Usa gli occhi e le mani, in un luogo dove la tecnologia alligna rigogliosa, è come quel piccolo soldato che, pignolo, controlla tutto. Si chiama Walter Mazzeo, è l’uomo – macchina della grande diga di Piano della Rocca, nel comune di Prignano Cilento, mica uno scherzo ma un accumulo capace di 28,5 milioni di metri cubi d’acqua. Walter ha una quasi laurea in ingegneria in tasca: ‘Per il traguardo mi mancavano pochi esami’. Descrive così il suo lavoro ‘Sono addetto ai controlli, quello che registra tutto, osservo e archivio quello che mi dicono strumenti e sensori.’. Ogni giorno è lì, a guardia dell’acqua che non deve fare i capricci e contro le eventuali intrusioni di estranei nell’impianto controllato con telecamere a circuito che ti seguono passo-passo – e lo racconta, da poeta, Giuseppe Liuccio – “in una vallata arida, là dove appena qualche anno fa grilli e cicale gareggiavano in concerti di libertà”. Qui qualcuno, l’avvocato Franco Chirico, ha incastonato un miracolo di ingegneria idraulica ed un sistema di valorizzazione ambientale che ha poco di mediterraneo e molto di Europa avanzata. ‘E’ un grande imbuto che raccoglie tutta l’acqua che piove nei 100 Kmq del bacino imbrifero. Possiamo così arrivare ai 28 milioni di metri cubi d’acqua che stanno dentro questo invaso’ dice Walter. Con l’acqua assai buona da bere, a stare al suo racconto, migliore, dal punto di vista dell’uso domestico, perfino dell’acqua di sorgente perché ‘è molto leggera, non attraversa le rocce e quindi contiene poco calcare e per questo non incrosta le caldaie e le lavatrici’. L’entusiasmo di Walter, per quest’acqua così buona da bere, come vedremo, è un po’ contestato. Ma andiamo con ordine. Sette anni fa si cominciò a riempire questi cinque chilometri d’acqua. E le polemiche, che dalle nostre parti non mancano mai, evocarono la paventata mutazione del microclima locale. Il lamento arrivava più forte dai paesi vicini. Che c’è di vero? ‘Macchè’ ribatte Walter ‘il giorno d’acqua si riscalda e col moto convettivo la nebbia e l’umidità sono sospinte fuori dalla nostra valle. Anche a Cicerale ammettono che l’ambiente naturale si è modificato in meglio. Adesso ci sono molti più animali selvatici e numerosi uccelli vivono nel serbatoio, specie gli aironi cinerini. Anche noi nel nostro piccolo combattiamo l’effetto serra’. Questa di Piano della Rocca è una diga nata per dare l’acqua all’agricoltura sitibonda di queste parti. Con due metri cubi al secondo si alimenta anche una centrale idroelettrica, situata ad 8 km dalla diga, e così si produce energia da fonte rinnovabile in pieno Parco Nazionale del Cilento. Ed è sempre Walter Mazzeo a raccontarci come gli agricoltori: ‘Con l’idrante del Consorzio in mezzo ai loro campi useranno le tessere magnetiche per aprirlo ed i computers fattureranno solo l’acqua effettivamente consumata.’. I nomi della altre ‘dighe’gestite dal Velia si chiamano: Carmine, Nocellito, Fabbrica, S. Giovanni. C’è poi la diga “Fosse”, presso Ceraso. E’ molto piccola: ‘Quasi una bagnarola.’ così come la ridimensiona Walter.
Un altro entusiasta è l’ingegner Marcello Nicodemo. A ragione, visto che è la mente tecnica di una realtà di rilievo che lui stesso definisce: ‘Un pezzo di Nord – Europa generato con orgoglio dall’antico e fecondo Cilento’. Ci tiene a sottolineare le opere di inserimento ambientale della Diga per ridurne l’impatto sull’ambiente. Prima della costruzione della diga, nell’Alento durante l’estate non c’era acqua. Adesso, una parte di quella che raccogliamo nel serbatoio durante l’inverno, la restituiamo in estate a valle dello sbarramento in un oasi di oltre 60 ettari con larghetti per la sosta di uccelli migratori ed un bosco ammirabile anche da chi percorre in macchina la statale che porta a Vallo. In questo modo, grazie al contributo anche tecnico e scientifico di architetti del paesaggio, naturalisti, idraulici, geologici e ambientalisti, siamo riusciti addirittura ad incrementato il deflusso minimo vitale nel fiume.’. L’esperienza di Piano della Rocca ha anche una notevole valenza scientifica. Qui è tutto un grande laboratorio “open” per ricerche di settore. ‘E’ una via vai di ricercatori universitari, e non solo, che elaborano studi con i dati che gli forniamo.’ evidenzia Nicodemo. Entriamo, con lui, nel tunnel sotterraneo posto sotto la diga. La temperatura è poco superiore ai 10 gradi. L’atmosfera è irreale. Con magie e tattili sonorità. Ci racconta che ‘Per trattenere l’acqua nel serbatoio, sotto lo sbarramento c’è un muro profondo quanto l’altezza della diga. Le infiltrazioni d’acqua e gli spostamenti del terreno sono costantemente controllati.’ ‘Una diga è come un essere vivente.’ conclude Nicodemo ‘ogni giorno bisogna controllare se sta bene in salute.’.
