Riprendo con piacere e ripubblico qui di seguito una parte della mia recensione di un interessante libro di Rosa SPINILLO per recuperare ed esaltare la figura prestigiosa di un illustre conterraneo, il capaccese Gennaro BELLELLI, che ho considerato da sempre punto di riferimento per la mia formazione culturale e politica.
La Famiglia Bellelli ha recitato un grande ruolo nella Storia di Capaccio Paestum, ma non solo. Edgar Degas fu un pittore impressionista di caratura internazionale.
Tra la famiglia Bellelli e Degas ci furono rapporti stretti, giustificati anche da relazioni di parentela.
Su queste relazioni indaga con rigore una bella, interessante e coinvolgente ricerca storica di Rosa SPINILLO, dal titolo: I BELLELLI E DEGAS – Iconografia e storia di una famiglia italiana”.
“La famiglia Bellelli fu un delle più antiche e prestigiose del Salernitano, la più importante di Capaccio Paestum”- scrive la Spinillo nel suo libro.
E da questo assunto quasi apodittico fa scaturire la lunga storia della famiglia, a partire dal capostipite Giuseppe Maria, quondam Francesco, detto Cecchettino, quando, proveniente da Buccino, fece il suo ingresso in Capaccio nel 1760.
Divisa in vari rami, la famiglia contò personaggi di spicco sia nel ramo di Capaccio che in quello di Castellabate.
La notevole ascesa sociale è testimoniata dallo stemma gentilizio del casato “di azzurro alla fascia d’argento accompagnata nel capo da una stella d’oro e in punta da tre piante di orzo legate da un nastro e sormontato da un falco, il tutto d’argento”.
E molti membri vengono riportati negli atti notarili con l’appellativo di Magnifico, Onorabile, Nobile.
La Spinillo concentra la ricerca storica prevalentemente sul ramo dei Bellelli di Capaccio, a cominciare da Gaetano, che fece una folgorante carriera durante il decennio francese del regno di Napoli, tanto che il 1° dicembre del 1806 fu insignito del titolo di Barone, con godimento maiorasco con R.D. del 24 dicembre 1811, da Gioacchino Murat.
Acquistò notevoli ricchezze con una accorta politica matrimoniale, tanto da poter disporre di un enorme patrimonio, inferiore soltanto a quella del Principe Doria D’Angri, Signore indiscusso di Capaccio.
Il più noto dei figli del barone Gaetano fu Gennaro. Nato a Napoli il 17 dicembre 1812, seguì le idee liberali del padre e fu sotto sorveglianza continua della polizia borbonica per le sue frequentazioni con personaggi di formazione mazziniana, tra cui Carlo Poerio.
Gennaro sposò Laura Degas con matrimonio celebrato a Napoli il 31 agosto del 1842 in casa di Renè Hilaire Degas, Don Hilaire (Ilario) come lo chiamavano, con affetto e rispetto insieme, i napoletani. Era il nonno di Edgar Degas, il grane maestro francese, dalle origini italiane.
Padre di Edgar fu Auguste, nato a Napoli come tutti gli altri figli del nonno banchiere e di una napoletana di origine genovese, Aurora Feleppa. Tra i figli vi era anche Laura, zia, quindi, del pittore.
Di qui l’intreccio con rapporti di sangue tra i Bellelli ed il grande Maestro dell’impressionismo.
Su questi rapporti di vita e di arte indaga la ricerca di Rosa Spinillo e la sviluppa su una linea di grande rigore e di gradevole lettura.
L’attenzione maggiore e conseguente spazio è dedicata a Gennaro Bellelli, che fu personaggio di spicco nella opposizione al re Ferdinando di Borbone, la cui polizia lo riteneva un “pericoloso soggetto” e sul quale esercitò una vigilanza speciale, durante quella che viene conosciuta nella comune accezione come Primavera dei popoli e che nella capitale del Regno registrò un’ondata di moti rivoluzionari borghesi. In quel periodo nacque a Napoli, con atto costitutivo del 10 marzo 1848, Il Nazionale, giornale fondato e diretto dal Bellelli, che divenne e fu di fatto l’ideologo del movimento dei moti rivoluzionari, che trovarono in un altro capaccese, Costabile Carducci, l’eroe eponimo in territorio cilentano. Come viene riconosciuto da tutti gli storici e come la Spinillo sottolinea con forza Il Nazionale divenne la fucina delle idee politiche sue *di Gennaro (e degli altri liberali napoletani) alle quali la banca Degas non lesinò aiuti finanziari.
