Il tramadolo è una sostanza oppiacea solitamente indicata come “debole”, la cui prescrizione è più agevole di quella degli altri oppiacei, con ricetta normale non ripetibile. Trova uso come antidolorifico, spesso utilizzato quando altri antidolorifici hanno fallito. Esiste sia da sola che in combinazione con il paracetamolo, con diversi nomi commerciali, il più diffuso dei quali è Contramal.
Così come gli altri oppiacei ad uso medico, anche il tramadolo ha un rischio di indurre dipendenza. Indurre dipendenza significa che la persona che lo usa, per qualsiasi motivo abbia iniziato a usarlo, se lo usa in maniera frequente o continuata può trovarsi ad avere un vero e proprio “appetito” per questa sostanza, al di là degli effetti potenzialmente utili. Avendo questo appetito la persona tende a usarlo in maniera continua, anche se a dosi magari variabili, e quindi sviluppa inevitabilmente uno stato di assuefazione, cosa che lo spinge ad aumentare le dosi per riprodurre l’effetto desiderato, e ad avvertire sintomi opposti, di astinenza, quando l’effetto della dose finisce.
I casi di dipendenza da questa sostanza consistono nel consumo non controllato del prodotto, in una condizione di crescente ansia e malumore, nonché terrore di rimanere senza. Però, rispetto agli oppiacei classici, il tramadolo ha anche proprietà simili a quelle di un antidepressivo a doppia azione, su reuptake di serotonina e adrenalina, per cui nel sovradosaggio può dare fenomeni eccitatori, così come nell’astinenza fenomeni simili a quelli dovuti alla sospensione brusca di antidepressivi. La molecola somiglia alla venlafaxina, e l’astinenza include infatti sia elementi di astinenza da oppiacei, che sintomi come scosse, formicolii, vertigini tipiche della sospensione di alcuni antidepressivi.