Nella società attuale si sperimenta una diffusa emergenza educativa per la difficoltà nel trasmettere valori e principi, aiutare i singoli e concorrere al bene comune. Famiglia, parrocchia, scuola sono luoghi di educazione alla vita, alla fede, allo sviluppo culturale, alla formazione professionale. La loro funzione è molto complessa per cui bisogna reinventare i metodi e trovare nuove risorse per essere vicini ai giovani, rivolgersi a loro con semplicità e amore, essere a loro fianco nell’affrontare le sfide quotidiane, vigilare senza imposizioni, aiutare a sviluppare un senso critico, generare fiducia, ispirare rispetto, dialogare usando linguaggi propri dei ragazzi per un annuncio gioioso del Vangelo. La migliore omelia è l’esempio, la testimonianza convinta che trasmette la fede facilitando la sua crescita, essere solidali verso i poveri e i più bisognosi, aperti alle diversità delle persone, tutti impegnati a custodire il Creato. Di ciò si è discusso al Convegno Pastorale della Diocesi di Vallo tenutosi la scorsa settimana. Il migliore commento sui lavori dell’assise lo hanno fornito i protagonisti. Nella mia parrocchia i partecipanti hanno esternato le proprie impressioni dalle quali si deduce non solo l’urgenza, ma la grande opportunità per una collaborazione sempre più intensa tra presbiteri e laici.
Lucia ha scritto che per lei è stata un’esperienza interessante e costruttiva. Hanno partecipato numerosi “provenienti da tante parrocchie della Diocesi, comunità di fedeli con energie e disponibilità nuove, soggetti attivi del vivere e dell’agire della Chiesa nella conversione e crescita nella fede”. Dell’intervento di mons. Galantino i punti che hanno maggiormente colpito sono stati la passione e l’amore nell’educare e la convinzione e credibilità dell’educatore-testimone. Ad attirare l’attenzione di Melina è stato il verbo educare, desiderosa di apprendere contenuti e strategie per trasmettere, nel suo piccolo, la gioia della fede. A proposito dell’intervento del relatore ha sottolineato il richiamo alla disponibilità ad incontrare l’altro con amore, a darsi senza riserve, a trasmettere con passione il messaggio di una fede che procura gioia e pienezza interiore. “La Chiesa, comunità educante, deve essere testimone di amore – ha scritto – e solo chi ha fatto esperienze di amore più andare verso l’altro, sicuro di poterlo trasmettere. Oggi si parla tanto di giovavi lontani dalla Chiesa: è la nostra sfida, educare i giovani alla luce del Vangelo, accompagnarli verso la maturità, far loro scoprire il progetto di vita. Per fare ciò è indispensabile essere disposti ad ascoltarli, far sentire loro forte la voce, essere esempio di fede, incontrarli nel loro mondo senza giudicarli ma tendendo loro amorevolmente la mano. Solo quando ci si pone nella condizione di veri educatori e di testimoni, è possibile far venire fuori ciò che è bello e che vale la pena vivere. Educare alla fede significa dare alla vita la forma del Vangelo, che può interessare i giovani solo se la si fa comprendere con l’esempio e l’esperienza concreta”. Il parere complessivo sulla relazione introduttiva del segretario della CEI è stato così sintetizzato da una docente: “carico di passione nei toni e nei contenuti, anche se, proprio come i giovani, anch’io avrei voluto tornare a casa non solo con un bagaglio teorico, ma anche ricco di nuove idee, di attività e azioni concrete da proporre e da svolgere nelle nostre comunità parrocchiali”.