E proprio sul giornale si sofferma a lungo, con risultati eccellenti, la ricerca, mettendone in rilievo gli obiettivi, come si evincono già dall’articolo del fondatore già dal primo numero: “Il Nazionale viene per noi fondato col principale intendimento di caldeggiare e promuovere la nazionalità italiana sulle basi dell’indipendenza, che deve fiancheggiare tutti i popoli della penisola dalle straniere influenze, e del sistema rappresentativo, che debbano assicurare la libertà, e collegarli in unità politica, col predominio legale della spiritualissima forza della pubblica opinione”.
Se l’intendo della Spinillo era quello di recuperale il nitore della personalità politica di Gennaro Bellelli, restituirlo in tutto il suo spessore di ideologo dei principi del moderatismo liberale del Risorgimento Napoletano, consegnarlo ai capaccesi e ai cilentani tutti nel grande ruolo di generoso combattente per la libertà ed il riscatto della sua terra, di dimostrare che il baronaggio ed il latifondismo non fu solo e sempre sfruttamento ed arricchimento senza scrupolo a danno delle classi meno abbienti, né supina acquiescenza alla volontà del Borbone, ma anche scatto di orgoglio e prove concrete di dignità e di autonomia di giudizio e di decisioni, di rimettere ordine nella storia di una Famiglia importante, dando ad ogni membro ruolo e meriti che la storia gli riconosce, bisogna dire che l’obiettivo è perfettamente riuscito.
Questo libro può entrare in tutte le case di Capaccio Paestum ed essere esibito con orgoglio di identità e di appartenenza di tutte le famiglie, qualunque ne sia la classe sociale e l’orientamento politico.
E le nuove generazioni possono guardare alla figura pubblica di Gennaro Bellelli come portatrice di valori da poter e dover esaltare in qualsiasi epoca storica la libertà ed il rispetto della dignità umana, innanzitutto.
Ma è da notare anche che Rosa Spinillo è una studiosa seria ed una apprezzata critica d’arte; e si giustifica, quindi, e si apprezza nello stesso tempo, l’analisi dettagliata, nonché le vicende storiche della famosa tela, capolavoro di Degas, conservato al Museo d’Orsay con il titolo Famille Bellelli e che, come ha scritto Jean Leymarie, è da considerarsi la “ricapitolazione e quasi premonizione di tutti i legami del pittore con la sua famiglia italiana”.
Ed è un atto di verità la lettura psicologica del quadro con le conseguenti interpretazioni sui drammi familiari di cui Degas sarebbe stato testimone e che intendeva rappresentare. Ma questa lettura psicologica del qradro, per quanto interessantissima, esula dai miei interessi di ricerca, che sono concentrati principalmente sulla figura di intellettuale, di ideolo e di politico di Gennaro Bellelli, esponente di primo piano della rivoluzione cilentana del 1848.
È questo aspetto della complessa e poliedrica figura di Gennaro Bellelli, che mi piace recuperare ed esaltare e farla conoscere a tutti capaccesi, soprattutto ai giovani, che sanno poco di lui.
Mi piace farlo nei giorni in cui prende il via il lavoro della nuova Amministrazione fresca di elezione, suggerendo al Sindaco, Cav. Francesco Palumbo, e ai consiglieri comunali, tutti, di maggioranza e di minoranza, di recuperare personaggi ed episodi della storia di Capaccio, di cui i cittadini debbono essere legittimante orgogliosi esaltandone l’orgoglio di identità e di appartenenza. Gennaro Belleli è uno dei più prestigiosi della lunga lista.
Ed io su questo nostro conterraneo illustre, in cui mi identifico per sintonia di ideologia e sinergia di lotte generose, mi sento di condividere in pieno, il giudizio che ne dà un suo erede.
Enrico BELLELLI, a cui sono legato da profonda stima e da calda amicizia che profuma di antico.
Nella intervista riportata documentaria del libro dichiara senza riserve il suo atto di ammirazione e d’amore per il suo illustre prozio.
“Gennaro resta la figura più rappresentativa della famiglia Bellelli sia per la sua storia politica, ma soprattutto per le idee liberali che gli costarono l’esilio, la perdita dei beni e una vita peregrina, disagiata, almeno per dieci anni. È il personaggio che ho amato di più, dopo mio padre, e non nascondo che la mia formazione politica deriva anche dalla sua figura”.