Il protagonista assoluto è stato, ancora una volta, Pasquale Cammarano, notaio in Albanella, insieme ai soliti “noti” della compagnia che, ancora una volta, non hanno saputo rinunciale ad una serata speciale che quasi ininterrottamente si ripete.
Come di consueto, il saluto di benvenuto letto da Cammarano (Presidente, ospite e fondatore della “confraternita” di buon gustai) non ha tralasciato di raccontare ai neofiti e ricordare agli storici amici e cofondatori motivi che lo indussero a dare vita al sodalizio. Non mancano cenni alla vita personale e professionale e le chiamate in causa di amici di lunga data, come sono tanti i riferimenti al Cilento.
Ecco di seguito l’intervento di Pasquale Cammarano
Cari amici buonasera e bentornati qui a Matinella, puntuali come sempre, come ogni anno, la vigilia dell’Immacolata, la sera del 7 dicembre, per la tradizionale cena degli amici del porco nero cilentano, del quale è sponsor ufficiale ed indiscusso il nostro socio, l’Avv. Giovanni Lentini, Rosario per gli amici; facciamogli un applauso. Un affettuoso benvenuto anche alle varie new entry di questa sera, che saluterò nel prosieguo.
Amici è festa grande stasera: “IL TRENTENNALE DELLA CENA”
Sono passati 30 anni da quel 7 dicembre 1990, la sera in cui ci incontrammo per la prima volta nella cucina aziendale di Matinella, ed in questo lungo periodo, tranne l’interruzione di due annualità per eventi imprevedibili ed ineluttabili, io l’ho sempre organizzata puntualmente questa cena del porco nero, del quale, per la verità, ignoravo l’esistenza fino a dieci giorni prima di quel 7 dicembre.
Eravamo riuniti a Vallo della Lucania, nel ristorante da Mimì per una conviviale rotariana; quella sera stranamente, e forse capitò solo al nostro tavolo, come seconda pietanza ci venne servita una bistecca di vitello non indenne da critiche; e si commentava sommessamente l’episodio, anche per non turbare l’atmosfera della serata e qui l’affermazione di Rosario con voce contrariata: ‘Non so perché Mario (il figlio di Mimì, il trattore che già all’epoca stava su una sedia a rotelle) si ostina a non fornirci l’ottima carne del nostro porco nero cilentano.’.
Questa sua dichiarazione mi sorprese moltissimo, perché io reputavo e tuttora reputo Rosario un cilentano doc e poi perché io ignoravo l’esistenza di questo animale pur ritenendomi un buon cilentano, il doc lo lascio a lui.
Il mio Cilento
Mia madre era cilentana, apparteneva alla famiglia del notaio Borrelli di Rutino, legata da vincoli di parentela e di amicizia con tante note famiglia del Cilento: i Verrone di Rocca Cilento; i Ventimiglia di Vatolla; i Morra di Capizzo e zio Giovanni Morra è stato notaio a Vallo sino agli anni ’70; grande sportivo, fu presidente della locale squadra di calcio, la Gelbison; alla sua morte gli venne intitolato lo stadio cittadino; la famiglia dei germani Ferrara di Santa Barbara di Ceraso: Minicuccio, noto avvocato e cacciatore, non riuscì però a trasmettermi la sua grande capacità venatoria; io, modesto cacciatore, e solo all’epoca, di quaglie ed allodole; il professore Aniello, primario ai Gemelli, notissimo a Roma per la sua importante schiera di pazienti tra cui due Papi, definito da mia moglie Fiorella “il nostro nume tutelare” a cui ricorrevamo sempre e non solo per un caso importantissimo della mia famiglia che lui risolse positivamente; e poi il dottore Beniamino, mio indimenticabile amico dei tempi andati, professore e Direttore del Dipartimento di zootecnia della facoltà di Medicina Veterinaria dell’università Federico II di Napoli; personaggio pilota negli studi sull’allevamento bufalino e tutti noi conosciamo l’importanza della bufala nell’economia della nostra regione; la famiglia Passarelli di Vallo, col dottore Raffaele e col figlio dr. Gaetanino, mio fraterno amico; i fratelli Severini di Aquavella: l’avv. Tonino ed il dott. Mimì, suo figlio Paolo, magistrato a Salerno è nostro gradito ospito abituale.
Ed in ognuna di queste famiglie c’era poi l’abitudine di riunirci per un pranzo almeno una volta all’anno per un anniversario, una festa patronale, ma qualsiasi occasione era buona…!!
E vi lascio immaginare la dovizia e la bontà delle portate; e però non ricordo mai la presenza fra quelle pietanze della carne del porco nero cilentano.
Ed ancora un’altra mia esperienza mi lasciò molto perplesso all’affermazione di Rosario.