La seconda giornata del Convegno è stata dedicata ai lavori di gruppo. Una delegata parrocchiale ha partecipato a quello su “Educare e ambiente”, nel quale si è relazionato su crescita, benessere, profitto. Dalla discussione è emerso che è necessario educare ogni persona a gestire i propri comportamenti in rapporto all’ambiente col fine di vivere senza alterare gli equilibri naturali, mirando al soddisfacimento delle esigenze presenti e non compromettere la possibilità delle future generazioni. A proposito della portata educativa del tema una delle delegate parrocchiali ha annotato: “Bisogna formare giovani consapevoli, responsabili e attivamente protagonisti delle sfide ambientali, informati sul cambiamento climatico, sulle varie forme di inquinamento, sull’utilizzo di risorse rinnovabili, sulle caratteristiche fisiche dei territori in cui vivono i giovani. Nel corso dei lavori del gruppo, forse per il poco tempo a disposizione, da un confronto delle parrocchie è risultato che dobbiamo impegnarci di più in questo campo”.
Particolarmente intenso è risultato il dibattito nel gruppo “Educare in famiglia”. Nel riportare le esperienze delle parrocchie di provenienza è emersa la convergenza nel descrivere la crisi della famiglia, che ha perso gran parte del suo ruolo. E’ poco presente nell’esperienza di chiesa e i bambini dopo la Prima Comunione in genere frequentano poco. Molta perplessità ha suscitato l’intervento di un sacerdote che ha denunciato il disinteresse della scuola in Italia nell’educare i giovani alla fede. Questi ha sostenuto che gli insegnanti non trasmettono le regole enunciate nei comandamenti che, a suo avviso, dovrebbero essere dettate in maniera “ferrea”. Con molto garbo una docente, rappresentante della parrocchia nel gruppo, ha commentato: “Mi è sembrato che il suo pensiero fosse troppo proiettato nelle scritture del Vecchio Testamento a discapito degli insegnamenti che Gesù ci ha lasciato attraverso la testimonianza degli apostoli. Mi è venuto da pensare che, spesso, proprio là dove la legge di Dio viene impartita scolasticamente esistono guerre e guerriglie che compromettono la pace nel mondo”. Ha continuato sintetizzando la sua idea di educazione: “Umilmente penso che le regole che segnano l’educazione dei giovani vanno date facendo sperimentare, fin dalla nascita, l’amore e la bellezza della condivisione innanzitutto in famiglia e poi nelle altre agenzie educative che ruotano loro intorno: parrocchia, scuola, enti locali, associazioni, ecc. Ecco perché siamo chiamati a fare opera pastorale con le famiglie perché corresponsabili della loro crescita della fede. Sono necessarie attività capaci di attrarre gli adolescenti e farli sentire protagonisti”. A questo proposito ha richiamato il discorso ai genitori sull’educazione dei figli di Papa Francesco tutto incentrato sull’invito a far sentir loro il calore della “casa” per essere felici in un modo nuovo.
La terza e conclusiva giornata è stata dedicata all’ascolto delle riflessioni dei gruppi sulle sfide educative. Sono venute fuori proposte operative, iniziative che devono coinvolgere e accompagnare i giovani, ai quali occorre dedicare tempo e attenzione, senza paura, con fiducia e tanto amore, consapevoli che per educare si deve donare qualcosa di se stessi. Una comunità che ama con passione contagia, una comunità convinta di quello che dice e che fa è una comunità ascoltata e seguita. In tutti i gruppi di lavoro è emersa l’incapacità della famiglia, in primis, e dell’adulto in genere ad accompagnare attivamente i giovani in un percorso per scoprire la bellezza di una vita cristiana coerente e la necessità di fare rete per non sentirsi soli.
Il commento finale, che accomuna tutte le rappresentanti della parrocchia, può essere riassunto con quanto ha scritto una di loro: “posso dire che le mie attese erano quelle di arricchirmi di più sul piano pratico ma ho ricevuto, comunque, nuova linfa per continuare a impegnarmi a collaborare nella mia comunità in un processo di crescita umana e religiosa dei nostri giovani”.
La condivisione dell’analisi e il proposito di un rinnovato impegno dovrebbe indurre la chiesa locale a convocare una sorta di stati generali per dare direttamente voce ai giovani, per la verità non molti tra i quasi trecento partecipanti al convegno diocesano.