I boschi ricoprono circa il 40% del territorio nazionale. Le aree più densamente boscate sono la Liguria e il Trentino, mentre le regioni meno ricche sono la Puglia e la Sicilia. Presentano panorami selvaggi, a tratti impervi, con alberi selvatici ad alto fusto ed arbusti o erbe. In altre zone troviamo querceti di rovere e roverella oppure boschi di latifoglie sempreverdi. Le montagne sono occupate da boschi di abete rosso e bianco; mentre le coste ospitano le pinete mediterranee.
Essi rappresentano una componente imprescindibile del nostro Paese, in termini paesaggistici, ambientali ed economici. «I nostri boschi, come componente del capitale naturale nazionale e come bene di rilevante interesse pubblico, assumono per il nostro Paese un ruolo strategico, e rappresentano il nostro passato, la nostra identità e il futuro che stiamo costruendo» – è quanto si legge dal ‘Rapporto sullo stato delle foreste italiane’(RaF Italia 2017-2018), una sorta di numero zero, creato con lo scopo di fornire un quadro globale sullo stato attuale; permettere alla società di riconoscerne il ruolo; ed intraprendere azioni ed interventi efficaci, così da garantirne la conservazione.
Perché sono così preziosi? Le foreste nel mondo sono in prima linea contro i cambiamenti climatici. La loro presenza mitiga temperatura, umidità, pressione atmosferica e precipitazioni. Fondamentali, dunque, nella lotta contro il riscaldamento globale, poiché sono in grado di assorbire CO2 e quindi purificano l’aria, filtrando le sostanze inquinanti. Gli alberi svolgono un ruolo molto importante per rendere il territorio più resiliente e sicuro. Sono le foreste che aumentano la sicurezza idrogeologica, riducono l’impatto di alluvioni ed esondazioni, consolidano il terreno, arrestano l’inaridimento dei suoli, l’erosione e la desertificazione, proteggono dal caldo estremo. Episodi questi che a loro volta comportano l’estinzione di specie viventi. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha stimato che ogni anno si perdono 13 milioni di ettari di foreste a causa della deforestazione. Altre minacce sono rappresentate da agricoltura e allevamento intensivi, poiché le foreste vengono tagliate per fare spazio a colture o allevamenti di bestiame. Incendi ed insetti patogeni ne accrescono. Anche fenomeni come inondazioni e uragani si sono intensificati, è il caso in Italia della tempesta Vaia nel 2018.
L’uomo con le sue attività mina ogni giorno alla loro distruzione. La crisi pandemica – che ha capovolto ciò che noi chiamavamo ‘normalità’ – sta mettendo il mondo dinanzi ad una nuova sfida e l’Italia – come altri stati europei – ha davanti una grande opportunità: il recovery fund per far ripartire l’economia messa a dura prova dal Covid-19. Entro aprile dovrà presentare il recovery plan, progetti contenuti nel piano nazionale di ogni paese. Tra le missioni, oltre alla digitalizzazione, infrastrutture, istruzione, equità sociale, di genere e territoriale, un asse importante è rappresentato dalla rivoluzione verde. Si vuole consegnare alle prossime generazioni un modello basato su un’economia sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Tra gli obiettivi: la riduzione delle emissioni; il miglioramento dell’efficienza energetica; la transizione ecologica; l’implementazione dell’economia circolare; l’implementazione delle energie rinnovabili; la costruzione di piste ciclabili (1.000 km in città e 1.626 km di percorsi turistici); il rimboschimento; il riciclo dei rifiuti; la decarbonizzazione dell’ex Ilva.
Da un lato le nuove generazioni sempre più sensibili alla tematica lanciano il loro grido d’aiuto; dall’altro i governi sembrano accogliere le richieste. Da un sondaggio ‘Flash Eurobarometro’, condotto a marzo, emerge un aumento dell’impegno politico e della consapevolezza fra gli europei nella fascia d’età fra i 15 e i 30 anni. Alla domanda «Come possiamo costruire un’Europa più forte e più unita?», oltre due terzi degli intervistati hanno risposto menzionando come priorità la tutela ambientale e la mitigazione dei cambiamenti climatici. In molti ritengono, poi, che il cambiamento climatico, l’ambiente e i comportamenti ecoresponsabili debbano ricevere maggiore attenzione in ambito scolastico. Altri, invece, pensano alle conseguenze che i cambiamenti hanno nelle aree più povere e desiderano battersi per una giustizia sociale; altri ancora agiscono con piccoli gesti quotidiani, come la raccolta rifiuti in spiaggia o nei parchi.
Ad oggi, proprio per sfuggire al contagio, si privilegiano spazi ampi, parchi, montagne, boschi a centri urbanizzati e popolati. La pandemia, del resto, ha messo in evidenza anche l’altalenante stile di vita a cui aravamo abituati. Una ricerca italiana, comparsa su The Lancet Planetary Health, nel 2019 – condotta dall’équipe del Dipartimento di epidemiologia della Asl 1 Roma e dell’Università La Sapienza – ha rilevato che ad una maggiore presenza di verde urbano, c’è una minore incidenza di ictus e una minore mortalità.
Conosciamo gli effetti dell’esposizione alla luce, ma stare a contatto con il verde ha un potere antistress e apporta buonumore. In Giappone, per esempio, è nata la ‘Forest Therapy’ come parte di un programma sanitario nazionale, che consiste nel passeggiare tra boschi e foreste per sconfiggere i disturbi legati allo stress e ritrovare l’armonia di corpo e mente. Inoltre, si sta sempre più diffondendo una filosofia di vita, ‘Friluftsliv’, parola norvegese che privilegia la vita all’aria aperta. Perciò sono nate molte iniziative scolastiche e aziendali che privilegiano modalità di studio e di lavoro circondati da alberi e da verde. Ne è un esempio il progetto ‘Aule Natura in Italia’ curato da WWF, che vuole creare vere e proprie aule all’aperto, che oltre a garantire sicurezza agli studenti, li sensibilizzano sull’importanza dell’ambiente.
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