Subito dopo ci raggiunge l’avvocato Franco Chirico. E’ il presidente della Banca di Credito Cooperativo del Cilento come del Consorzio “Velia”. Si autodefinisce “scomodo” ed anche “ingombrante” ma si sente “espressione della società civile”. Oltre alla sua professione d’avvocato anima anche una serie di interessanti ed avanzate iniziative di sviluppo locale. ‘Ognuno degli elementi di questo puzzle’ ammette ‘ha una sua missione da compiere.’. Confessa di amare ‘lavorare senza visibilità e di non avere ambizioni politiche.’. Poi aggiunge: ‘Anche i progetti più belli senza condivisione politico-programmatica e senza risorse finanziarie non si realizzano. La Politica, quella con la P maiuscola, quella che si estrinseca attraversa la programmazione – dai progetti Speciali della ex Cassa, ai Piani Annuali di Attuazione della ex Agenzia fino ai Programmi Operativi Plurifondo della Regione finanziati dalla Comunità’ – ha sempre sostenuto con fiducia e determinazione le proposte del Consorzio. ‘I sindaci del comprensorio hanno sempre sostenuto in tutte le sedi le iniziative del Consorzio.’. Anche quando, in passato con qualcuno di loro, c’è stata polemica, è stata superata da ambo le parti nel superiore interesse per il territorio. Senza il loro sostegno e quello pieno della comunità locale, difficilmente si sarebbero potute realizzare opere così imponenti. Mi sento di essermi fatto interprete dell’orgoglio, della tenacia, della determinazione e della voglia di riscatto dei cilentani e di avere contribuito a valorizzare il capitale umano, sociale e ambientale del Cilento. A loro va tutto il mio più profondo ringraziamento.’.
E’ perfettamente conscio di avere guidato la più profonda delle rivoluzioni, con 7000 ettari di terreni irrigabili grazie all’acqua delle dighe. ‘Qui può nascere un nuovo polo agroalimentare: quello cilentano sinonimo di qualità.’. E, con la competenza del banchiere, racconta quanto spende ogni anno il Cilento per comprare frutta e verdura al di fuori dell’area. Per mangiare, per metterla sul semplice. L’obbiettivo è quello di fare abbassare questa forbice innalzando il livello di auto approvvigionamento. Si dichiara orgoglioso di avere così contribuito a invertire insieme a tantissimi altri attori locali il meccanismo alla base del sottosviluppo dell’area. E’ una rivoluzione? Sicuramente è così. Ma non gli mancano i critici feroci. Poi si apre alla discussione sul capitolo dell’emergenza idrica.
L’accusano di volerci imporre di bere l’acqua dai suoi potabilizza tori.
‘Uno dei problemi del Cilento era la mancanza d’acqua. Non solo per l’uso irriguo ma anche per l’uso potabile. Con questa diga voluta dalla ex Cassa per il Mezzogiorno’ dice Chirico ‘e le altre cinque che sono state realizzate nel comprensorio si è creata una risorsa per soddisfare tutti gli usi in materia di acqua: non solo agricola ma anche per l’artigianato, per l’industria alimentare, per l’energia e, non ultimo, quello ambientale. Anche il turismo può contare sulla nostra acqua per le piscine e i giardini. Siamo orgogliosi di avere contribuito a realizzare uno dei più complessi e moderni schemi di utilizzazione plurima delle risorse idriche. In base a studi fatti dalla Cassa per il Mezzogiorno e dalla stessa Regione nel salernitano mancano oltre 700 litri d’acqua al secondo. Preso atto di ciò abbiamo proposto alla Regione di realizzare i potabilizza tori. Uno si trova a Cannalonga e produce acqua potabile dal 1991 per tutta la fascia costiera, da Ascea a S. Mauro Cilento, durante l’estate. Quello che sta a Piano della Rocca dovrebbe servire da Montecorice fino a Paestum ed è entrato in funzione l’anno scorso.’.
