Il notaio napoletano Petruccio Pisano nel 1478 roga a Salerno ben 102 atti per “operatori regnicoli e stranieri” nel breve volgere di una settimana, dal 18 al 24: era il periodo della Fiera di Settembre, quella dedicata al patrono San Matteo e alla quale accorrevano mercanti catalani, fiorentini, genovesi, francesi, milanesi e teutoni. Questo perché in quel secolo il Mezzogiorno e, in specie Salerno, era al centro dei traffici commerciali europei.
Fra i banchi della “Fiera” si contrattava di tutto, ma in specie, in quegli anni, si scambiava lana e tessuti in genere, visto l’impulso che i sovrani aragonesi di Napoli avevano dato a questo settore industriale. Ser Petruccio fa anche sapere – riferisce uno studio di Armando Sapori – che vi è stata in quell’anno una partecipazione di ben 286 fra operatori e testimoni di cui 211 meridionali e 75 di altre “nazioni” per usare un termine del tempo e furono fatte contrattazioni per 22.724 ducati e 15 grani e mezzo: una partecipazione notevole visto gli anni che correvano.
E la presenza di un notaio in Fiera fa immediatamente capire quanto fosse importante l’appuntamento commerciale settembrino di Salerno, che era regolato da precise e rigide norme, durante il quale venivano concessi non pochi benefici, soprattutto ai “forestieri” proprio per favorirne la partecipazione e i traffici. Sempre il Sapori riferisce che oggetti di compravendita furono: stoffe di lana e di seta da lavorare, cuoi vari, grano, tavole di abete, alcuni fusti di vino bianco e rosso e oggetti vari tra i quali «cinque migliaia e mezzo di pettini da testa, dozzine di forbici e 50 migliaia di spilli. Venditori furono due francesi residenti a Napoli, compratori dei pettini un mercante tedesco, delle forbici e degli spilli il genovese De Sena abitante a Cosenza».
Nel suo “Novellino”, Masuccio Salernitano (al secolo Tommaso Guardati) scriveva: «Negli anni che la nostra salernitana città sotto l’imperio del glorioso pontefice Martino quinto si reggeva, in essa de grandissimi trafichi se faceano, e mercanti infiniti de continuo e d’ogni nazione vi concorreano».
Dal canto suo lo storico Carlo Carucci annotava: «Istituita da re Manfredi nel 1259 la fiera di Salerno era certamente uno dei mercati franchi più noti del Regno; qui confluivano i mercanti di ogni parte d’Europa con i prodotti più svariati delle industrie e della produzione dell’epoca».
E in quell’inizio della seconda metà del sec. XIII si ebbe un altro grande avvenimento, la costruzione del molo Manfredi, ancora oggi così denominato quel braccio del porto ove è la Capitaneria e contermine con la neo piazza della Libertà.
Per la verità le Fiere erano due di cui una a maggio e l’altra, già citata e certamente più famosa e frequentata, a settembre, in concomitanza con i festeggiamenti in onore del Santo Patrono Matteo, Fiera che si svolgeva per ben dieci giorni a partire dal 18 settembre. Una Fiera, quest’ultima, alla quale partecipavano le più grosse famiglie mercantili d’Italia, di Francia e Catalogna e durante la quale non veniva disdegnato il baratto
A volere la Fiera fu Giovanni da Procida, medico insigne e maestro della Schola Medica, devotissimo alla Casa Sveva, che godeva della fiducia di Manfredi. Narra, infatti, una tradizione popolare che fu lui a raccogliere in Piazza Mercato a Napoli il guanto lanciato da Corradino prima della decapitazione ad opera degli odiati d’Angiò.
L’istituzione della Fiera nel periodo settembrino, in concomitanza con i festeggiamenti per il Santo Apostolo ed Evangelista, era conseguenza del grande flusso di devoti e pellegrini che giungevano in città. Un pellegrinaggio che sin dalle origini aveva richiamato artigiani e mercanti.
«Di queste glorie del passato i salernitani sono stati sempre gelosi custodi – scriveva Andrea Sinno – tanto che con rimpianto spesso hanno rivolto la memoria storica a quei secoli in cui Salerno, per i giorni dei festeggiamenti cittadini, diveniva centro non solo religioso, ma anche mercantile».
Dopo un’assenza ed una pausa di scadimento, da qualche anno ha ripreso vigore la Fiera del Crocifisso in svolgimento nei venerdì di Quaresima. Mancava la “Fiera di Salerno”, a cui da qualche anno ha posto rimedio la Camera di Commercio con una manifestazione quanto mai imponente e coinvolgente tutta la città, l’urbs antiqua ovviamente.
Certamente, rispetto al ‘400 sono cambiate i luoghi ed i siti di svolgimento, così come sono cambiate gli espositori. Diverse, infatti, sono oggi le esigenze degli individui rispetto a quelle di sei secoli fa, così come sono presenti istituzioni una volta inesistenti. D’altra parte è cambiato radicalmente il concetto di commercio e dei prodotti in vendita, frutto, ovviamente, del progresso scientifico e sociale. Senza contare che una volta si aspettava la Fiera per poter comprare determinati prodotti, mentre oggi si trova di tutto dappertutto e in ogni periodo dell’anno. Basti guardare al Natale, ormai quasi prossimo. Una volta lo si aspettava per ricevere qualche regalo utile alla persona o alla casa, mentre oggi il regalo spesso è qualcosa di inutile.
Tra l’altro la Fiera oggi sembra essere più un luogo di promozione commerciale del Made in Italy (soprattutto verso Paesi extra comunitari) che di vendita al dettaglio di prodotti che sono ampiamente già parte della nostra quotidianità. Senza contare che gli interessi di quest’epoca sono spesso rivolti a quel popolo di turisti che percorre in lungo e in largo soprattutto la nostra Europa, nonché i Paesi del Mediterraneo. Non fu e non è, pertanto, peregrina l’istituzione della appena conclusa Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, giunta quest’anno alla sua XXIV edizione, pensata e voluta dall’allora Presidente della Provincia, Alfonso Andria, e che ogni anno si svolge a Paestum.
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