Fino al conseguimento della Laurea, di solito, dopo la stagione balneare tra Paestum ed Agropoli, salivo dai nonni a Rutino per un po’ di giorni e poi anche saltuariamente; e lì si era creata per me una bella comitiva di amici di tutti i paesi dell’alto Cilento e con epicentro a Torchiara, a un tiro di scoppio da Rutino.
Molti bei ricordi di quel mondo giovanile, ma soprattutto tante preziose amicizie che si sono poi conservate nella vita.
E così, dopo l’esperienza notarile di Locri in Calabria ed a Lagonegro in Basilicata, nell’anno 1969 chiesi ed ottenni la sede di Torchiara, resasi libera per il trasferimento del precedente titolare, felice di tornare da professionista in un territorio ed in ambiente per me familiari.
Ed in questa mia decisione, disattendendo un amico del concorso che mi consigliava di raggiungerlo a Milano, influì anche la mia accettazione, con grande entusiasmo, della perimetrazione che del Cilento aveva fatto il dott. Pietro Ebner, medico pediatra, storico e archeologo insigne (famosa la sua storia del Cilento nonché i suoi studi sulle monete antiche di Velia); malgrado la differenza di età si creò tra noi una profonda amicizia dovuta alle nostre passate esperienze alla Badia di Cava: io in collegio per conseguire la maturità classica (1944-1952) e lui, in un periodo successivo, per l’abituale frequentazione dell’Archivio storico per attingere notizie, fatti, dati, episodi per la storia che stava scrivendo.
Entrambi, poi, non avevamo perduto i nostri contatti con la Badia e contavamo, quindi, la conoscenza di abati, di monaci, e successivi eventi, ed io più di lui, il che gli generava una grande simpatia nei miei confronti; mi chiamava familiarmente Pasqualino ed io a mia volta “don Pietro”; il dottore mi sembrava riduttivo per un personaggio così poliedrico, mentre il “don” era affettuoso e rispettoso a un tempo.
A mio avviso è forse stato del Cilento il personaggio più importante del secolo scorso. Morì nel 1988 ed io, sotto la mia presidenza del Rotary Club Vallo Lucania – Cilento, del quale club era stato anche socio onorario, nel giugno 1993 feci affiggere una lapide di marmo sulle mura della sua casa avita a Ceraso, a perenne memoria.
Vi accennavo prima alla sua perimetrazione del Cilento che delimitava a sud col territorio del comune di Sapri, ad est col Vallo di Diano, ad ovest col Mar Tirreno ed a nord col Fiume Sele, che passa a 3 km da qui, a Ponte Barizzo e lì è stata anche eretta una stele che ricorda al viandante che quella zona è considerata la Porta del Cilento.
La perimetrazione di don Pietro aveva il pregio, a differenza di tante altre molto più restrittive, di includere nel Cilento il mio paese natio Albanella, Matinella che ci sta ospitando, la piana di Paestum con i suoi tesori, i templi famosi in tutto il mondo.
E in questa mia azienda, nella mia prima adolescenza, prima di andare in collegio, un ricordo, ancora nitido e ricorrente: mio padre che a marzo a comperava dal fornitore abituale 4 maialini toscani, uno per noi e gli altri per le tre famiglie coloniche che abitavano nell’azienda e ricordo che erano belli vispi, puliti, di colore rosato che poi conservavano nel tempo; lunghi dal mio immaginario il porco nero cilentano…!!
E poi ancora mai visto questo animale nelle sporadiche visite nelle aziende dei miei amici cilentani.
Sulla scorta di queste mie esperienze, confutai, ma con molto garbo, ridimensionandola, l’affermazione di Rosario; comunque sorse una querelle tra i pro e i contro, ma subito si arrivò all’unanime decisione dei commensali: Rosario avrebbe fornito la carne del porco nero ed io l’avrei fatta cucinare a Matinella. Si stabilì che ci saremmo visti tutti il successivo 7 dicembre.
E forse nella querelle avevamo entrambi, per le nostre rispettive esperienze, un po’ di ragione: Rosario per la sua frequentazione abituale del Sud Cilento: Vallo-Sapri ed io del Cilento Nord: Vallo-Fiume Sele.
La cena del porco nero
Ci vedemmo puntualissimi la sera del 7 dicembre a Matinella, noi dieci commensali di quel tavolo tondo; la mitica Maria, la cuoca, che poi sarebbe stata la nostra fedele collaboratrice per quasi 25 anni.
Si stabilì subito nella comitiva un’atmosfera scoppiettante, ricca di sfottò, di lazzi, di frizzi, di battute; un’atmosfera da “amici miei” per intenderci; mancava solo Tognazzi ed il quadro sarebbe stato completo.