Cosa ha da dirci sulla polemica sorta sulla possibilità di utilizzare, per Salerno città, l’acqua dell’Alento?
C’è il pregiudizio che solo l’acqua delle sorgenti è sicura. Non è così. In tutti i paesi civili i potabilizza tori sono usati. Il cimitero va a bere un’acqua sicura garantita a monte e controllata a valle. L’acqua dell’invaso non proviene dagli scarichi di insediamenti urbani ma da una delle aree più integre del Parco Nazionale del Cilento. E’ acqua piovana raccolta e classifica di seconda categoria. Aveva anche i parametri per stare nella prima categoria. Ma c’era qualche fogliolina sospinta dal vento…’.
Si dice che l’acqua potabilizzata è più costosa?
Beh, c’è tutto un procedimento complesso e delicato a monte. Il costo medio, a metro cubo, di vendita dell’acqua ai cittadini da parte dei Comuni e dei Consorzi attualmente si aggira tra le 1000 e le 1800 lire. Il nostro processo viene a costare, a seconda dei casi, da 350 a 550 lire al mc a cui si aggiungono circa 110 lire al mc per l’acqua grezza. Però l’acqua delle dighe è integrativa di quella delle sorgenti. Essa rappresenta solamente il 10% di quella distribuita dal Consorzio degli acquedotti del Cilento ed appena il 2-3% di quella distribuita dal Sele, il tutto per un massimo di 5-6 milioni di mc d’acqua l’anno, da distribuire all’occorrenza. Però essa è importantissima perché interviene quanto manca quella delle sorgenti, come in questo periodo. Siamo come i gruppi elettrogeni che intervengono quando va vai l’energia di rete.
Costa troppo? Il Consorzio Velia vuole lucrare sui bisogni degli utenti?
Abbiamo fatto presente che per abbassare i costi fissi è necessario trattare almeno 2 milioni di mc cubi l’anno. L’ASIS ed il CONSAC hanno chiesto di gestire direttamente i potabilizza tori insieme al Consorzio Velia. Quale modo migliore di controllare i costi, attesto che chi acquista l’acqua potabilizzata saranno proprio gli stessi consorzi Consac e ASIS. L’anno scorso è stata chiesta l’autorizzazione regionale per l’O.K. alla società. In questi giorni la Regione sta decidendo. Il giorno dopo l’eventuale assenso regionale la nuova società di gestione sarà in grado di attivare l’impianto e, tempo qualche giorno per pulire le condotte, l’acqua arriverà nelle case e sarà la fine dell’emergenza.
Il rimborso dell’acqua grezza al Consorzio Velia pari a 110 lire al mc è troppo alto? Esso rappresenta unicamente il rimborso delle spese pro-quota per la gestione delle dighe e del sistema di controllo. Esse vanno tenute in perfetto funzionamento ed in condizione di assoluta sicurezza sia per evidenti di pubblica incolumità sia per garantire la possibilità di invasare acqua. La storia delle dighe siciliane di questi giorni ha mostrato come al problema delle scarse precipitazioni si è sommato quello della impossibilità di talune di invasare acqua oltre un certo livello per limitazioni di invaso imposte dagli organi di controllo.
Qualcuno propone la soluzione di andare a captare altre sorgenti a Polla e a Sicignano. Non ritengo sia la soluzione giusta. In primo luogo perché si devono spendere altri 14 milioni di euro per portare 5-6 milioni di mc, solo in emergenza, quando esiste già la disponibilità immediata di quella dei potabilizzatori. Questi soldi, insieme a tanti altri per la verità, sarebbe più opportuno spenderli per riparare le condotte e ridurre le perdite. Per la sola provincia di Salerno avremo bisogno nei prossimi anni di almeno 400 – 500 milioni di euro per rifare le reti cittadine. In secondo luogo perché sollevare l’acqua dai pozzi, trasportarla per 40-60 Km non costa poi molto di meno che potabilizzare l’acqua delle dighe. E infine, c’è il problema ambientale, da non trascurare. Quando la Regione (con un accordo di programma del 1993) decise di finanziare i potabilizzatori con i soldi della Comunità Europa diede una svolta innovativa alla politica di gestione delle risorse idriche intesa a tenere in maggiore conto le compatibilità ambientali derivanti anche dalle necessità di tutela imposte dal nascente Parco Nazionale del Cilento ed in tali sensi decidendo di rinunziare definitivamente a programma di captazione (sorgenti Sammaro, Pozzi Petra, Falde di Castelcività) e di soprassedere su altri con forti ridimensionamenti (Pozzi di Sicignano e Polla etc) così come recepito nella proposta di nuovo Piano Regolatore Generale delle Acqua per la Campania. La politica regionale è cambiata? Non credo proprio.
