel tempo, altri trovano sotterfugi lessicali per rivalutare le cose buone che furono fatte sotto il regime mussoliniano, altri ancora non hanno pudore a proporre diverse condizioni di vita e di diritti ad etnie diverse dai cosiddetti italiani … fino a negare il diritto di cittadinanza che ogni uomo deve avere radicandosi al luogo dove è nato.
È da tempo che i fatti di cronaca legati alla criminalità vengono raccontati cominciando gli articoli o i servizi giornalistici indicando l’etnia, le origini se non il colore della pelle di chi ne è protagonista.
È per questo, ed altro ancora, che il 25 aprile resta un punto di riferimento per tutti i cittadini che ripudiano il metodo “fascista” per regolamentare la vita di una nazione democratica.
Non è sufficiente vantarsi che il popolo con il suo voto ha dato il potere alla maggioranza di legiferare perché al di sopra delle leggi che un Parlamento asservito può varare.
In Italia ancora vige la Costituzione democratica che ci hanno lasciato in eredità scritta con il sangue dei partigiani e di quanti ebbero il coraggio, potremmo dire la “temerarietà”, di immaginare che un giorno il ventennio oscuro della democrazia sarebbe diventato solo un ricordo e un monito per le generazioni future.
La “Libertà” non ammette eccezioni né consente la manipolazione dei diritti umani.