Il giudizio sulla cena: ottimi fusilli fatti venire da Felitto, conditi con il ragù del porco nero; ottime le braciole e così pure lo spezzatino dello stesso animale, con contorni vari. Zio Alfonso Morra portò il vino: ‘Il mio Rosatello della vigna di Magliano Vetere; ne ho portato una damigianella di 15 litri’. Una battuta da dietro ‘speriamo che basti’ lo mandò in crisi, io lo quietai subito ‘è stata solo una battuta e poi c’è il mio vino, non ti preoccupare.’.
E si andò avanti fino alle 2 di notte.
Sulla scorta dell’entusiasmo, stabilimmo che ci saremmo rivisti anche l’anno dopo e quelli ancora a venire; ma data l’esiguità della cucina dovevamo tenere segreta l’iniziativa; ma il terzo anno eravamo già in quindici!
Io per intanto stavo già ristrutturando un deposito che trovasi di fronte la Cappella e, negli anni successivi, di un altro locale ad esso attiguo; con gli spazi più ampi i commensali andarono man mano aumentando negli anni, e così da quindici a trenta, a sessanta e poi dopo il 2000 settanta/ottanta, costanti: parenti, amici, rotariani di Vallo e della provincia; cavalieri rotariani e non, miei abituali compagni nelle escursioni a cavallo durante i weekend e nelle settimane estive e poi, ancora, gli amici della Compagnia dei Cavalieri Rotariani Italiani, della quale io fui anche presidente nel triennio 2006-2009; con essi abbiamo visitato gran parte dell’Italia dal 2003 ad oggi e per me, a cavallo, fino al 2014.
E stasera celebriamo il trentennale di questa tradizione, Carolina ci ha messo a disposizione la sua location “Tana di Volpe”, con l’affetto e l’entusiasmo di sempre e parimenti hanno collaborato con me, con grande entusiasmo, i germani Antonio e Giovanni Guarracino, titolari del catering che ha la gestione esclusiva di questa location, mettendomi a disposizione tutte le loro attrezzature.
Equesta sera, poi, viene arricchita dalla presenza (e mi si dice che siamo circa centro trenta) di tante new entry, a cominciare dalle nostre care socie del Rotary di Vallo alle quali va il mio caloroso benvenuto, certo che mi scuseranno del ritardo nell’invito, conoscendone la causa.
Un affettuoso benvenuto anche alle amiche ed amici di Carolina ed anche miei, ma forse più dei loro genitori ed in alcuni casi dei loro nonni; a quelli di mio nipote Guido, che hanno dato una gioiosa ventata di giovinezza nell’ambiente; ai preziosi collaboratori delle due locali realtà “Tana di Volpe” e “Soc. Agricola Fravita srl” rispettivamente di proprietà delle mie figlie Carolina e Cristina; ai graditi ospiti di Antonio e Giovanni Guarracino titolari del catering ed infine al caro amico Avv. Attilio Tajani che vedo raramente, dopo la mia andata in pensione; ma allorché ci incontriamo è sempre una festa ed una gioia per entrambi; è proprio vero l’assunto di Cicerone, duemila e passi anni fa, nel suo De Amicitia, la frequentazione non è una componente essenziale in un’amicizia antica, vera, profonda e sincera.
Conclusioni
E avviandomi alla conclusione, cari amici debbo confessarvi che io, ormai ottantacinquenne, sarò sempre grato a questo proco nero cilentano che prima non conoscevo; egli costituì il pretesto, in ultima analisi, la causa iniziale e determinante di quell’evento che poi è diventato una bella tradizione.
Epperò, di converso, come dire, resto sempre più legato alla data del 7 dicembre; essa è ormai una fissa nella mia agenda, nel mio calendario personale, perché è la data in cui io ogni anno organizzo la cena.
E questa cena diventa sempre più importante per me, andando avanti negli anni, col percorso che si fa sempre più lungo, in questa mia quarta età, peraltro così prodiga di anni che mi lascia ancora da vivere.
Essa rappresenta per me un ottimo antidoto contro:
- Il naturale e spesso inconscio isolarsi, estraniarsi dal mondo esterno in cui viviamo;
- il graduale e spesso inevitabile rarefarsi delle nostre, pur importanti, frequentazioni amicali;
- la naturale propensione a rifugiarsi in se stessi ed a vivere solo di ricordi che in continuazione ti invadono la mente e ti riempiono di tanti piacevoli momenti del passato, ma anche di tanti rimpianti e di tanti rammarichi, anche; ma è proprio della complessità della vita …
Per tutto ciò questa cena costituisce per me una formidabile iniezione di vitalità ed ottimismo.
Vi ringrazio quindi per essere venuti, perché con la vostra partecipazione contribuite al perpetuarsi di questa tradizione che mi auguro possa ancora ripetersi in futuro, con l’aiuto di Dio.
Grazie per avermi ascoltato, vi auguro buon proseguimento di serata con un’ottima cena.