C’è chi, apertamente, invita a non bere l’acqua della diga.
Molti paesi europei non utilizzano solo le sorgenti per l’acqua da bere. Molti addirittura ne riducono lo sfruttamento, per i danni ambientali, per le captazioni delle sorgenti in alta montagna. Noi controlliamo, contemporaneamente, ben 48 parametri di qualità. La tecnologia, anche in questo campo, ha fatto progressi giganteschi. Un problema di qualità dell’acqua c’è, e voglio sottolinearlo in tutta la sua drammaticità. I cilentani per cronica carenza d’acqua sono stati costretti nel corso degli anni a munirsi di costosi serbatoi di accumulo. Ebbene anche l’acqua buona di sorgente dopo che è stata ferma per intere ore o giornate nei serbatoi di casa, spesso attivati solo durante l’estate, diventa imbevibile anche perché il cloro per la copertura sanitaria dell’acqua scompare dopo qualche ora. Questo è un vero è proprio danno alla salute dei cittadini che gli organi di controllo sanitario non dovrebbero trascurare. Le continue interruzioni e/o manovre del flusso idrico generano pericolosi rischi di intrusione in condotta di sostanze inquinanti. Invece con l’acqua del potabilizzatore è possibile superare i periodi di punta, a maggiore richiesta, senza turni, senza serbatoi casalinghi, senza alzarsi di notte, come in un “paese normale”. Le analisi dell’acqua dei potabilizzatori sono fatte anche dagli organi sanitari pubblici. Non si fidano? Allora, i cittadini, i comitati di tutela dei consumatori o chiunque altro ne abbia interesse, ci indichino un laboratorio di loro fiducia e noi provvederemo ad inviare un campione d’acqua. Non è una sfida, ma è solo uno sforzo per tranquillizzare gli utenti. Ai pregiudizi rispondiamo con le analisi, non mi pare che gli argomenti siano sullo stesso piano.
Ma oggi chi gestisce il settore?
‘Ad otto anni dalla legge Galli chi di competenza non ha ancora fatto tutti gli atti conseguenti. Presto avremo la gara per definire chi sarà il soggetto gestore. Che cosa aspettiamo che arrivino dal Nord, o addirittura dall’esterno, a gestire i nostri acquedotti? Nel credito siamo già stati annientati. Anche per l’acqua spediremo utili fuori e saremo ancora una volta colonizzati. Spero di no. Voglio concludere lanciando un appello. In futuro ci sarà sempre meno disponibilità di acqua e per questo abbiamo bisogno di farne buon uso. Abbiamo proposto, insieme ai Sindaci della costa da Ascea, Casalvelino ad Acciaroli ed ai Consorzi acquedotti, la costruzione di una condotta duale per dare l’acqua grezza delle dighe, senza trattamento e quindi a basso costo, ai giardini, alle seconde case o alle piscine e a tutte le utilizzazioni diverse dal bere e cucinare, in modo da risparmiare l’acqua potabile preziosa che viene dalla sorgente e dai potabilizzatori. Su qualcuno il costo si dovrà scaricare. Perché allora non scaricarlo su questa rete concepita su misura per le seconde case? Anche solo sui turisti?’
C’è forse un suo problema di rapporto con la politica?
‘Nel passato non sono stati sempre idilliaci. Negli ultimi anni tutto è nella normalità. Si collabora bene. Hanno riconosciuto la positività del lavoro svolto dal Consorzio Velia.
E i rapporto con l’ATO (Ambito Ottimale) e col Consorzio di Vallo?
E’ stato sì conflittuale. Ma ora c’è un cambiamento. Il nuovo Presidente è venuto qui. Ha voluto vedere tutto. Si è documentato sulla qualità e quantità dell’acqua, senza pregiudizi. E questo ci tranquillizza.